Oggi parliamo di prestiti senza busta paga e senza garante. Quando si chiede un prestito, la prima garanzia che una banca o una società finanziaria sollecita è quella della busta paga. Solo i lavoratori dipendenti assunti a tempo indeterminato sono considerati, infatti, in grado di rimborsare il debito, avendo un’entrata stabile e pressappoco sicura. E quel che conta per un creditore è la ragionevole certezza di recuperare quanto prestato, più gli interessi, nei tempi e nei modi previsti.
Tuttavia, non tutti sono nelle condizioni d potere esibire tale garanzia. Parliamo, anzitutto, dei disoccupati, delle casalinghe, degli studenti, vale a dire di quelle categorie di persone sprovviste di un reddito, in quanto non lavorano, ma a queste aggiungiamo anche i lavoratori autonomi, i liberi professionisti e gli imprenditori, che pur avendo un reddito, esso non è né certo, né stabile nel tempo. Di certo, nemmeno questi soggetti potranno esibire la busta paga.
A questo punto, ci si potrebbe chiedere se esista modo di ottenere un finanziamento, pur sprovvisti della busta paga. La risposta è sì, anche se non tutti i finanziamenti sono erogabili ai clienti diversi dai lavoratori dipendenti, assunti a tempo indeterminato da un numero congruo di mesi. Inoltre, coloro che non possono garantire con la busta paga dovranno esibire una garanzia alternativa. Questa può consistere nella doppia firma o garanzia personale, oppure in una garanzia reale.
Qualora non si abbia nemmeno la disponibilità di una fideiussione, ossia di un amico o un parente che garantiscano per il debito con la loro firma, sempre che posseggano i requisiti reddituali e patrimoniali richiesti, il cerchio si stringe alla sola garanzia reale. Essa consiste nel fare iscrivere un’ipoteca su un immobile di proprietà oppure nella consegna di beni in pegno.
In entrambi i casi, la banca o la finanziaria potrà escutere i beni ipotecati o consegnati in pegno, chiedendo al giudice la loro vendita all’asta, con i quali si soddisferà con il ricavato. Per quanto riguarda i beni in pegno, essi sono oggetti di valore, come oro, argento, quadri, gioielli, non certamente beni deperibili o dalla veloce obsolescenza, che lascerebbero il creditore a mani semi vuote, nel caso di una loro vendita.
Sia nel caso dell’ipoteca che del pegno, i beni concessi in garanzia dovranno avere un valore di mercato superiore a quello del debito, in modo che il creditore abbia un margine di garanzia, con cui attutire eventuali perdite da svalutazioni. Se sull’immobile, poi, sono già iscritte altre ipoteche, è evidente che bisognerà verificare se vi sia ancora spazio per coprire con il valore residuo il finanziamento richiesto.
In assenza anche di una garanzia reale, sarà pressoché impossibile ottenere un prestito. Eppure, sul mercato sono disponibili alcuni finanziamenti per studenti, casalinghe, disoccupati, che a prima vista potrebbero apparire in contraddizione con quanto appena detto.
Si tratta, in realtà, di somme quasi sempre messe a disposizione degli istituti di credito, sulla base di garanzie pubbliche. Ad esempio, le convenzioni tra gli atenei e le banche rendono possibile a queste ultime di erogare prestiti agli studenti universitari o iscritti a un master o a un corso di specializzazione, pur in assenza di una busta paga e di una garanzia alternativa. Ciò si ha grazie alla creazione di un apposito fondo da parte dell’ateneo, che garantisce al creditore parzialmente o integralmente il prestito erogato. Quest’ultimo spesso prevede condizioni abbastanza favorevoli per lo studente, che potrà iniziare a rimborsarlo dopo un certo numero di mesi dalla fine degli studi, in modo da avere il tempo di trovare un impiego, con il cui reddito potere pagare le rate mensili.
Altri esempi simili si hanno con i cosiddetti prestiti d’onore, ovvero con quella serie di finanziamenti regionali, nazionali Per europei, che finanziano attività d’impresa, specie nelle aree economiche più depresse del nostro paese. I destinatari di questi prestiti sono disoccupati, donne (per l’incentivazione all’imprenditoria femminile), soggetti normalmente esclusi dal mercato del credito, anche se i finanziamenti riguardano beni e servizi già acquistati dal neo-imprenditore e dimostrabili con le fatture, per cui sorge ugualmente il problema di come dotarsi della liquidità necessaria all’avvio di tali iniziative.
Negli ultimi anni, però, si sono sviluppate anche in Italia forme diffuse di finanziamento, spesso “occulto”, tramite le cosiddette carte revolving. Esse sono normali carte di credito, che consentono al titolare di effettuare pagamenti e di prelevare denaro contante presso gli ATM, avendo anche la possibilità di decidere quando e in che quantità rimborsare il prestito, nel rispetto solamente di una percentuale minima mensile da rimborsare. Man mano che la spesa effettuata viene restituita, il capitale si ricostituisce e il credito, quindi, è disponibile nella misura originaria o quasi.
A fronte di una pratica, che equivale in tutto e per tutto a un finanziamento, accade spesso che le banche emittenti delle carte revolving non chiedano la busta paga, se il titolare è già un cliente, avendo accesso presso l’istituto un conto corrente. Negli ultimi tempi, va detto, i criteri sono diventati più restrittivi, anche perché le revolving si sono dimostrate abbastanza onerose, per quanto comode.