Un investimento di 80000 potrebbe essere effettuato sul mercato azionario, trattandosi di una cifra considerevole, per quanto ritenuta relativamente piccola sui mercati finanziari. Le azioni sono titoli di partecipazione al capitale di rischio di una società, i quali non garantiscono, quindi, alcun rendimento, tranne nei casi delle azioni di risparmio, che indipendentemente dalla produzione di utili corrispondono all’azionista una percentuale minima prefissata di dividendi.
Il rendimento derivante dalla compravendita delle azioni consiste in due elementi, il guadagno in conto capitale e il dividendo. Il pimo si ha dalla differenza tra il prezzo di rivendita e quello di acquisto del titolo, compro a 1,50 euro e rivendo a 2,00. La differenza è il profitto dell’operazione su cui grava il pagamento della tassazione delle rendite finanziarie, pari al 26%.
Il dividendo, invece, si ha nei casi in cui la società produce utili e decide di distribuirli almeno in parte. A volte la detenzione del titolo si ha per così breve tempo che non si riesce a percepire il dividendo, il quale rappresenta, in genere, solo una piccola percentuale dei guadagni realizzati dall’azionista.
Onde evitare di acquistare singole azioni di un’unica società o di società differenti, ma col rischio di scegliere malamente e di perdere occasioni redditizie, ci sovvengono in aiuto i fondi azionari, che convogliano i nostri investimenti in una massa enorme di titoli, minimizzando il rischio, polverizzando la liquidità tra tantissimi emittenti diversi e di differenti mercati. Tra i fondi, troviamo i cosiddetti Etf, che hanno la caratteristica di replicare il rendimento di un indice, non proponendosi di batterlo.
Un’altra forma di investimento dei suddetti 80000 euro potrebbe essere in obbligazioni o bond, cioè titoli di credito, che non fanno partecipare il possessore al rischio d’impresa, come per le azioni. Le obbligazioni rendono anch’esse sotto due profili, dalla differenza tra il prezzo di rimborso alla scadenza o di rivendita prima della scadenza e quello di acquisto; la cedola.
In sostanza, il titolo obbligazionario viene emesso a un certo prezzo. Se è sopra la pari, ovvero superiore al prezzo di rimborso alla scadenza (pari a 100), il rendimento reale della cedola viene così abbassato. Diversamente, se è emesso sotto la pari, perché il rendimento della cedola viene innalzato. Esempio: compro un bond a 5 anni a 95, cedola 5%. Il rendimento è dato dal tasso annuo offerto più la differenza tra il prezzo di rimborso (100) e quello di acquisto (95), fratto il numero degli anni (5). In sostanza, il rendimento è pari a circa il 6% annuo.
Del tutto simili alle obbligazioni private, emesse dalle società e dalle banche, sono i titoli di stato, che hanno la peculiarità di essere considerati bond sicuri, tanto che i loro rendimenti sono generalmente più bassi di quelli offerti dalle obbligazioni private.
Si pensi che oggi come oggi, un titolo a 10 anni rende appena l’1,3-1,4%, un quinquennale non oltre lo 0,5% e per arrivare quasi al 2% dovremmo acquistare un BTp con scadenza trentennale. Considerando la tassazione, le commissioni bancarie e l’inflazione, il rendimento netto reale derivante dall’acquisto di titoli di stato oggi non è per nulla conveniente, se non come alternativa al materasso.
Esistono, pertanto, soluzioni differenti dai bond, più allettanti in termini di rendimento, sebbene più rischiose.
Una di queste potrebbe consistere nei futures. Trattasi di contratti con cui una parte s’impegna ad acquistare un bene sottostante (petrolio, oro, riso, etc.) a un dato prezzo e a una certa data. Chi compra, spera che il prezzo del bene entro la scadenza sia più alto sul mercato, mentre chi vende spera il contrario, ovvero che il prezzo di mercato si abbassi, avendo così fatto un affare.
Se alla scadenza, l’acquirente avrà avuto ragione, potrà pagare il venditore e rivendere immediatamente il bene sottostante a un prezzo più alto, realizzando così la differenza. Nella quasi totalità dei casi, però, l’acquirente non aspetta mai la scadenza del future, per cui non ritirerà effettivamente i barili di petrolio o i lingotti d’oro, etc., ma rivenderà il titolo anche un istante prima che scada.
Simili ai futures sono le options, che hanno l’unica sostanziale differenza di assegnare al detentore il diritto e non l’obbligo di acquistare o di vendere alla scadenza pattuito.
Per quanti siano poco avvezzi alla finanza potrebbe risultare più interessante l’investimento in cosiddetti “hard assets”, come potrebbe essere l’oro. I lingotti possono acquistarsi anche semplicemente recandosi presso un’oreficeria. Stando al cambio euro-dollaro (il prezzo dell’oro si determina in dollari) e alle quotazioni attuali, con 80.000 euro si comprerebbero circa 70 once di oro, pari a quasi 2 kg.
La caratteristica del metallo è di conservare e, anzi, accrescere il suo valore nel tempo, essendo un bene apprezzato in ogni luogo e in ogni era. Chi avesse acquistato oro nel 2000 e lo avesse rivenduto, per ipotesi, nel 2011, avrebbe potuto realizzare anche un guadagno del 500%.