L’investimento comporta sempre un rischio, per cui esisterà sempre la probabilità, per quanto minima e tendente allo zero, di perdere anche solo parte della somma investita in un qualsivoglia strumento finanziario.
Tuttavia, è di ordinaria evidenza che alcune forme di investimento siano più sicure di altre. Quando parliamo di investimenti a capitale garantito, ci riferiamo a quelli che ci assicurano almeno la restituzione integrale della somma sborsata, oltre a un certo rendimento, per quanto basso.
Un esempio di investimento a capitale garantito o sicuro è il libretto postale o il conto deposito in banca. Il titolare si vincola a depositare rispettivamente alla posta o in una banca una determinata somma per un certo lasso di tempo, in cambio di un rendimento garantito crescente, in funzione del tempo del vincolo.
Esempio, deposito 10.000 euro in un conto deposito bancario per 1 anno e al termine del vincolo, la banca mi riconoscerà anche un interesse dell’1%, oltre al valore integrale della somma depositata. Pertanto, dopo 365 giorni avrò a disposizione 10.000 + 100 euro (l’1% di 10.000) = 10.100 euro.
Il capitale è qui garantito, perché quando anche decidessi di ritirare il deposito prima della scadenza del vincolo, l’unica perdita in cui incorrerei sarebbe al limite quella dell’interesse, ma non sarà mai intaccato il capitale investito.
Ovviamente, investimenti sicuri implicano anche bassi rendimenti. Risulta essere chiaro che chi più risica, più rosica. Attenzione, però: nel caso del deposito bancario sopra citato o quello di un libretto postale, per quanto infinitamente piccolo, il rischio di perdere il capitale esiste, in teoria, nei casi di fallimento della banca o di Poste Italiane, anche se in entrambi i casi è prevista una garanzia pubblica per i conti fino a 100.000 euro.
Esistono anche altri tipi di investimento a capitale garantito, sebbene più complessi di quelli sopra accennati, ovvero le obbligazioni. Siano esse emesse da soggetti privati (società o banche) o pubblici (stati, regioni, istituti internazionali), definiti anche “bond”, essi prevedono lo stacco di una cedola periodica (semestrale, annuale, etc.) e il rimborso alla scadenza del 100% del capitale investito.
Esempio, acquisto un’obbligazione Fiat da 10.000 euro con scadenza 2020 e con cedola 4,5%. Ciò significa che ogni anno, dalla data dell’acquisto a quella di scadenza, avrò diritto a un interesse lordo (tasse incluse) di 450 euro (4,5% su 10.000 euro), il quale potrà anche essere suddiviso in pagamenti infrannuali (ad es.: 225 euro ogni 6 mesi).
Nel caso qui esposto, abbiamo presupposto l’acquisto dei titolo alla pari, ossia al 100% del suo valore nominale di rimborso. In realtà, i bond possono essere acquistati spesso sotto la pari o sopra la pari. Nel primo caso, pagheremo per l’obbligazione meno di quello che ci sarà restituito alla scadenza, per cui ciò aumenterà il rendimento dell’investimento, il quale sarà dato dalla somma tra la cedola corrisposta su base annua e la differenza tra il prezzo di rimborso e quello (minore) di acquisto, fratto il numero degli anni che ci separano alla scadenza.
Nel caso, invece, in cui il bond fosse acquistato sopra la pari, stiamo pagando più di quello che ci sarà restituito alla scadenza, per cui quella differenza andrà a detrimento del rendimento effettivo, perché dalla cedola annua dovremmo sottrarre, appunto, il maggiore prezzo pagato, sempre fratto il numero degli anni alla scadenza.
Le obbligazioni, sia quelle pubbliche che private, possono essere acquistate direttamente all’atto della loro emissione oppure sul mercato secondario, ovvero da precedenti acquirenti.
Rispetto al libretto postale o al conto deposito, la differenza sostanziale in termini di sicurezza del capitale garantito sta nel fatto che non esiste una certezza che rivendendo l’obbligazione ad altri prima della scadenza, otterremo una cifra almeno pari a quella spesa per l’acquisto, perché dipenderà dalle condizioni del mercato.
Facciamo un esempio: acquistiamo un bond Apple 2018 al prezzo di 97, cioè al 97% del valore nominale di rimborso del titolo alla scadenza. Poniamo che dopo un certo numero di mesi per esigenze improvvise di liquidità, vogliamo rivendere il bond e che il prezzo offertoci sul mercato sia non più di 97, bensì di 95. Ciò significa che sto vendendo in perdita, accusando una minusvalenza, anche se non necessariamente una perdita, tenendo conto della/e cedola/e eventualmente già incassata/e.
Oltre al rischio di mercato ne esiste anche uno legato all’emittente. Cosa succede se chi ha emesso il titolo fallisce. Anche gli stati hanno dichiarato a volte default (vedi l’Argentina nel 2002), per cui la sicurezza assoluta non esiste nemmeno in questi casi, per quanto nella valutazione del rischio ci vengono in soccorso i rating delle agenzie internazionali e delle banche.
Esistono anche altre forme di investimenti più o meno sicuri, ma che non hanno la caratteristica del capitale garantito come nei casi sopra spiegati. Pertanto, conti deposito, libretti postali e obbligazioni possono essere considerati, forse, gli unici investimenti realmente a capitale garantito, pur con le precisazioni sopra fornite in merito ai bond.