L’imposta di bollo è una forma di tassazione indiretta, che grava su numerosi atti compiuti nell’ambito di un’attività economica e non. I casi in cui è dovuta tale imposta sono elencati nel DPR 642/72. Si paga l’imposta di bollo, per esempio, sull’emissione di ricevute esenti dall’IVA o di fatture di importo inferiore ai 77,47 euro, compreso il caso dell’esenzione per i contribuenti rientranti nei regimi minimi, così come anche quando si registra un contratto di locazione o sui libri sociali.
Materialmente, il modo più sbrigativo e semplice per assolvere a tale tributo consiste nel recarsi presso un rivenditore di valori bollati, il quale provvederà a apporre la marca da bollo presso il documento cui è dovuta o si limiterà a consegnarla al cliente, il quale provvederà autonomamente o per il tramite di un funzionario di ufficio a farlo.
Tuttavia, per quanto possa essere considerata la forma più diffusa, l’acquisto fisico delle marche da bollo presso un tabaccaio non è da considerarsi il più idoneo per coloro, i quali hanno la presumibile certezza di dovere assolvere a tale pagamento con una certa frequenza. Per questo, possono richiedere l’autorizzazione all’Agenzia delle Entrate a versare l’imposta di bollo con il modello F23.
Il versamento è a titolo preventivo, nel senso che il contribuente, come nel caso di un libero professionista, un lavoratore autonomo o un imprenditore, stima quanti potrebbero essere nel corso dell’esercizio i documenti soggetti all’apposizione della marca da bollo in quale valore. Per esempio, anche sulla base degli anni precedenti, un’impresa potrebbe ragionevolmente ipotizzare di emettere nel periodo d’imposta tot ricevute esenti da IVA o fatture inferiori ai 77,47 euro. Di conseguenza, calcolerà il dovuto verso il Fisco e adempierà all’onere con il modello F23.
Quasi certamente, le previsioni non coincideranno mai esattamente con il monte imposta di bollo effettivo dovuto, per cui alla fine dell’anno si calcoleranno le differenze. Se il contribuente risulterà avere pagato meno di quanto effettivamente deve, verserà la differenza al Fisco. Al contrario, se avrà versato di più, potrà vantare un credito nei confronti di quest’ultimo e magari lo scalerà proprio dal modello F23, nel momento in cui dovrà versare l’imposta di bollo per le operazioni stimate per l’anno successivo.
La marca da bollo da apporre sui documenti soggetti a tale forma impositiva può essere dovuta in misura fissa o proporzionale all’attività sottostante. Un caso di marca da bollo in misura fissa è quella dovuta sui canoni di locazione versati al proprietario dagli inquilini, in relazione a un contratto di tipo turistico. In questa situazione, non è prevista alcuna registrazione, essendo la durata del rapporto di locazione inferiore ai 30 giorni, ma il locatore dovrà versare su ogni contratto al Fisco 2,00 euro, magari facendoseli accreditare proprio dall’inquilino all’atto del pagamento del canone pattuito (meglio con accredito bancario o per assegno).
Infatti, il contribuente ha il diritto di addebitare al cliente l’imposta di bollo dovuta su un determinato atto o documento, trasferendo l’aggravio al secondo.
Un altro esempio, ma stavolta di marca da bollo proporzionale è quello delle cambiali. Si tratta di titoli di credito esecutivi, che assegnano al possessore il diritto di escutere i beni del debitore nel caso di inadempienza. Le cambiali tratte prevedono il pagamento di una marca da bollo da apporre sul titolo nella misura del 12 per mille della somma indicata nello stesso. Le cambiali del tipo pagherò prevedono l’assolvimento di una marca da bollo dell’11 per mille della somma indicata sul titolo.
Dunque, se una cambiale riguarda un credito di 10.000 euro, l’imposta di bollo da versare sarà almeno pari a 110 euro nel caso di un pagherò e di 120 euro di una tratta.
L’assolvimento di tale imposta è così importante, che nel caso sopra citato delle cambiali, il creditore non potrebbe far valere l’esecutività del titolo se il versamento è stato inferiore al minimo richiesto o nullo.
Peraltro, l’omesso versamento dell’imposta di bollo comporta una sanzione pari almeno al 100% del tributo evaso, oltre al pagamento del tasso di interesse legale.
Poiché lo stato richiede il pagamento di una marca da bollo dal valore a volte proporzionale a un’attività sottostante, potrebbe risultare complicato per il contribuente l’acquisto di tante marche da bollo fino al raggiungimento della somma dovuta. Per questo, dal 2005 è previsto che il rivenditore abbia la possibilità di stampare un’unica marca da bollo dal valore esattamente corrispondente a quello desiderato dal cliente, il quale così avrà vita più facile.
Ma quali sono gli importi delle marche da bollo, considerando che di recente sono stati ritoccati al rialzo. Quelli standard sono due, entrambi elevati con il Decreto legge n.43/2013, il quale ha portato la precedente marca da bollo di 1,81 euro a 2,00 euro e quella da 14,62 a 16,00 euro. Nessun aumento ha riguardato, invece, le marche da bollo di misura non fissa, che mantengono le stesse percentuali.