Il successo dei Bitcoin ha introdotto nel linguaggio comune un termine ignoto fino a poco tempo fa, criptovalute. Si tratta di un’espressione informale, che starebbe per monete digitali o anche dette virtuali. Vediamo di preciso cosa sono. Si tratta di monete, che come indica bene lo stesso termine, non vengono emesse fisicamente e non sono nemmeno riconosciute legalmente, il che non implica necessariamente che siano illegali. Il loro stato, infatti, è praticamente ignoto, date le difficoltà delle banche centrali, dei governi e delle autorità finanziarie di comprenderne a fondo il funzionamento e di regolarne le modalità di scambio, a tutela degli investitori.
In pratica, la loro emissione è decentralizzata, non avviene per messo di alcuna autorità e tantomeno riconosciuta, ma tramite sistemi di crittografia. La loro creazione è stata resa possibile da internet e dall’evoluzione della tecnologia. La loro emissione, infatti, è affidata all’attività di mining o scavo degli utenti in rete, che risolvendo un complesso algoritmo prefissato da qualcuno, riescono a liberare un nuovo blocco di unità, che vengono vendute a chiunque voglia acquistarle, secondo il prezzo che si determina dall’incontro tra domanda e offerta di attimo in attimo.
Vediamo cosa ci fa un acquirente con una criptovaluta e come ne entra in possesso. Esso deve creare, anzitutto, un portafoglio digitale, con il quale tramuta euro nella moneta digitale che intende acquistare, secondo la quotazione che vige sulla piattaforma di trading in cui avviene l’operazione. Una volta acquistate una o più unità, si può utilizzarle per lo scopo per cui la criptovaluta è stata concepita, oppure semplicemente per speculare sui corsi, ovvero sulla fluttuazione delle quotazioni, cercando di realizzare una plusvalenza.
Su questo punto ci dobbiamo soffermare un attimo. Le criptovalute non nascono tutte con la stessa finalità. In teoria, esse dovrebbero servire per effettuare acquisti in rete di beni e servizi su siti che accettassero tale modalità di pagamento. Tuttavia, questo è un aspetto quasi residuale, perché nella generalità dei casi si punta a tenerle in portafoglio per altro.
Partiamo dai Bitcoin, la moneta digitale più popolare. Specie dal 2016 è diventato uno strumento puramente speculativo, visto che in circa 18 mesi il suo valore è arrivato a moltiplicarsi per oltre 40, sfiorando i 20.000 dollari l’uno. In teoria, i Bitcoin servono a scambiare beni e servizi su internet, cosa che effettivamente avviene, garantendo ai loro titolari l’assoluto anonimato. Questa caratteristica ha attirato molti capitali, anche per scopi non esattamente leciti, in quanto non è mai possibile risalire all’identità di chi effettua una transazione in rete, quale che essa sia.
Esiste un’altra criptovaluta, chiamata Ripple, che si pone un altro obiettivo. Essa viene utilizzata persino dalle grandi banche d’affari internazionali per spedire denaro da una parte all’altra del mondo ed effettuare la conversione valutaria in tempo reale. In pratica, Tizio spedisce a Caio 1.000 euro negli USA tramite Ripple, che al tasso di cambio di 1,20 vengono istantaneamente trasformati in 1.200 dollari, al lordo delle commissioni dovute. Dunque, esistono due operazioni, una di acquisto dei Ripple alle quotazioni date e un’altra di spedizione del denaro al beneficiario, il quale a sua volta lo riceverà direttamente convertito. Tutto in pochi secondi, cosa che ne sta rimarcando il successo.
Le criptovalute possono essere acquistare sulle apposite piattaforme di trading, ma di solito i volumi negoziati nell’unità di tempo sono abbastanza bassi, ragione per cui le quotazioni sono soggette anche ad ampie e repentine fluttuazioni. Chiaramente, la piattaforma su cui avviene la compravendita si tratterrà le commissioni e bisogna fare attenzione alla loro entità, che spesso è salata, specie per i piccoli importi. Alcune piattaforme consentono anche il passaggio da una criptovaluta a un’altra.
Un aspetto molto interessante che sta dietro alle oltre mille criptovalute esistenti al mondo risiede nella tecnologia applicata, che si chiama blockchain, letteralmente catena dei blocchi. Si tratta di un grande registro digitale, in cui vengono annotate tutte le transazioni, ognuna delle quali contraddistinta da un codice alfanumerico. La blockchain rende pubblica ogni transazione effettuata, tranne l’identità di chi vi sia dietro, evitando alla radice che vi possa essere una truffa. Infatti, sarebbe impossibile cercare di vendere un Bitcoin a due soggetti contemporaneamente, perché dopo la prima cessione, l’operazione risulterà registrata e il secondo tentativo non verrebbe convalidato. La procedura richiede spesso anche diversi minuti per essere eseguita, proprio a garanzia della trasparenza della transazione.
Risulta essere chiaramente sempre possibile tornare dalla criptovaluta alla moneta originaria, come euro, alle quotazioni vigenti nel momento in cui effettuiamo la conversione. Anzi, come abbiamo scritto sopra, l’obiettivo di grande parte di chi compra queste monete virtuali sta proprio nella fiducia che salgano di prezzo e vengano così convertite nella moneta ufficiale, ottenendone una maggiore quantità di quando era stata effettuata l’operazione inversa.
Infine, i Bitcoin possono essere ritirati o convertiti in moneta presso numerosi ATM collocati in vari stati del mondo, tra cui una decina anche in Italia. Non esistendo fisicamente, nel caso in cui inseriate euro, vi sarà rilasciato un certificato cartaceo, contenente un codice, digitando il quale, dopo essere entrati nel vostro portafoglio digitale, vi sarà consentito l’accesso alla moneta virtuale.