I criteri per la determinazione della residenza fiscale in Italia sono contenuti all’art2 del D.P.R n. 917 del 1986 del TUIR, laddove viene sancito che si considera fiscalmente residente in Italia la persona fisica che
-Risulta essere iscritto nelle anagrafi della popolazione residente.
-Che risulti residente in Italia per la maggior parte del periodo d’imposta.
-Che abbia il suo domicilio in Italia.
Per fare in modo che la persona fisica sia considerata residente in Italia ai fini fiscali basta che si verifichi anche solo una delle tre condizioni sopra esposte. Inoltre, apriamo una parentesi sulla distinzione tra residenza e domicilio. Il primo concetto fa riferimento al luogo in cui la persona fisica ha la sua dimora abituale, mentre il secondo è il luogo in cui essa ha il suo centro di interessi. Tipicamente, si considera il domicilio il luogo degli affari, ma la giurisprudenza ha ampliato il concetto e, pertanto, esso può riferirsi anche alla sede dei propri interessi morali e familiari.
Esempio, un commercialista abita in una determinata via, ma ha lo studio, in cui esercita la sua attività professionale, altrove. La sua abitazione rappresenta la residenza, mentre lo studio è il suo domicilio. Nel caso di un individuo che non ha alcun centro di interesse slegato dal luogo in cui abita, questi risulta essere contemporaneamente la sua residenza e il suo domicilio.
Dunque, per essere considerati fiscalmente residenti in Italia bisogna o avere sul nostro territorio la residenza o il domicilio o trascorrervi almeno la maggior parte del periodo d’imposta. Quest’ultimo criterio è stato interpretato nel seguente modo, visto che il periodo d’imposta coincide con l’anno solare, formato da 365 giorni, è necessario trascorrere nel nostro paese almeno 183 giorni . Non è necessario, ai fini del calcolo, che il periodo sia stato trascorso continuativamente, potendo la persona spostarsi nel corso dell’anno. Si procederà nel caso alla somma tra i vari periodi trascorsi sul territorio italiano.
Chi dovesse trasferirsi all’estero, dovrebbe cancellare dalle anagrafi italiane e registrarsi presso l’elenco degli italiani residenti all’estero. Tuttavia, salvo prova contraria, continuano ad essere considerati residenti quei cittadini iscritti presso il registro anagrafico di uno dei paesi inseriti nell’elenco del Ministero delle Finanze. In sostanza, si fa riferimento a quei territori con fiscalità privilegiata, volendosi evitare il trasferimento fittizio della residenza nei cosiddetti paradisi fiscali, al solo fine di non versare le imposte in Italia. Disposizioni particolari, a tale proposito, sono state previste per gli italiani residenti a Campione d’Italia, così come per i lavoratori transfrontalieri, di fatto quelli che vanno a lavorare in territorio elvetico.
Tra i paradisi fiscali, non possiamo non citarne alcuni, Andorra, Bahamas, Barbados, Bermuda, Emirati Arabi Uniti, Filippine, Hong Kong, Libano, Liechtenstein, Macao, Monaco, San Marino, Singapore, Svizzera, Vanuatu.
Abbiamo visto, quindi, che il domicilio di una persona fisica è il luogo dove essa ha il centro dei suoi interessi. Per provare che non ne abbia uno in Italia non varrebbe la dichiarazione di terzi, riguardante la sua assenza dal nostro territorio, non essendo ammessa la prova testimoniale. Allo stesso tempo, nemmeno la diversa abitazione rispetto al coniuge potrebbe essere esibita quale prova della mancanza di domicilio, nel senso di assenza di legami affettivi con l’Italia, in quanto è ammesso che due coniugi abbiano diverso domicilio.
L’iscrizione all’AIRE, ossia al registro degli italiani residenti all’estero, di per sé non esclude che la persona abbia il domicilio in Italia, potendosi provare il suo legame con il nostro paese, nel senso di centro di interessi economici, patrimoniali, affettivi, morali.
Vediamo quale significato potrebbe assumere da un punto di vista legale il possesso di mezzi, come auto o barche, in Italia. Di sicuro, essi comproverebbero il godimento di un determinato reddito, fermo restando che il proprietario potrebbe dimostrare al Fisco che essi derivano da redditi esenti o da donazioni.
Vediamo cosa succede se un soggetto lavora durante la settimana all’estero e torna in Italia solo per il fine settimana. Il caso è particolare, in quanto egli vivrebbe prevalentemente al di fuori dei confini nazionali, per cui dovrebbe essere considerato fiscalmente non residente in Italia, ma allo stesso tempo avrebbe nel nostro paese il suo centro di interessi, come la famiglia. Per questo, le norme prevedono esplicitamente che egli sia considerato in questi casi residente in Italia.
Negli ultimi anni, il legislatore italiano si è mostrato molto meno tenero con quei cittadini che hanno spostato formalmente la residenza in un paradiso fiscale, ma nei fatti sarebbero residenti nel nostro paese. Ebbene, essi devono provare di trascorrere effettivamente all’estero un periodo di tempo prevalente durante l’anno solare, ma si parte dalla presunzione che, nonostante l’iscrizione all’AIRE, essi continuino a risiedere in Italia fino a prova contraria. Una norma forse discutibile, ma che mira a lottare contro gli abusi di quanto, vip e non solo, hanno in molti casi spostato la residenza in maniera fittizia in luoghi, dove il pagamento delle imposte è nullo o quasi.