Chi intende mettersi in proprio, deve aprire la partita IVA. In questo caso, la procedura è distinta, a seconda che si voglia intraprendere un’attività di lavoro autonomo o se si desidera diventare imprenditori individuali.
Per capire se da un punto di vista normativo si rientra nell’una o nel’altra categoria, è sufficiente pensare che viene considerato lavoratore autonomo colui che non ha l’obbligo di iscriversi al Registro delle imprese, ovvero se è iscritto a un qualche albo professionale o a nessun Ordine. Al contrario, se si è obbligati ad iscriversi al Registro delle imprese, si è considerati imprenditori individuali, come nel caso di un commerciante o di un artigiano.
I lavoratori autonomi dovranno aprire la partita IVA, compilando il modulo AA9/11 dell’Agenzia delle Entrate, presentando la dichiarazione di inizio attività, entro 30 giorni dall’avvio di quest’ultima, ossia dalla prima operazione. Il modulo può essere scaricato dal sito dell’Agenzia delle Entrate in formato pdf, dove si troveranno anche le istruzioni per la compilazione. Può essere consegnato di persona a qualsiasi ufficio dell’Agenzia, oppure tramite una delega, o ancora tramite l’invio telematico o per posta, in quest’ultimo caso, allegando anche una fotocopia del documento di identità in corso di validità. Per l’invio potrebbe risultare utile anche l’aiuto del commercialista.
Nel modulo vanno inseriti i dati identificativi, l’attività esercitata, il luogo e il presunto volume d’affari. Quanto all’attività, è richiesta una breve descrizione e la scelta del codice Ateco, proposto tra le scelte indicate dall’Agenzia delle Entrate. Esso è un codice alfanumerico, che contraddistingue le attività economiche. Va scelto in modo appropriato, in relazione al lavoro che si svolge, perché il codice rimane uguale per tutto il tempo di vita dell’attività stessa.
Il modello AA9/11 va aggiornato sempre entro i 30 giorni, nel caso in cui dovessero intervenire alcuni cambiamenti, nel corso dell’attività, come il cambio della sede o l’estensione dell’attività svolta. Lo stesso dicasi per il caso di cessazione.
Un pò più complessa è la procedura per il caso in cui si è obbligati all’iscrizione nel Registro delle imprese. Va effettuata la cosiddetta Comunicazione Unica, da eseguire esclusivamente in via telematica. Essa raggruppa le precedenti comunicazioni che andavano effettuate presso la Camera di Commercio, l’Inps, l’Inail, l’Agenzia delle Entrate, permettendo così di adempiere in una sola comunicazione agli obblighi amministrativi, fiscali, previdenziali e assicurativi. La procedura da seguire è la seguente: bisogna entrare nel sito del Registro delle imprese e scaricare il software ComunicaStarweb. Successivamente bisogna sottoscrivere un contratto con la Camera di Commercio, al fine di ottenere le relative comunicazioni online, oltre a nome e password per accedere al servizio. La pratica deve essere firmata in via digitale, mentre le successive comunicazioni e la ricevuta dell’invio sono rese possibili con l’apertura di una casella Pec. Poiché si tratta di un procedimento abbastanza complesso, potrebbe essere consigliabile il sostegno di un commercialista.
Da un punto di vista pratico, la partita IVA è un codice di 11 numeri, di cui i primi 7 individuano il contribuente, i 3 successivi l’ufficio e l’ultima cifra ha carattere di controllo. Per i soggetti diversi dalle persone fisiche, che al momento dell’inizio dell’attività non avessero il codice fiscale, la partita IVA funge anche da codice fiscale.
Una volta aperta, bisogna decidere se scegliere il regime ordinario o quello dei minimi, a livello fiscale. Il regime dei minimi è previsto per i titolari fino a 35 anni e con un fatturato annuo non superiore ai 30 mila euro. In questo caso, la normativa consente un trattamento di favore, essendo dovuta un’aliquota complessiva del 33%, cui il 5% relativa all’Irpef e il 28% per l’Inps. Superata l’età anagrafica o la soglia massima dei 30 mila euro, l’aliquota minima applicata al fatturato sarà del 23% per l’Irpef, facendo salire la tassazione minima complessiva al 51%. Il regime dei minimi può essere mantenuto fino a un massimo di 5 anni.
Non possono accedere al regime dei minimi coloro che non siano residenti in Italia, che avviano un’attività con il Regime IVA Speciale (settore agricolo, editoria, sali e tabacchi, agriturismo, etc.), chi eroga a terza redditi sotto forma di utili di partecipazione, chi partecipa a società di persone o ad associazioni di liberi professionisti a una srl ristretta che si siano avvalse del regime di trasparenza, chi abbia come attività prevalente la cessione di terreni e fabbricati o mezzi di trasporto vecchi o nuovi.
In più, bisogna considerare che se da un lato l’apertura della partita IVA è gratuita, il suo mantenimento richiede il pagamento di qualche centinaio di euro all’anno e richiede anche alcuni obblighi contabili, come la tenuta delle scritture per il registro IVA e per le imposte dirette, all’emissione di fattura con progressione numerica, alla liquidazione periodica dell’IVA, l’assoggettamento agli studi di settore e ovviamente la dichiarazione annuale IVA.
Tutti i suddetti obblighi, ad eccezione dell’obbligo di fatturazione, sono esclusi per i beneficiari dei regimi dei minimi. L’IVA va liquidata entro il sedicesimo giorno successivo al mese di riferimento delle operazioni soggette.