Il calcolo dello stipendio netto, conoscendo quello lordo annuo, è abbastanza complesso, sia per la farraginosità del nostro sistema fiscale, sia anche perché l’imposizione è legata alla condizione personale o soggettiva del lavoratore, il quale pagherà più o meno Irpef, a parità anche di reddito, sulla base di svariati elementi: detrazioni per figli e coniuge a carico, per lavoro dipendente, per determinate spese effettuate nell’anno e ammesse in detrazione dallo stato.
Per prima cosa, dobbiamo prendere in considerazione il livello del reddito lordo annuo, perché le aliquote Irpef sono progressive, ossia crescono al crescere del reddito dichiarato. Esse sono pari al 23% per i redditi fino ai 15.000 euro (sotto gli 8.000 euro, però, l’Irpef è nulla per il gioco delle detrazioni per il lavoro dipendente), al 27% per i redditi compresi tra i 15.001 e i 28.000 euro, al 38% per quelli tra 28.001 e 55.000 euro, al 41% per quelli tra 55.001 e 75.000 euro e al 43% sopra i 75.000 euro.
A queste vanno sommate le addizionali Irpef comunali e regionali, che variano da comune a comune e da regione a regione.
Per i redditi fino a 8.000 euro spetta una detrazione per il lavoro dipendente di 1.880 euro, rapportata ai 12 mesi, ma che non potrà essere inferiore a 690 euro all’anno per i contratti a tempo indeterminato e a 1.380 euro per quelli a tempo determinato.
A questo punto, bisogna applicare anche l’aliquota Inps, che sarà pari al 9,19% o al 9,49% per la quota a carico del lavoratore dipendente. L’aliquota più alta è dovuta dagli operai e dagli impiegati alle dipendenze delle imprese commerciali e industriali con oltre 15 lavoratori.
A questo punto, inizia il discorso ben più complesso delle detrazioni per i figli e il coniuge a carico. Partiamo col dire che la detrazione Irpef per il coniuge a carico spetta solo nel caso in cui il reddito di quest’ultimo sia pari o inferiore a 2.840,51 euro all’anno.
La detrazione massima teorica è di 800 euro per l’intero anno, ma descresce al crescere del reddito dichiarato e si annulla se supera gli 80.000 euro. Per i redditi fino a 15.000 euro, la detrazione sarà pari al risultato della formula 800 – (110 x Quoziente) x (mesi/12). Il quoziente è pari a: Reddito Netto / 15.000 x 800. Per i redditi compresi tra 15.000 e 40.000 euro, la formula sarà: 690 x (mesi/12) + maggiorazione (varia da 0 a 30 euro in base al reddito). Per i redditi tra 40.000 e 80.000 euro: (690 x quoziente) x (mesi/12), dove il quoziente sarà calcolato nel seguente modo: (80.000 – Reddito Netto) /40.000.
Passiamo adesso alle detrazioni per i figli a carico. Qui, bisogna fare una distinzione per figli di età fino a 3 anni e figli di età superiore ai 3 anni. La detrazione spetta sulla base del numero dei mesi effettivi in carico e fino al compimento dei 26 anni di età, sempre che il figlio non abbia superato i limiti di reddito annui, che annullano la detrazione ammessa per il genitore. Ad esempio, se un figlio è nato a marzo, la detrazione si applica per 9 mesi su 12, ossia per 9/12.
Essa è pari a 950 euro all’anno per i figli di età pari o superiore ai 3 anni, a 1.220 euro per i figli fino a 3 anni. E’ maggiorata di 400 euro per i figli disabili e di 200 euro per figlio, a partire dal primo, per le famiglie con più di tre figli.
La detrazione spetta fino al raggiungimento di un reddito di 95 mila euro all’anno, se c’è un solo figlio a carico; fino a 110.000 euro, se si hanno due figli a carico e così via.
Facciamo l’esempio di un genitore che ha un figlio a carico di 2 anni e un altro nato nel mese di aprile dell’ultimo anno, quello relativo alla dichiarazione dei redditi. Ammettiamo che i figli sono a carico al 100% (50%, se per la seconda metà risultano a carico dell’altro genitore). La detrazione teorica spettante sarà pari a 1.220 + 1.220 x (8/12) = 2.033,33 euro. Tale detrazione dovrà essere rapportata, però, al reddito del dichiarante, secondo la seguente formula: detrazione spettante = detrazione teorica x quoziente, laddove il quoziente sarà pari a: (95.000 + Incremento – Reddito dichiarato)/(95.000 + Incremento). L’incremento è pari, a sua volta, al numero dei figli meno 1, moltiplicato x 15.000. In sostanza, si aumenta per ogni figlio successivo al primo di 15.000 euro la soglia massima di reddito, oltre la quale la detrazione non è più ammessa per i figli a carico.
Oltre a queste detrazioni, ne esistono svariate altre, legate all’acquisto di beni e servizi, il cui costo è ammesso in detrazione o risulta deducibile dal reddito. Basti pensare agli incentivi per i lavori di efficientamento energetico, alle ristrutturazioni casa, alle spese mediche.
Infine, per i redditi tra gli 8.000 e i 24.000 euro all’anno, è stato previsto a partire dalla busta paga di maggio del 2014 un bonus di 80 euro al mese e fino a 640 euro all’anno (per l’anno 2014). Tale bonus è previsto solo per i contratti di lavoro dipendente e decresce per i redditi compresi tra i 24.000 e i 26.000 euro lordi annui, in modo da annullarsi per la soglia massima.
Quindi, tirando le somme, sottraendo dallo stipendio lordo l’imposta Irpef e le relative addizionali, l’aliquota Inps prevista dal proprio contratto, tenendo conto delle detrazioni ammesse e del bonus Irpef degli 80 euro di recente introdotto per legge, si arriva a determinare lo stipendio netto annuo. Quest’ultimo andrà diviso per 13 (o 14), al fine di ottenere lo stipendio netto su base mensile.