L’abbigliamento in Italia è uno di quei settori che non conosce una vera crisi, anche se negli ultimi anni ha risentito del calo dei consumi. L’apertura di un negozio di abbigliamento rappresenta, quindi, un investimento generalmente redditizio, anche se sono opportune alcune considerazioni preliminari.
Per prima cosa, trattandosi di un’impresa, il titolare deve aprire una partita IVA e iscriversi all’Inps e all’Inail, oltre che al Registro delle Imprese della Camera di Commercio territorialmente competente e darne comunicazione al Comune entro 30 giorni dall’apertura .
Detto ciò, iniziamo con un discorso più legato alle scelte imprenditoriali. Anzitutto, sarebbe opportuno scegliersi una nicchia su cui puntare, abbigliamento sportivo, elegante, casual. La scelta dovrebbe basarsi sull’analisi del mercato, del trend dei vari settori, anche in relazione alla concorrenza sul territorio. per esempio, valutare se esistono già altri negozi di abbigliamento sportivo in zona oppure ci sarebbe più spazio per altre tipologie.
Altro nodo, la dimensione del negozio. Di quanti metri quadrati deve essere. Dipende dalla grandezza dell’esercizio che vorremmo. In genere, anche un minimo di 20 o 25 metri quadrati vanno bene, anche se è chiaro che più il negozio è grande e maggiore sarà la merce che potrà essere venduta in essa ed esposta negli scaffali. A maggior ragione se il negozio non ha un target specifico, ossia vende sia abbigliamento sportivo che elegante, sarebbe preferibile una maggiore dimensione , data la vastità degli articoli in vendita, cosa che necessita di spazio.
Le considerazioni sopra espresse sono legate ai costi che intendiamo sostenere. Più il negozio è grande, maggiori saranno sia i costi iniziali, sia quelli di esercizio, dato che dovremmo sostenere un canone di locazione più elevato. Per non parlare di tasse e bollette, dipendenti spesse volte proprio dai metri quadrati.
Tra i costi iniziali, abbiamo quelli per l’acquisto di un primo quantitativo di merce, per la creazione di una vetrina allettante, per gli scaffali, oltre che per mettere il locale a norma, qualora fosse stato in precedenza adibito ad altri scopi o alla vendita di altre categorie merceologiche. Complessivamente, si potrebbe ipotizzare un investimento iniziale anche non superiore ai 15-20 mila euro, anche se moltissimo dipende da cosa vorremmo mettere su.
In realtà, i piccoli negozi oggi non vado molto di moda, tranne che non siano fortemente specializzati nella vendita di una tipologia specifica di abbigliamento. Per cui, o spendiamo grosse cifre ed apriamo un negozio di dimensioni medie, oppure dovremmo accontentarci di volumi di vendita limitati, anche se non è detto che ci sia una correlazione così immediata tra le due cose.
Passiamo adesso a un discorso più interessante, aprire un negozio di abbigliamento in franchising o no. Esisterebbero diversi pro e contro per l’una o l’altra scelta, ma quella del franchising appare la più indicata. Anzitutto, perché esso garantirebbe al negozio una visibilità altrimenti inesistente, grazie alla notorietà del marchio. Ciò attirerebbe i clienti fidelizzati ad esso, senza nemmeno la necessità di svolgere una campagna pubblicitaria a proprie spese, visto che generalmente è il franchisor ad occuparsi di questi aspetti.
Inoltre, il franchising sostiene il titolare in fase di apertura, spesso occupandosi del disbrigo delle pratiche burocratiche in sua vece e fornendo una preparazione sui prodotti venduti, in modo da garantire il raggiungimento di un target minimo di qualità.
L’assistenza formativa viene fornita anche nel corso dell’esercizio dell’attività, per cui il titolare non verrebbe mai lasciato solo. In più, egli potrà sempre attingere a un catalogo aggiornato della merce, consentendogli di offrire alla clientela un servizio avanzato e senza il dispendio di energie altrimenti richiesto per contattare i fornitori e scegliere tra di loro.
Certo, per contro va detto che al titolare potrebbe essere richiesto un esborso iniziale superiore a quello che sosterrebbe con un’apertura in totale autonomia, così come dovrà pagare al franchisor le royalty e le fee d’ingresso, anche se queste ultime non sono sempre previste. Dovrà anche attenersi al rispetto dello stile nell’arredamento, nell’allestimento delle vetrine e nel posizionamento degli articoli sugli scaffali e delle altre linee-guida fornitegli.
La scelta del marchio al quale affiliarsi dovrà avvenire dopo un’attenta valutazione delle varie offerte e del tipo di negozio che s’intende aprire. Tra le condizioni da esaminare con particolare attenzione c’è l’esclusiva di zona, che assicura al titolare l’assenza di concorrenza di altri negozi sotto lo stesso marchio in un arco spazio-temporale preciso, sia esso comunale, provinciale, in chilometri di distanza e per un periodo di minimo di anni.
Infine, come per qualsiasi altra attività d’impresa, prima dell’apertura di un negozio di abbigliamento sarebbe opportuno verificare che esistano incentivi, anche erogati da istituzioni locali per l’avvio di nuove attività, che potrebbero consistere in finanziamenti agevolati e/o parzialmente a fondo perduto o anche da forme di detassazione. In ogni caso, essi avrebbero l’effetto di ridurre i costi iniziali di investimento o quelli di esercizio.