Il ravvedimento operoso è un istituto giuridico che lo stato concede al contribuente per regolarizzare la sua posizione con il Fisco, qualora non abbia versato imposte e contributi entro i termini fissati dalla legge. Si tratta di uno strumento, quindi, finalizzato a creare un rapporto di maggiore fiducia tra stato e cittadino, sia che quest’ultimo sia un lavoratore dipendente, sia che possegga una partita IVA.
Ovviamente, chi si ravvede, ossia chi autonomamente decide di segnalare al Fisco la sua posizione irregolare con riguardo al versamento di un’imposta o dei contributi previdenziali, otterrà uno sconto sulla sanzione da pagare, la quale certamente resta, ma sarà di misura inferiore a quella che sarebbe comminata, nel caso in cui l’irregolarità fosse accertata dall’amministrazione finanziaria.
La legge di stabilità per l’esercizio 2015 ha ampliato le possibilità di ricorso al ravvedimento operoso e ha eliminato alcune barriere spesso esistenti per avvalersi di questo strumento, con l’obiettivo anche di aumentare le entrate fiscali, grazie all’autodenuncia dei contribuenti.
Si concede al contribuente il diritto di ravvedersi, con tutti gli annessi benefici previsti, anche qualora gli sia stato consegnato un verbale di constatazione, oppure all’atto iniziale di una verifica o ancora se abbia ricevuto un questionario. In sostanza, i contribuenti potranno ricorrere al ravvedimento operoso, pagando le minori sanzioni previste, anche nel caso in cui l’amministrazione finanziaria abbia iniziato la fase istruttoria nei suoi confronti.
Dunque, anche qualora sia partita una verifica o un’ispezione a carico del contribuente, questi potrebbe ridurre al minimo il “danno”, ricorrendo al ravvedimento operoso, in modo da pagare minori sanzioni. Esiste, però, una limitazione a questo diritto: il ravvedimento operoso non può più essere concesso, qualora l’amministrazione finanziaria abbia inviato un avviso di liquidazione o di accertamento.
Fino al 31 dicembre del 2015, per un periodo di transizione che accompagni il contribuente verso la messa a regime delle nuove norme, egli potrà decidere se accettare le contestazioni oppure se regolarizzare la propria posizione con il Fisco. La riforma sopprimerà l’istituto di acquiescienza integrale ai processi verbali di contestazione e l’invito al contraddittorio, successivamente alla fine dell’anno prossimo.
Un altro punto di forza della nuova normativa è la soppressione dei limiti temporali per avvalersi del ravvedimento operoso, contrariamente a quanto avviene fino ad oggi. La ragione della norma è chiara, se il contribuente decide di autodenunciare una propria irregolarità fiscale, è bene che gli sia consentito di farlo sempre, in modo che egli paghi le minori sanzioni applicabili e lo stato incassi una somma di denaro, che altrimenti rischierebbe lo stesso di sfuggirgli.
La legge di stabilità 2015 ha anche rimodulato le sanzioni nel seguente modo: nel caso di ravvedimento operoso entro un anno dalla data di scadenza prevista per il pagamento dell’imposta o dei contributi o entro il tempo previsto per la presentazione della dichiarazione dei redditi rispetto all’anno in cui è stata commessa l’irregolarità, la sanzione è fissata nella misura di 1/8 del minimo previsto.
Entro 90 giorni dalla violazione o entro 90 giorni successivi al termine per la presentazione della dichiarazione, la sanzione è ridotta a 1/9 del minimo.
Entro 2 anni o entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno della violazione, la sanzione è ridotta a 1/7 del minimo. Infine, oltre i due anni o entro il termine ultimo per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui è stata commessa la violazione, la sanzione viene ridotta nella misura di 1/6 del minimo.
Il contribuente è tenuto al versamento degli interessi di mora, che scattano dal giorno in cui è avvenuta la violazione, ossia dal giorno successivo alla data, entro la quale avrebbe dovuto essere effettuato il pagamento. Nel caso di omessa dichiarazione o di omesso versamento non si potrà fare ricorso al ravvedimento operoso, perché il contribuente è tenuto prima a regolarizzare la propria posizione con il Fisco entro 90 giorni nel primo caso o entro 30 giorni per il secondo caso, in entrambi i casi incrementando il pagamento di una sanzione pari a un decimo del minimo.
Ad oggi, la disciplina prevede una differenziazione delle sanzioni, a seconda del termine entro cui avviene il ravvedimento operoso. Il cosiddetto ravvedimento “sprint” si applica entro i 14 giorni dopo la scadenza del pagamento non effettuato. In questo caso, la sanzione è fissata nella misura dello 0,2% per ogni giorno di ritardo. Se avviene tra il 15° e il 30° giorno dalla scadenza, la sanzione è fissata nella misura del 3%, mentre per il ravvedimento lungo, ossia dopo i 30 giorni dalla scadenza prevista, la sanzione è elevata al 3,75%. In tutti i casi, sono previsti gli interessi di mora, pari all’1% dall’1 gennaio 2014. Per la dichiarazione dei redditi, il ravvedimento non è applicabile, il ritardo non potrà superare i 90 giorni e la sanzione sarà pari a 25 euro.
Il pagamento col ravvedimento operoso avviene col modello F24 per le imposte dirette (Irpef, Ires, Irap), imposte sostitutive e IVA; con l’F23 per le imposte di registro e tributi indiretti; sempre l’F24 anche per l’imposta di registro sui contratti di locazione.