La carta di credito è uno strumento di pagamento sempre più diffuso anche in Italia, ma che non tutti capiscono quanto al suo meccanismo di funzionamento. Essa è materialmente una tessera di plastica con dimensioni internazionali standard, dotata di una banda magnetica e di un microchip, sul cui retro il titolare deve apporre la firma, in modo che al suo utilizzo si abbia sempre modo di capire se chi sta effettuando il pagamento sia effettivamente autorizzato a farlo. Fatta eccezione per la firma, per il resto appare del tutto simile a un bancomat, che più formalmente è anche noto come carta di debito.
Nella realtà, carta di credito e bancomat sono differenti, tanto da presentare non solo diverse condizioni contrattuali, come vedremo, ma pure differenze nell’accesso. Infatti, sia la carta di credito che quella di debito sono collegate a un conto corrente, ma mentre il cliente può fare sempre richiesta alla banca di un bancomat, che non gli verrà negato praticamente mai, la stessa cosa non può dirsi della carta di credito.
Vediamo perché. La carta di credito rappresenta, come spiega la stessa espressione, un credito di breve termine, che la banca concede al titolare. Attraverso il suo utilizzo, egli può prelevare denaro contante presso gli ATM e pagare ai POS convenzionati, ma l’addebito sul conto non gli verrà effettuato immediatamente, come avviene con il bancomat, ma entro il quindicesimo giorno del mese successivo all’operazione.
Poniamo, quindi, che pago con carta di credito l’acquisto di un capo di abbigliamento per 250 euro in data 6 maggio. Dal conto corrente, la somma mi verrà scalata entro il 15 giugno, per cui potrò godere di un credito fino a un massimo di 45 giorni. Proprio perché trattasi di un finanziamento vero e proprio, seppur non immediatamente percettibile, si hanno due conseguenze: ogni operazione sarà gravata da commissioni, che rappresentano per la banca la remunerazione per la concessione del credito; la richiesta di una carta di credito può anche non essere evasa.
Al pari di un finanziamento, infatti, la banca dovrà verificare prima che il cliente richiedente possegga i requisiti. Per questo, all’atto della richiesta, questi dovrà esibire un documento di riconoscimento valido, il codice fiscale e almeno l’ultima busta paga.
Nel caso che il cliente abbia avuto precedenti problemi con il rimborso di prestiti o mutui, risultando segnalato al Crif, Centrale rischi finanziari, come cattivo pagatore o protestato, le probabilità di ottenere il rilascio della carta di credito saranno molto basse, in quanto una storia creditizia negativa rappresentano un fattore di rischio per la banca. Lo stesso dicasi per chi non abbia onorato il pagamento di cambiali e assegni.
I rischi per l’istituto possono essere contenuti, in ogni caso, imponendo un plafond, ovvero un tetto massimo spendibile ogni mese. In questo modo, il creditore limiterà le perdite massime, nel caso in cui alla data dell’accredito non dovesse risultare una giacenza sufficiente sul conto per onorare il debito.
Il rischio che corre una banca è, infatti, proprio questo, ovvero che il titolare della carta di credito svuoti il conto prima dell’addebito, rendendo impossibile la restituzione delle somme, incluse le commissioni. Chiaramente, anche questo atteggiamento verrà sanzionati con una segnalazione al Crif.
Il rilascio della carta di credito su richiesta può avvenire sia all’atto dell’apertura del conto corrente, sia in un qualsiasi momento successivo. In genere, la banca prevede sconti e promozioni varie, che consentono al cliente di godere gratuitamente della carta di credito per almeno i primi 12 mesi, durante i quali non è previsto il pagamento del canone. Non sempre è ovviamente così, mentre in ogni caso sono dovute le commissioni legate alle transazioni effettuate.
Non tutte le carte di credito sono uguali. Le banche possono prevederne di esclusive per i clienti premium, oppure legarle alcuni circuiti convenzionati. Tra queste troviamo le cosiddette revolving, che si contraddistinguono per una politica creditizia ancora più spinta. Infatti, il cliente non è tenuto a rimborsare le spese effettuate entro un termine preciso, dovendosi limitare a restituire mensilmente una certa percentuale. Mentre vengono effettuati i rimborsi, il plafond disponibile viene ricostituito, per cui il titolare della carta potrà continuare a spendere. Ciò comporta il rischio di farsi sfuggire di mano il calcolo delle spese, anche perché bisogna mettere in conto interessi altissimi, che anche in questa fase di tassi zero arrivano al 20-25%.
Dunque, la carta di credito presuppone che il cliente sia affidabile, per cui non è immediato ottenerla. Potenzialmente ne sono esclusi dalla titolarità gli studenti, le casalinghe, i disoccupati, i lavoratori con redditi bassi e quanti abbiano avuto problemi recenti con una banca o una società finanziaria. In ogni caso, il bancomat potrebbe risultare un’alternativa abbastanza comoda e sufficiente.