Con la sempre maggiore espansione e conoscenza delle culture “altre”, grazie anche alla globalizzazione ed agli spostamenti, il nostro modo di vedere il mondo, le tradizioni e le nostre culture si stanno, con il tempo, sempre più modificando ed aprendosi a culture e tradizioni del tutto diverse, sia da un punto di vista prettamente sociale, sociologico ed antropologico, sia sotto un profilo “culinario”: quanti di noi, ad esempio, amano recarsi presso i ristoranti orientali, giapponese o cinese che sia, apprezzando gusti e modi di cucinare del tutto diversi dal nostro?
L’esempio del ristorante è certamente significativo se si pensa che, proprio grazie all’importanza che sta avendo il cambiamento culturale, si potrebbe pensare – e in molti lo hanno già fatto, soprattutto nelle grandi città dove la “globalizzazione” e più sentita e dove è più facile incontrare gente di ogni razza, cultura e religione – ad aprire un negozio etnico: un negozio, in pratica, in cui si presentino – e si vendano – manifatture di gente lontana, proveniente da ogni nazione ed appartenente ad ogni ceto sociale, magari non dedicato solo all’oggettistica ma anche a libri, se non addirittura spezie e particolarità culinarie.
Aprire un negozio etnico può rivelarsi, appunto, un ottimo incentivo al giorno di oggi, anche se solo qualche anno fa sarebbe stata del tutto impensabile un’idea simile: quante sono infatti le persone che al giorno d’oggi, grazie alla passione per i viaggi che le porta a spingersi oltreoceano ed in località turistiche ancora poco conosciute, mostrano un certo interesse per prodotti “etnici”?
Se ci pensiamo, nonostante ancora regni su parecchie persone quel senso di “estraneità” e di “paura del diverso”, sono ancora di più quelle che invece restano completamente attratte da particolari disegni, manifatture di artigianato, ed in generale da tutto ciò che riguarda l’etnico e lo sconosciuto: a partire dal cibo, come abbiamo precedentemente accennato, con la passione sempre più prorompente verso cibi ad esempio giapponesi (un esempio fra tanti è il sushi, che sta diventando quasi un punto di forza nella dieta e nell’alimentazione dei giovani e giovanissimi) ma anche marocchini ed africani (ricorderemo tra tanti il couscous, o le spezie) per finire con tutti quei prodotti manifatturieri in grado di attirare l’attenzione di molti.
Addirittura in molte case italiane, oggi, è possibile incontrare un arredamento del tutto differente da quello tradizionale: tappeti indiani, lampade marocchine di particolare rifinitura e pregio, in qualche caso addirittura mobili, dominano le case dei più appassionati.
Se ci mettessimo dal punto di vista del venditore – tralasciando quello del cliente, di cui vi abbiamo parlato – riusciremmo sicuramente a comprendere quanto la passione per l’etnico possa essere alimentata dai contatti inevitabili con i fornitori, che in questo caso sarebbero appartenenti proprio a quelle popolazioni “diverse” delle quali apprezziamo arte, arredamento, tradizioni e più in generale cultura.
Sotto il profilo amministrativo, comunque, l’idea di aprire un negozio etnico è abbastanza simile a quella di un qualsiasi altro negozio, il percorso burocratico, infatti, è sempre lo stesso.
La prima cosa a cui bisogna pensare è il budget: sia che intendiate acquistare un immobile adibito al commercio, sia che intendiate – almeno per i primi tempi – prendere in affitto il negozio, vi sono sempre delle spese più o meno ingenti di cui tenere conto, e che andranno a coprire sia le spese legali e burocratiche sia il livello pratico dell’attività, come arredamento del locale, promozione e volantini pubblicitari, ecc.
Dal punto di vista della legge, esistono diversi esercizi di vendita, suddivisi in tre categorie:
– Gli esercizi di vicinato, ovvero quelli con superficie di vendita non superiore ai 250 mq, e per i quali è importante rivolgersi al Comune, presentando una comunicazione almeno trenta giorni prima di iniziare l’attività alla Divisione Economia e Sviluppo – Settore Attività Economiche e di Servizio – Comparto Commercio su Aree Private e Attività Artigianali;
– Le medie strutture di vendita, ovvero quelli con una superficie di vendita che va dai 250 mq ai 2.500 mq;
– Le grandi strutture di vendita, che interessa in particolare i negozi la cui superficie di vendita sia superiore ai 2.500 mq.
Dal punto di vista dei requisiti da rispettare per aprire un negozio etnico, essi sono:
– Le regole urbanistiche e di edilizia in vigore;
– Le destinazioni d’uso dei locali utilizzati;
– Le norme igienico-sanitarie;
– I regolamenti annonari e di polizia urbana.
Più in generale, prima di aprire un’attività è sempre bene rivolgersi al Comune di appartenenza – o meglio, al Comune dove si intende avviare l’attività – ai fini di ricevere tutte le informazioni precise e dettagliate.