Le obbligazioni o bond sono titoli di credito, ossia rappresentano un prestito che il risparmiatore concede all’emittente, sia esso un privato o un ente pubblico.
Rispetto a un investimento azionario, quello obbligazionario è meno rischioso, perché il risparmiatore ha ugualmente diritto al rimborso del capitale, nel caso di default dell’emittente. Tuttavia, per ciò stesso non significa che le obbligazioni siano prive di rischi: se la società fallisce e non ha risorse sufficienti, come potremo avere mai l’intero capitale teoricamente vantato a credito. Troviamo poi prodotti più rischiosi come le obbligazioni subordinate. Per giunta, negli ultimi anni abbiamo imparato a comprendere che tali rischi esistono persino per gli stati sovrani.
Come si fa, allora, a investire in strumenti sicuri o, quanto meno, molto affidabili? Un primo livello di discriminazione è dato dal rating assegnato dalle agenzie ai bond emessi da società private, banche e governi. Un bond si dice “investment grade”, se ha un rating superiore a “BBB-“ per la classificazione data da Standard & Poor’s, o a “Baa3” per Moody’s. Quelle con rating inferiori, sono cosiddetti “high yield”, ossia ad alto rendimento.
In sostanza, i primi, essendo più sicuri, rendono di meno, mentre i secondi di più, ma sono più rischiosi. Il rendimento di un’obbligazione, infatti, è inversamente proporzionale al grado di rischio della stessa. Il rendimento è dato da due elementi: cedola su base annua e differenza tra prezzo di rimborso e prezzo di acquisto del bond, diviso per il numero di anni.
Facciamo un esempio: la società “Moda S.p.A.”, rating BBB, lancia un’emissione di un bond a 7 anni con cedola semestrale del 3,5%. Il bond viene collocato sul mercato a un prezzo di 93 e dopo 7 anni esatti sarà rimborsato alla pari, ossia a 100. Il rendimento annuo del bond sarà pari a: 3,5% x 2 (2 cedole annue al 3,5%) + (100 – 93)/7 = 8%.
Può capitare anche che un bond venga emesso sopra la pari, ossia prezzato sopra 100, per cui al tasso cedolare bisognerà, in quel caso, sottrarre la differenza tra prezzo di acquisto del titolo e quello di rimborso, fratto il numero degli anni.
Attenzione: un’obbligazione può essere acquistata al momento della sua emissione sul mercato, oppure in un qualsiasi secondo momento, compreso tra la data dell’emissione e la scadenza. Ciò, in virtù della negoziazione sul mercato “secondario”, dove avviene quotidianamente la compravendita dei titoli di seconda mano. Il ragionamento appena sopra esposto rimane del tutto valido.
Da quanto appena detto, ne consegue che il prezzo di un bond è inversamente proporzionale al rendimento dello stesso. Più esso sale, minore sarà il rendimento effettivo. Viceversa, più scende, maggiore sarà il rendimento effettivo.
Nella pratica, per acquistare un’obbligazione, bisogna passare generalmente per la mediazione di un istituto di credito o di un agente, che effettuerà l’operazione su nostro ordine, dietro il pagamento di una commissione, legata sostanzialmente all’importo acquistato. Questo costo deve esseree tenuto in considerazione, quando facciamo un qualsivoglia investimento. Va detto, però, che negli ultimi anni si è affacciato sul mercato un bond retail, il BTp Italia, pensato proprio per il piccolo risparmiatore, emesso dal governo italiano e che può essere acquistato direttamente, senza alcuna mediazione, purché si abbia un conto corrente abilitato al trading online. Nel caso ci si affidasse alla mediazione bancaria, non è prevista alcuna commissione, se l’acquisto avviene in fase di collocamento.
Altro dato importante riguarda il taglio minimo acquistabile. Chi emette un bond, prevede anche il quantitativo minimo acquistabile. Ad esempio, la società Moda S.p.A. potrebbe decidere che si può acquistare un lotto minimo di 1.000 obbligazioni dal valore nominale cadauno di 100 euro e multipli di 1.000. Ne consegue che chi volesse comprare tale bond, dovrebbe spendere sui 100.000 euro o giù di lì o multipli di tale cifra. Poiché non sempre si tratta di importi alla portata di tutti i risparmiatori, si può ricorrere ugualmente all’investimento obbligazionario, ma non direttamente, bensì attraverso i fondi comuni e gli Etf. Questi investono una quota del loro capitale raccolto tra il pubblico in obbligazioni. La percentuale di bond nel portafoglio di un fondo comune o di un Etf varia a seconda del tipo. Ad esempio, un fondo obbligazionario si distingue per la prevalenza di investimenti in bond, mentre un fondo azionario vede solo una quota minoritaria di obbligazioni nel proprio portafoglio.
Grazie a questi istituti, si ha la possibilità di investire indirettamente in qualsivoglia obbligazione, anche se non si può decidere quale bond comprare e quale no, in quanto sarà il fondo o l’Etf ad acquistare una massa di obbligazioni, secondo il prinicipio di diversificazione e anche in base al grado di rischio dell’investimento stesso.
Nel caso di acquisto diretto, sia in fase di collocamento che sul mercato secondario, un elemento rozzo, ma spesso efficace per comprendere se un’obbligazione sia sopravvalutata o meno, consiste nel raffrontare i prezzi attuali alla media storica del titolo negli ultimi X anni, dove X deve essere un numero congruo di anni.
Se il prezzo del bond è attualmente superiore alla sua media storica degli ultimi 30 anni, ad esempio, ciò potrebbe indicarci che esso sia destinato a scendere, quindi, che il rendimento salirà.
Per citare un caso emblematico: un Treasuries a 10 anni, ossia un titolo di stato USA, ha reso mediamente nel 2014 il 3,04%, ma nei 30 anni precedenti il suo rendimento medio è stato del 6,09%. Da ciò consegue che con molta probabilità, il prezzo dei Treasuries scenderà e che il loro rendimento salirà.