Le spese effettuate da un libero professionista possono essere suddivise in due grandi categorie, quelle sostenute per conto del cliente, al quale saranno addebitate o meno in fattura, e i costi sostenuti per altri professionisti, come nel caso di utilizzo di uno studio comune o di una stanza, etc.
Le spese anticipate dal professionista per conto del cliente, come quelle di cancelleria, le marche da bollo, le vidimazioni e altri costi, non fanno parte del suo reddito, per cui non sono soggette alla ritenuta d’acconto o a rivalsa nei confronti dell’Inps.
Queste spese non sono nemmeno imponibili ai fini IVA, perché tale imposta graverà sulla fattura, nella quale saranno contenuti i costi sostenuti per il cliente. Diverso è il caso delle sperse sostenute per lo svolgimento dell’attività professionale, che sono soggetti alla ritenuta d’acconto, scontano l’imposizione anche ai fini previdenziali e IVA. Si pensi alle indennità di trasferta, alle diarie, ai rimborsi spese per gli spostamenti, così come alle spese di vitto e alloggio documentate e sostenute al di fuori del Comune, dove il professionista ha il domicilio fiscale.
Per riassumere, le spese anticipate dal professionista per conto del cliente sono escluse dall’imponibilità IVA e non vengono considerate parte del suo reddito, essendo fatturate. Le spese sostenute per lo svolgimento dell’attività sono soggette, invece, al pagamento dell’IVA e formano il reddito del professionista. I rimborsi per le spese di trasferta sono assoggettate al pagamento dell’IVA e compongono il reddito del professionista, anche quando sono state stabilite in maniera forfetaria, ai fini dell’alleggerimento delle pratiche burocratiche.
Con riferimento alle spese di vitto e alloggio sostenute dal professionista per conto del cliente committente, a decorrere dal gennaio 2015 non sono più considerate compensi in natura e non fanno, quindi, parte del suo reddito. La disciplina vale sia nel caso che tali costi siano sostenuti in anticipo dal professionista, sia che siano direttamente sostenuti dal cliente.
Questo può dedurre le spese integralmente, tranne nel caso che queste siano state anticipate dal professionista o che non siano direttamente strumentali allo svolgimento dell’attività del professionista e a quella del committente. In questa condizione, il primo può dedurre le spese dal suo reddito fino al 2% di quest’ultimo e per un ammontare massimo del 75% dell’importo sostenuto. Le spese di rappresentanza sono deducibili dal reddito autonomo nella misura massima dell’1% di quest’ultimo. Le spese sono deducibili anche nel caso di lavoratori occasionali, ma a patto che dimostri in fattura che esista una corrispondenza stretta tra la prestazione effettuata dal professionista e i costi sostenuti per conto del cliente.
Con il vecchio regime fiscale, tali costi erano considerati componenti del reddito del professionista, sia nel caso di un loro anticipo da parte di quest’ultimo, sia anche qualora fossero stati sostenuti a proprio nome. La deducibilità era, inoltre, limitata al 75% dell’importo sostenuto, malgrado il compenso fosse totalmente tassabile. Se il costo era sostenuto, invece, in nome e per conto del cliente, la piena deducibilità era ammessa, ma dopo una procedura complessa, che consisteva nella richiesta della fattura da parte del committente, relativamente alle spese di vitto e alloggio. La copia della fattura, intestata al cliente e con riferimento al professionista come fruitore del servizio, doveva essere inviata a quest’ultimo. Il professionista doveva includere i relativi costi nella parcella dei compensi percepiti, assoggettandoli al pagamento dell’IVA e a ritenuta, scomputandoli da quanto già pagato dal committente.
In questo modo le spese erano pienamente deducibili per il professionista, mentre per il committente la deducibilità era possibile con l’arrivo della parcella, nella quale comparivano i costi di vitto e alloggio. Dal 2015, le spese sostenute direttamente dal committente sono immediatamente deducibili, senza attendere l’invio della parcella da parte del professionista.
Ovviamente, il committente deve dimostrare con la presentazione della fattura che vi sia stata una correlazione tra le spese sostenute e l’attività svolta dal professionista. Questi non dovrà presentare tali spese in sede di dichiarazione dei redditi, per cui per lui non saranno più deducibili. Il committente non è più tenuto all’invio della fattura al professionista. Di questa disciplina non fanno parte le altre spese, come quelle di trasporto, anche se anticipate dal committente.
Quando emetterà la parcella, il professionista deve computare nella base imponibile ai fini IVA le spese relative alla prestazione professionale per il conseguimento dell’incarico. Le spese di rappresentanza, anticipate dal professionista per conto del cliente, non sono assoggettate all’IVA nella parcella dei compensi, ma in fattura deve essere indicato il nome del committente, in relazione al costo sostenuto.
Per quanto riguarda il versamento delle imposte dirette, sui compensi erogati ai professionisti il sostituto d’imposta deve effettuare una ritenuta del 20% a titolo di acconto. Per i residenti all’estero, la ritenuta sale al 30% del compenso. Le spese sono soggette alla ritenuta, se fanno parte di quelle relative alla prestazione professionale, concorrendo così anche alla formazione del reddito del professionista. Le spese anticipate dal professionista non concorrono, invece, alla formazione del reddito imponibile.