Nella vita ordinaria di un’impresa o di una libera professione, può accadere che a periodi si abbia un credito IVA verso lo stato e che in altri periodi si abbia, invece, un debito. Nulla di straordinario. Spieghiamo perché. L’IVA o Imposta sul Valore Aggiunto si applica sugli acquisti di beni e servizi, con l’esclusione di quelli elencati dalla legge. Un’impresa paga l’IVA sull’acquisto di beni e servizi dai fornitori, mentre la applica sui beni e servizi venduti al cliente. Nel primo caso, essa conteggerà quell’IVA come un credito, nel secondo caso come un debito. Qualora nel mese o nel trimestre di riferimento (se ci si avvale dei versamenti trimestrali), l’IVA a credito superi quella a debito, l’impresa avrà un credito IVA netto. Viceversa, nel caso contrario. In soldoni, l’IVA a credito è un indice delle scarse vendite al cliente, relativamente agli acquisti effettuati nello stesso periodo, anche se molto dipende dalla stagione o se sono effettuati investimenti, etc.
Ora, cosa fare se si vanta IVA a credito. Le opzioni sono diverse. Si può richiedere il rimborso oppure si porta tale credito a compensazione. La prima strada sembra la più semplice, ma è anche la più costosa, almeno in termini di tempo. Mediamente, lo stato italiano rimborsa l’IVA al contribuente dopo 3 o anche 5 anni. In sostanza, si rischia di perdere liquidità preziosa per chi fa un’impresa o comunque svolge un’attività. Per quanto praticabile, quindi, si tratta di una strada che si sconsiglia fortemente di percorrere, anche perché come vedremo potrebbe non avere senso.
Abbiamo detto che l’IVA a credito potrebbe essere relativa a uno o più mesi di attività, ma nella norma dovrebbe accadere anche che successivamente si chiuda uno o più mesi a debito per la medesima imposta. Ebbene, il contribuente potrebbe semplicemente portare a compensazione l’IVA a credito precedentemente maturata con l’IVA a debito. Per fare ciò non è necessario alcun passaggio burocratico, perché è sufficiente che ciò risulti dalla contabilità. Dunque, non solo è la via più semplice e immediata, ma anche la più razionale, visto che chiedere il rimborso, quando il mese successivo si potrebbe registrare un debito IVA si tradurrebbe, intanto, in un esborso di liquidità, a fronte del quale solo tra diversi anni incasseremmo il credito.
La strada della compensazione si può percorrere non solamente con l’IVA stessa, ma anche con tutte le altre imposte che si versano con il modello F24, ovvero con tutte le imposte che posseggono un codice di tributo. Da un punto di vista pratico, dovrete semplicemente elencare il vostro credito in una colonna e il debito verso il fisco in un’altra, dalla cui differenza positiva o negativa si otterrà il saldo. Qualcuno sconsiglia di portare a compensazione l’IVA a credito con i debiti verso l’Inps, perché tra le imprese si riscontrerebbe una certa riluttanza da parte dell’ente previdenziale a concedere compensazioni per altri tipi di imposta. Non è difficile immaginare che ciò sia vero. Se le altre imposte, infatti, fanno riferimento allo stato, nelle sue articolazioni, il quale non avvertirebbe la compensazione al netto, l’Inps è un ente autonomo e per ogni compensazione effettuata dovrebbe fare richiesta allo stato a sua volta di compensazione della mancata liquidità, preziosa per un istituto che eroga mensilmente decine di miliardi tra pensioni e altre prestazioni previdenziali. E conosciamo i tempi biblici con cui lo stato italiano rimborsa.
Attenzione a un limite: non bisogna superare la cifra di compensazione di 516.456 euro, corrispondenti al vecchio miliardo di lire. Inoltre, nel caso in cui venga superato il limite di 15 mila euro relativo a uno o più mesi, bisognerà presentare contestualmente un visto di conformità, apposto da una società di revisione o da un dottore commercialista, che certifichi sostanzialmente che il credito IVA esista. Certo che parliamo di un’assurdità, perché è come se lo stato italiano diffidasse delle dichiarazioni dei suoi contribuenti per cifre di un certo livello.
Il credito IVA maturato nel trimestre può essere compensato o chiesto a rimborso con la presentazione del modello IVA TR entro il 30 aprile, purché l’importo non superi i 5.000 euro. Sono interessati i contribuenti che hanno liquidato l’IVA del primo trimestre, registrando un credito al netto dell’IVA da versare superiore a 2.582,28 euro, in possesso anche di altri requisiti.
Abbiamo detto che esiste anche la possibilità di chiedere il rimborso. Per prima cosa, bisogna verificare di rientrare nei casi previsti dall’art.38 bis del DPR 633 del 1972. Il modello TR va presentato entro 30 giorni dal termine di ciascun trimestre, vale a dire il 30 aprile per il primo trimestre, il 31 luglio per il secondo trimestre, il 31 ottobre per il terzo e il 31 gennaio per il quarto.
I codici di tributo da utilizzare per la compensazione sono 6026 Credito IVA I° trimestre, 6037 Credito IVA II° trimestre, 6038 Credito IVA III° trimestre.