La tassa di concessione governativa, nota anche con l’acronimo TCG, è un pagamento che il cittadino deve versare allo stato in diverse situazioni, ossia all’atto della richiesta di una licenza, per un servizio reso dalla Pubblica Amministrazione o per il godimento di determinati servizi anche offerti da società private, ma che lo stato rende possibili con il rilascio delle licenze.
L’esempio forse più conosciuto di tassa di concessione governativa il Canone Rai. Con esso, l’utente, ossia chi possiede almeno un televisore o qualsiasi altro apparecchio che consenta l’accesso alle trasmissioni radio-televisive italiane, paga per ottenere in cambio un servizio pubblico, il quale deriva da ciò gran parte delle entrate necessarie.
In teoria, la TV e la radio pubblica, finanziandosi essenzialmente con il canone, potranno garantire all’utente un’informazione e trasmissioni di maggiore qualità, in quanto non sono costretti a rispondere puntualmente alle richieste del mercato, potendo così parzialmente prescindere dai dati auditel.
Ma la tassa di concessione governativa si paga anche sugli abbonamenti alla telefonia mobile sia della clientela business che delle aziende. La prima dovrà versare 12,91 euro al mese, le seconde 5,16 euro mensili. L’80% di quanto sostenuto dalle imprese potrà essere dedotto all’80% dalle imposte.
La logica che sta dietro a questo tipo di pagamento nel campo della telefonia mobile è diverso da quello del canone Rai. Nei fatti, lo stato tassa un servizio, in teoria, per fini redistributivi, nei fatti per rimpinguare le proprie casse.
Si tratta di tassa di concessione governativa anche nel caso dei pagamenti annuali resi dalle imprese per la vidimazione e la numera tura dei libri contabili, indifferentemente dal numero dei libri vidimati e numerati. Il costo è ad oggi previsto in 300 euro all’anno per le imprese con un capitale sociale fino a 516.456 euro e di 516 euro per le imprese con un capitale sociale superiore.
Ma esempi di questo tipo di tassa si hanno anche quando si rinnova il passaporto e si paga con il contrassegno telematico circa una decina di euro. Lo stesso dicasi per la registrazione dei marchi, dei brevetti, il cui versamento è pari a 16 euro per ogni richiesta.
La tassa di concessione governativa si paga, poi, all’atto dell’iscrizione a un albo professionale, dell’ottenimento di una licenza o in qualsiasi altro caso previsto dalla legge.
Potrebbe apparire un’entrata secondaria, ma non è esattamente così. Tramite le tasse di concessione governative, infatti, ogni anno entrano nelle casse dello stato circa 91 miliardi di euro, cioè oltre cinque punti e mezzo di pil, quasi il triplo di quanto incassato con l’Irap.
Il mancato pagamento della tassa di concessione governativa, così come il pagamento in ritardo, annullano la validità dell’atto per cui la tassa è stata pagata o in riferimento alla quale è stata evasa dal contribuente. Sono altresì previste sanzioni amministrative, comminate dalle autorità competenti nei casi in cui venga accertata l’evasione. Si pensi al canone Rai, di cui abbiamo pocanzi accennato: fino alla fine di gennaio di ogni anno si ha il tempo per effettuare il pagamento relativo all’uso del servizio nell’anno precedente, mentre è possibile pagare anche nel mese di febbraio, ma con una piccola sovrattassa, anche se in funzione percentuale non è per nulla così bassa. Dal mese di marzo in poi, però, l’utente rischia, se scoperto ad utilizzare il servizio radiotelevisivo senza avere pagato il canone, una sanzione ben più elevata.
Tuttavia, l’accertamento dovrà avvenire entro i cinque anni, rispetto alla data in cui il pagamento era dovuto. Successivamente, nulla può più essere preteso dalla Pubblica Amministrazione. A tale fine sarebbe opportuno consultare le tabelle sulla prescrizione delle cartelle esattoriale, in modo da mettersi al sicuro da eventuali sanzioni per omesso pagamento.
Quanto alle modalità di pagamento, la tassa di concessione governativa può essere versata con l’apposito bollettino postale sul conto dell’Agenzia delle Entrate, oppure con l’acquisto di un contrassegno telematico appositamente vidimato, o ancora con il modello F23, avvalendosi del codice di tributo 771T.
Diverso è il discorso, invece, della tassa di concessione governativa versata sugli abbonamenti telefonici per il servizio mobile, perché in questo caso il pagamento si ha nei confronti del gestore, il quale a sua volta è tenuto successivamente a girarla allo stato.
Non tutti sono tenuti al pagamento della tassa di concessione governativa. Ne sono esclusi, ad esempio, gli enti di beneficienza, di volontariato e le cooperative sociali, mentre usufruiscono di uno sconto le cooperative edilizie.
Negli ultimi anni sono stati presentati alcuni ricorsi contro la TCG sulla telefonia mobile, ma le Sezioni Unite della Corte di Cassazione l’hanno dichiarata lo scorso anno legittima. Compatibile con il diritto comunitario, tale tassa trova il suo presupposto nella conclusione di un contratto di diritto privato con il gestore della rete, unitamente al canone di abbonamento, ma non necessariamente legato ad esso, quanto alle modalità di versamento, in relazione all’impiego del telefono e non alla fornitura del servizio.