Negli ultimi anni, l’investimento nei Buoni del Tesoro Poliennali o BTp hanno ritrovato un inatteso successo, complici sia la crisi finanziaria mondiale, che ha causato forti perdite sul comparto azionario agli investitori, sia l’ascesa dei rendimenti italiani, a loro volta causata dalla sfiducia del mercato per l’Italia.
Negli ultimi mesi, tuttavia, i rendimenti offerti dai BTp si attestano ai minimi storici, un fatto che non ha disincentivato la domanda, in epoca di tassi zero. Insomma, le alternative sono anche peggiori, a parità di rischio.
I BTp sono titoli che hanno una durata dai 2 anni in su. Possono arrivare fino a scadenze di 30 anni o anche superiori e i rendimenti sono ovviamente crescenti, man mano che tali scadenze si allontanano nel tempo.
La caratteristica dei BTp, a differenza dei BoT o dei CTz, è che essi staccano ogni sei mesi una cedola in favore dell’investitore-possessore. Ad esempio, se ho comprato un BTp a 10 anni con cedola al 3%, ogni sei mesi avrà un interesse dell’1,5% (3% : 2).
La cedola, però, non è l’unica forma di guadagno che un risparmiatore ha nell’acquistare un BTp. Questi titoli si comprano all’asta all’atto della loro emissione o sul mercato secondario, ossia da precedenti acquirenti, dove sulla base del rapporto tra domanda e offerta si determina il prezzo. Se compriamo un BTp a un prezzo più basso di quello che ci sarà rimborsato alla scadenza (sempre pari a 100) oppure riusciamo a rivenderlo prima della scadenza a un prezzo comunque superiore a quello di acquisto, otteniamo una differenza in conto capitale, che sommata alla cedola annua ci da il rendimento lordo.
Esempio: compro all’asta un BTp a 15 anni con cedola 3% al prezzo di 85. Aspetto la scadenza e dopo quindici anni avrò ottenuto un rendimento medio lordo annuo del 3% + (100 – 85)/15 = 4%. Infatti, poiché il titolo mi sarà rimborsato dal Tesoro a 100, potrò contare sulla differenza con il prezzo di acquisto, diviso il numero degli anni di possesso.
La cedola resta fissa fino alla scadenza. Ciò comporta che si ha convenienza ad acquistare un BTp, quando si prevede un calo dei tassi, perché potrò tenere in portafoglio una cedola dal rendimento verosimilmente maggiore a quelli vigenti sul mercato. Viceversa, se si prevede un aumento dei tassi, si ha un disincentivo all’acquisto dei BTp, anche se i conti vanno fatti sempre tenendo presenti i prezzi, per quanto sopra detto.
In realtà, non tutti i BTp offrono una cedola fissa. Esistono, infatti, tre tipologie differenti: i BTpi, i BtpEi e i BTP Italia. Tutti hanno la caratteristica di agganciare il rendimento all’inflazione. Nel primo e nel terzo caso, l’indice dei prezzi di riferimento è quello italiano, nel secondo caso, invece, è l’inflazione dell’Eurozona a valere per l’indicizzazione.
Finora, il BtpEi non ha goduto di particolare successo in Italia, perché è noto che nel nostro paese l’inflazione tende ad essere un po’ più alta della media dell’Eurozona. Negli ultimi mesi, però, le tendenze si sono capovolte e l’Italia presenta, addirittura, prezzi in calo su base annua, mentre l’Eurozona appena sopra lo zero. Questo rende più allettante per un risparmiatore italiano acquistare un BtpEi, perché vedrà la cedola rivalutata a un’inflazione più alta di quella in vigore in Italia.
Il BTp Italia è, poi, l’ultima invenzione del Tesoro. La prima emissione risale al marzo del 2012 e fin da subito riscuote il forte interesse dei risparmiatori. A differenza degli altri titoli, esso è stato studiato per il canale retail, ossia per il piccolo risparmio. Tanto che è possibile acquistarlo all’asta anche online, se si ha un conto abilitato al trading sul web. Qualora ci si avvalga della mediazione della banca, non sono previste commissioni.
Il BTp Italia è sempre emesso alla pari e offre un rendimento lordo minimo garantito, annunciato prima del collocamento, che dura generalmente 3 giorni. Tale rendimento è aumentato ogni sei mesi dell’inflazione italiana, esclusi i tabacchi (ex Foi). Nel caso di deflazione, come negli ultimi mesi sta accadendo in Italia, tuttavia, il rendimento minimo non viene intaccato, né il capitale. Quest’ultimo, infatti, viene sempre aumentato nei casi di aumento dei prezzi, ma mai calcolato al ribasso, se i prezzi risultano in calo. E’ previsto un premio dello 0,4% sul capitale investito, se si tiene il titolo dal collocamento alla scadenza. Si tratta di un bond di durata di 4 o 6 anni (dipende dalle esigenze del Tesoro) ed emesso con la “tecnica a rubinetto”, ossia con offerta illimitatamente a soddisfare le richieste, sebbene nei collocamenti più recenti è stato posto un limite massimo.
Gli interessi maturati sui BTp sono tassati all’aliquota agevolata del 12,5%, il che li rende più appetibili degli altri strumenti finanziari, a parità di rendimento e di rischio. Si consiglia al piccolo risparmiatore di evitare le scadenze molto brevi, perché offrono un rendimento affatto appetibile, considerando la tassazione, l’inflazione e le commissioni bancarie. Si pensi che persino un titolo a 10 anni rende ora intorno al 2,4%, un rendimento appena sufficiente a coprire i costi e l’inflazione nel tempo.