La bolletta del gas contiene diverse voci, ciascuna delle quali ha un significato preciso. Alcune di esse sono fissate dal fornitore del gas metano, se è un operatore sul mercato libero, altre no. In questa guida spieghiamo come lettere la bolletta del gas.
Sono tre le componenti che determinano il costo complessivo da pagare. La prima fa riferimento ai servizi di vendita, ovvero è l’importo corrispondente ai consumi effettuati nel periodo dall’utente sulla base della tariffa applicata dal fornitore, ma se questi non opera sul mercato libero, la tariffa viene fissata dall’Autorità Garante per l’Energia e il Gas. Troviamo poi i servizi di rete, che indicano i costi per il trasporto del gas fino alle abitazioni degli utenti. Questi sono uguali per tutti i clienti e vengono fissati dall’authority. Infine, troviamo le imposte, che gravano sulla base imponibile sopra determinata, consistenti nelle accise e nell’IVA.
La prima componente, quella relativa ai servizi di vendita, pesa mediamente intorno alla metà del costo complessivo della bolletta, mentre quella dei servizi di pesa per meno del 20%, in genere sul 17%. Infine, le imposte incidono per oltre un terzo del costo totale. Va considerato, poi, che solo i servizi di vendita sono liberamente determinati dal fornitore, ovvero sono costi variabili in funzione dei consumi, sempre che non si sia abbonati a una società attiva sul mercato garantito. Per il resto, si tratta di costi fissati dall’authority e dal fisco. Le accise vengono fissate dalle regioni, ma non da quelle a statuto speciale. Quanto all’IVA, essa è fissata nel 10% per i primi 480 metri cubi all’anno, al 22% per i consumi superiori a tale soglia.
Attenzione, però, a una distinzione di estrema importanza, quella tra lettura presunta e lettura effettiva. Abbiamo detto che i servizi di vendita sono l’unica voce di costo legata ai consumi effettivi. Ora, questi non vengono letti dal fornitore in tempo reale, ma attraverso letture periodiche del contatore. Capita il più delle volte, che l’importo addebitato in bolletta sia non corrispondente ai consumi effettivi, perché il fornitore non ha inviato l’operatore per leggere il contatore. A quel punto, i consumi vengono solamente stimati sulla base della situazione familiare e non solo dell’utente. Pertanto, quando sarà successivamente effettuata la lettura, gli scostamenti in diminuzione o in rialzo rispetto alle bollette precedenti vengono addebitati con il conguaglio. Risulta essere questa la ragione per cui di solito vi è una bolletta più pesante nel corso dell’anno. In realtà, potrebbe anche accadere il contrario, ovvero che i consumi presunti e già imputati in bolletta siano stati superiori a quelli effettivi, per cui la bolletta del conguaglio risulterà più bassa.
Vediamo cosa fare per evitare queste variazioni eccessive nel corso dell’anno. Il consiglio è di comunicare periodicamente al fornitore la lettura del contatore. In altre parole, periodicamente, per esempio, a cadenza trimestrale, se la bolletta viene inviata ogni tre mesi, l’utente potrebbe leggere sul contatore del gas quali sono stati i consumi, comunicando alla società il numero individuato, al netto dei decimali. In questo caso, il fornitore sottrarrà da esso il numero corrispondente all’ultima rilevazione comunicata o presunta in bolletta, calcolando così i consumi del periodo.
Quanto alla differenza tra mercato di maggiore tutela e quello libero, questa è da individuare nel fatto che nel primo caso i prezzi per la fornitura del gas vengono fissati dall’authority, mentre nel secondo è il fornitore stesso a stabilirli. Chiaramente, grazie alla concorrenza si crea un incentivo a fissarli ai livelli più bassi possibili per fascia di utenza. Risulta essere importante, infatti, che si faccia molta attenzione ai costi con riferimento alla propria condizione effettiva. Il contratto di fornitura potrebbe prevedere prezzi relativamente più elevati fino a una certa soglia di consumi e più bassi per consumi superiori o viceversa. Dobbiamo, quindi, chiederci se siamo utenti con consumi bassi, medi o alti. Nel primo caso, dovremmo certamente preferire le tariffe con prezzi al metro cubo più bassi, mentre se consumassimo molto gas, potremmo dovere preferire tariffe fisse, qualora disponibili, magari fino a una certa quantità di metri cubi.
Nell’esempio che vi proponiamo, l’utente Tizio ha consumato nel periodo gennaio marzo dell’anno X gas per 150 metri cubi di gas. Immaginiamo che la tariffa applicata sia di 0,20 centesimi per metro cubo. Ciò implica che i servizi di vendita ammontano nel trimestre a 30 euro (150 x 0,2), costo sul quale gravano i costi di rete, che supponiamo ammontare a complessivi 10 euro. A questo punto, alla somma tra i due importi si applicano le accise e l’IVA al 10%. Mediamente, le prime sono fissate dalle regioni al 13%. Pertanto, si otterrà una bolletta finale pari a 40 x 1,13 x (1,10 x 40 x 1,13) = 49,72 euro. Come avete potuto notare, l’IVA si applica al costo comprensivo delle accise, ovvero grava come imposta sull’imposta, al pari di quanto avviene anche con il carburante.