Gli Etf stanno per Exchange Traded Fund. In sostanza, essi sono fondi comuni di investimento negoziati in borsa, al pari di qualsiasi altra azione e presentano notevoli vantaggi, rispetto a un simile fondo di investimento. La caratteristica essenziale degli Etf consiste nel fatto che essi consentano al risparmiatori di accedere a una vasta gamma di mercati e di attività, relativamente con poche risorse. Infatti, il risparmiatore acquisterà un’azione o quota dell’Etf e tramite di essa avrà la possibilità di costruirsi un capitale nel tempo con pochi mezzi impiegati.
L’Eft si limita a replicare un determinato indice, non si pone come obiettivo di batterlo. Questo consente ad esso il vantaggio di distribuire meglio il rischio, visto che non investirà le risorse in singole azioni, ma su un paniere complessivo di titoli. Inoltre, essi arrivano laddove il singolo investitore non potrebbe arrivare o avrebbe molte difficoltà a farlo, vale a dire sui mercati più illiquidi, quelli in cui sono presenti società a piccola capitalizzazione.
Un’altra caratteristica principale degli Etf è l’alto grado di liquidità dei suoi titoli, che si comprano e vendono facilmente in borsa, come qualunque altro tipo di azione, nei comuni orari di apertura delle borse in cui sono quotati.
I titoli Etf si possono acquistare in banca o tramite una SIM (Società di Intermediazione Mobiliare), o ancora tramite l’online banking o i call center. Ovviamente, se si sceglie l’Etf di una grande casa di investimento, esso sarà più liquido di un concorrente appartenente a una casa di minori dimensioni.
Quanto ai costi, essi battono tutti i fondi comuni di investimento e sono non superiori a quelli previsti per l’acquisto di singole azioni. Non sono previste, ad esempio, commissioni di entrata, di uscita e di performance, cosa che accade con i fondi comuni, mentre sono presenti le sole commissioni di negoziazione. Insieme ai costi di gestione, sono chiaramente indicati nel prospetto informativo, per cui gli Etf garantiscono anche un alto livello di trasparenza e non vi sono sorprese sul fronte delle spese da sostenere.
La strategia “passiva” degli Etf abbatte il costo delle commissioni di gestione, che viene pagato in proporzione al periodo di detenzione dell’Etf e viene trattenuto ogni giorno dal gestore, per la quota di competenza. Rispetto al range medio di un fondo comune, pari all’1,5-2,5%, l’onere qui scende a non più dello 0,15-0,60%.
Quindi, gli Etf assicurano bassi costi e un alto grado di liquidità dei loro titoli. Da qui ne deriva che siano abbastanza soddisfacenti sia per il risparmiatore che punta a un investimento speculativo di brevissimo termine, sia per colui che, al contrario, punta a crearsi un capitale nel tempo.
Come lavorano gli Etf? Come detto, essi cercano di replicare (non di battere) un determinato indice. Ciò consente loro di evitare le lunghe e costose analisi sui singoli titoli, visto che l’investimento riguarda una gamma molto diversificata di azioni. Inoltre, essi funzionano secondo uno schema a rotazione. In sostanza, le borse sono costituite da diversi indici, ognuno dei quali rappresenta una categoria di titoli diversi per alcuni aspetti. Ad esempio, per area geografica o per settore di appartenenza, alcuni indici potrebbero risentire più immediatamente e direttamente di una variazione dei tassi. Ciò da la possibilità agli Etf di sfruttare il prevedibile miglioramento di un indice, relativamente a un altro, con la conseguenza che questi punteranno di volta in volta su quello che appare in maggiore crescita, disinvestendo nel momento in cui si ritiene chelo stesso indice abbia raggiunto il suo picco massimo, puntando successivamente a un altro indice.
Passiamo adesso ad esaminare un aspetto importante degli investimenti in Etf: la tassazione. La domanda principale è al riguardo la seguente, quali imposte si devono pagare.
Diciamo subito che i proventi derivanti dalla differenza di prezzo tra la vendita e l’acquisto dei titoli da parte del fondo sono sottoposti all’imposta sulle rendite finanziarie, che a partire dall’1 luglio del 2014 prevede un’aliquota del 26%. Essa era al 20% dall’1 gennaio 2012 al 30 giugno 2014 e prima ancora era stata prevista nell’ordine del 12,50%.
Dall’aprile del 2014, in seguito al recepimento della Direttiva europea 2011/61, il trattamento fiscale degli Etf ha subito qualche cambiamento: i proventi derivanti da questi fondi sono considerati “redditi da capitale”, mentre le perdite come redditi diversi. Ne consegue che plusvalenze e minusvalenze non possano essere compensate.
Per i soggetti sottoposti al pagamento dell’Ires e dell’Irap, l’imposta vale a titolo di acconto, rispetto alle imposte da pagare sul reddito soggetto a tassazione. Per i soggetti privati, fossero anche dettaglianti esclusi dal pagamento dell’Ires, l’aliquota del 20% o del 26% sarà applicata a titolo definitivo.
Attenzione, la legislazione ha lasciato intatta l’aliquota del 12,50% sui proventi derivanti dalla compravendita di titoli di stato. Ne consegue che anche i proventi realizzati dagli Etf, attraverso un investimento in bond governativi, saranno tassati al 12,50%.
Infine, la Tobin Tax o tassa sulle transazioni finanziarie, riguarda anche gli Etf, se i titoli oggetto di negoziazione sono azioni o altri strumenti finanziari partecipativi emessi da soggetti residenti in Italia. L’imposta è pari allo 0,2% del valore di ciascuna transazione, che scende allo 0,1% per quelle effettuate sui mercati regolamentati e applicata fino a un massimo di 200 euro. Lo stesso dicasi per i derivati con sottostanti azioni e strumenti finanziari partecipativi, che prevedono una tassazione fino a un massimo di 200 euro, 40 euro per il mercato regolamentato.