L’emissione dello scontrino è un obbligo previsto dalle leggi in materia di fisco in Italia e in quanto tale è sanzionata una sua eventuale trasgressione. Quante volte ci sarà capitato di comprare qualcosa in un negozio o di fare colazione al bar e quando ci presentiamo alla cassa per pagare non ci viene rilasciato nulla, se non tanti buoni saluti? Ebbene, questo atto è grave da parte dell’esercente, il quale può incorrere non soltanto in una sanzione amministrativa abbastanza salata, ma anche nella chiusura dell’esercizio, ai sensi del D. Lgs. N. 741 del 1997.
Lo stesso accade, altro caso piuttosto frequente, quando l’esercente ci emette uno scontrino di importo inferiore rispetto al pagamento effettivo, al fine di pagare meno tasse. Quante volte ci saremmo sentiti dire frasi del tipo, viene 50 euro, ma glielo posso fare di 30. Anche in questo caso si è soggetti alla sanzione, la quale è uguale al 100% dell’imposta evasa, calcolata come valore del prezzo di cessione del bene o del servizio venduto e, in ogni caso, l’importo non potrà essere inferiore ai 516 euro.
Dunque, se il barista non emette lo scontrino su un cornetto di appena 1 euro, incorrerà in una multa salata di almeno 516 euro.
Tuttavia, visto che certi vizi in Italia sono duri a morire, si è notato che la sola minaccia della multa, anche salata, non è stata un vero deterrente per gli evasori fiscali più accaniti, i quali hanno potuto sinora anche approfittare degli scarsi controlli della Guardia di Finanza, vuoi per la solita inefficienza amministrativa della macchina burocratica del nostro paese, vuoi anche perché non è facile battere 5 milioni di esercizi di vario tipo. In oltre, la legislazione fiscale consente all’esercente di pagare solamente un quarto della sanzione comminata, qualora il versamento sia effettuato entro 60 giorni dalla data di elevazione della multa.
Dunque, molti negozianti hanno preferito rischiare di pagare qualche centinaio di euro, confidando nel fatto che il loro atteggiamento di mancato rispetto delle norme fiscali sull’emissione dello scontrino potesse rivelarsi comunque proficuo.
Per questo, le nuove norme sono diventate parecchio più severe, perché gli evasori più sfacciati incorrono in una sanzione aggiuntiva, che consiste nella chiusura dell’esercizio mediamente per 15 giorni. Questa punizione è molto temuta da chi gestisce un esercizio, perché si traduce certamente in una forte perdita, non potendo erogare per il periodo del divieto i beni e i servizi venduti. Vi immaginate cosa significherebbe per un esercente in Piazza di Spagna a Roma dover chiudere per 15 giorni il proprio negozio in piena estate, magari tra luglio e agosto, quando c’è il pieno di turisti e, quindi, di clienti. Sarebbe una maledizione, che si rischia magari per ostinarsi a non pagare pochi euro di tasse.
Ma quando si rischia una tale sanzione. La legge prevede che un esercizio possa essere chiuso da un minimo di 3 giorni a un massimo di 1 mese, nel caso in cui si fosse “pizzicati” a non emettere più di 4 scontrini nell’arco di 5 anni. Attenzione, non bisogna essere stati colti per più di 4 volte a non emettere lo scontrino in più di 4 verifiche differenti, ma è sufficiente essere stati sorpresi a non avere emesso 4 scontrini, anche durante la medesima verifica. Il che, purtroppo, è un caso piuttosto frequente. S’immagini a un gelataio, che vende centinaia di gelati nell’arco della stessa serata e che non emette 5 scontrini. E si tenga presente che in 5 anni è molto probabile che un negoziante allergico al fisco possa essere sanzionato per almeno 5 scontrini non emessi. E’ anche vero, però, che se non s’impara dopo 1 o 2 volte o non si capisce che bisogna emettere lo scontrino a ogni pagamento incassato e per l’esatto valore della transazione, la si cerca.
Come si può essere scoperti. Il cliente potrebbe chiamare le Fiamme Gialle, qualora non gli venga rilasciato lo scontrino, così come ciascun esercizio è passibile di verifiche con agenti inviati in borghese, per non farsi riconoscere, i quali osservano come apparentemente normali clienti il comportamento dell’esercente. La verifica può avvenire su segnalazione oppure su decisione propria della Guardia di Finanza.
La pena diventa più dura per la mancata emissione di scontrini per un importo non inferiore ai 50.000 euro. Dobbiamo ammettere che bisognerebbe faticare molto per evadere una tale cifra, visto che generalmente gli esercizi che sono tenuti ad emettere lo scontrino vendono beni o servizi di prezzo limitato. In questi casi, però, la sanzione consiste nella chiusura dell’esercizio da un minimo di un mese a un massimo di 6 mesi.
Lo scontrino fiscale deve riportare il nome della società emittente, la sua denominazione o ragione sociale o nome e cognome dell’esercente, oltre all’ubicazione del punto vendita, il numero di partita IVA o il codice fiscale. Inoltre, bisogna indicare i dati contabili come resi, sconti e acconti, oltre a data e ora della vendita del bene o del servizio, nonché il numero di matricola del registratore di cassa.