Oggi spieghiamo come investire 100000 euro
Si tratta di una cifra interessante da investire, anche se dal punto di vista dei mercati finanziari parliamo sempre di piccoli risparmi.
Per un importo simile, l’investimento più appropriato potrebbe essere nei fondi. A tale proposito, esistono fondi azionari, obbligazionari, bilanciati.
I fondi azionari sono i più rischiosi, perché investono grande parte dei risparmi raccolti in azioni, ossia in titoli soggetti anche a rilevanti oscillazioni. Potenzialmente, però, possono offrire rendimenti interessanti, nel caso in cui l’investimento si rivelasse azzeccato.
I fondi obbligazionari, al contrario, investono per lo più in bond, certamente più sicuri, anche se il rendimento potrebbe risultare più contenuto nell’arco del tempo.
Per contemperare le opposte esigenze di sicurezza dell’investimento, ma anche di rendimenti appetibili, esistono i fondi bilanciati, cioè caratterizzati da un bilanciamento tra azioni e obbligazioni. Il rendimento potenziale è generalmente più elevato di quello offerto da un fondo obbligazionario, per quanto siano maggiori qui anche i rischi.
Se si volesse evitare l’investimento mediato dai fondi, si potrebbe sempre investire direttamente con l’acquisto di azioni, obbligazioni private e bond pubblici. In generale, il criterio-guida dovrebbe essere la diversificazione, ossia l’acquisto di titoli di società attive in diverse aree del mondo e appartenenti a settori differenti. In questo modo, si abbassa il rischio, in quanto sarà più difficile che azioni e obbligazioni di società di settori e di paesi diversi entrino in crisi contemporaneamente. Un altro consiglio è, poi, di puntare i 100.000 euro non solamente sulle azioni o sulle obbligazioni, ma su un mix tra le due categorie di investimento. Infatti, di solito un aumento dei corsi azionari si accompagna a una discesa dei corsi delle obbligazioni private.
Una considerazione a sé riguarda gli investimenti in titoli denominati in una valuta diversa dall’euro. In questo caso, oltre al rischio insito nell’operazione in sé, esiste anche un rischio-cambio, che si realizza quando la valuta locale perde valore contro l’euro, che è la nostra divisa. In genere, le obbligazioni private e pubbliche scontano già questo rischio, attraverso i rendimenti. Ecco, quindi, che un titolo di stato a 2 anni in Turchia rendeva nel luglio 2014 quasi il 9%, per via delle ampie fluttuazioni della lira turca nei mesi precedenti e all’alta inflazione interna. Può accadere, però, che i rendimenti non scontino del tutto tale rischio, in quanto le variazioni del tasso di cambio non sono sempre prevedibili e dipendono spesso da fattori anche improvvisi (guerre, colpi di stato, etc.). Per questo, consigliamo di investire solo in paesi politicamente stabili e finanziariamente affidabili.
Caso a parte si ha con i titoli di stato, considerati sicuri per definizione, anche se la crisi del debito sovrano di questi anni ha fatto venire meno tante certezze del passato. Come per le società private, anche i bond pubblici hanno rendimenti diversi, in relazione al grado di affidabilità dello stato emittente. Entro un certo arco di rendimenti, tuttavia, vale la pena rischiare. Per esempio, i BTp italiani rendono di più degli omologhi tedeschi per ciascuna scadenza, rispecchiando finanze pubbliche meno solide dell’Italia rispetto alla Germania. Ma il rischio default del nostro paese è pressoché identico a quello tedesco e all’incirca nullo.
I pronti contro termine sono prodotti offerti dalle banche e prevedono la vendita di titoli al risparmiatore con l’impegno al ri-acquisto a un prezzo superiore entro un periodo di tempo massimo non superiore all’anno, anche se i tempi sono solitamente molto brevi (anche pochi giorni). Il rendimento sarà determinato dalla differenza tra il prezzo di acquisto dei titoli e quello di rivendita. I rendimenti sono tassati all’aliquota agevolata del 12,5%, se i titoli sottostanti sono bond governativi.
Simili ai pronti contro termine sono i certificati di deposito, che hanno una durata generalmente fino a 5 anni e che prevedono la corresponsione periodica di cedole, a titolo di interesse. In alcuni casi, quest’ultimo è corrisposto alla fine del contratto, insieme al capitale, quindi, come nei casi di titoli di stato senza cedole.
Un’alternativa molto semplice, ma anceh poco remunerativa, per quanto sicura, consiste nel depositare la somma presso una banca, vincolandola per un determinato periodo di tempo. In genere, il vincolo varia da un minimo di un mese a un massimo di 4 anni, ma sono possibili soluzioni diverse. Il cliente s’impegna a non ritirare il denaro prima della scadenza pattuita, ma in cambio riceverà un interesse alla fine del periodo, che sarà corrisposto al momento dello smobilizzo del deposito. Qualora il cliente infranga l’impegno e ritiri anche solo parte dei 100.000 depositati in anticipo, perderà diritto anche del tutto a percepire l’interesse, sebbene alcuni istituti limitino la perdita alla sola somma ritirata o prevedano un interesse significativamente più basso, ma non nullo. In ogni caso, parliamo di un interesse lordo annuo del 2 o 3% massimo.
Particolarmente interessante, infine, potrebbe essere l’investimento di asset-rifugio, come l’oro, che assicurano da vari rischi, quali l’instabilità dei mercati finanziari e l’inflazione. Va detto, però, che nel 2013, il prezzo del metallo ha cessato di correre dopo una corsa apparentemente inarrestabile e iniziata nell’anno 2000, cedendo il 28%. Non si escludono ulteriori cali, anche se nel medio-lungo termine, l’oro tende a garantire grosse soddisfazioni. Chi avesse investito l’equivalente di 100000 euro in oro nel 2000, avrebbe rivenduto i lingotti a oltre 500000 euro alla fine del 2012 e ancora oggi avrebbe da parte un valore di circa 400000 euro, un rendimento senza eguali.