Prima di vedere come si calcola l’avviamento, spieghiamo in cosa consiste. Per avviamento si intende la differenza tra il prezzo di acquisto di una società o un esercizio commerciale e il suo patrimonio netto. Questo a sua volta, è pari alla differenza tra attivo e passivo patrimoniale.
Il valore dell’avviamento può risultare maggiore, uguale o pari a zero, a seconda dei casi. Se è un valore positivo, significa che ho pagato per l’acquisizione della società o dell’esercizio un prezzo superiore a quello a cui sono iscritti a bilancio i beni ammortizzabili che la compongono. Viceversa, significa che l’insieme dei beni acquistati è risultato di valore più alto del prezzo pagato per la loro acquisizione.
Nel primo caso, diremo che siamo dinnanzi a un avviamento negativo o badwill, nel secondo che l’avviamento è positivo o che abbiamo ottenuto un goodwill.
La differenza positiva potrebbe essere riconducibile a un valore di mercato delle attività reali della società superiore a quello di iscrizione a bilancio. Diciamo subito, che l’avviamento deve essere iscritto a bilancio e ammortizzato secondo i criteri civilistici e fiscali.
L’Agenzia delle Entrate fissa un valore minimo per l’avviamento derivante dalla cessione di attività, al di sotto del quale, se il contribuente effettuasse l’iscrizione a bilancio, rischia di essere sanzionato. Il D.P.R. 31/07/1996 n.460 stabilisce, infatti, che per le aziende e per i diritti su di esse il valore di avviamento è determinato sulla base degli elementi desunti dagli studi di settore o, in difetto, sulla base della percentuale di redditività applicata alla media dei ricavi accertati o, in mancanza, dichiarati ai fini delle imposte sui redditi negli ultimi 3 periodi di imposta anteriori a quello in cui è intervenuto il trasferimento, moltiplicata 3. La percentuale di redditività non può essere inferiore al rapporto tra il reddito d’impresa e i ricavi accertati o, in mancanza, dichiarati ai fini delle imposte e nel medesimo periodo. Il moltiplicatore è ridotto a 2 nel caso in cui emergano elementi validamente documentati e, comunque, nel caso in cui ricorra almeno una delle seguenti situazioni, l’attività sia iniziata entro i tre periodi di imposta precedenti a quello in cui è intervenuto il trasferimento, l’attività non sia stata esercitata, nell’ultimo periodo precedente a quello in cui è intervenuto il trasferimento, per almeno la metà del normale periodo di svolgimento dell’attività stessa, la durata residua del contratto di locazione dei locali, nei quali è svolta l’attività, sia inferiore ai dodici mesi.
Da un punto di vista civilistico, l’ammortamento dell’avviamento avviene in 5 esercizi, per cui il 20% del suo valore complessivo abbatte il reddito di ciascun esercizio. Risulta essere anche possibile provvedere a un ammortamento di durata maggiore e fino a un massimo di 20 anni, ma ciò dovrà essere motivato nella nota integrativa, trattandosi di una variazione dei criteri di valutazione.
Attenzione, però, perché le cose si fanno meno positive sul fronte fiscale, dato che l’avviamento per l’Erario è ammortizzabile in 18 anni, quindi, ai fini del pagamento delle imposte, l’abbattimento del reddito di ciascun esercizio avviene solamente per il 5,57% del valore complessivo dell’avviamento.
Vediamo cosa accade nei primi 5 anni, quando il reddito è abbattibile sia da un punto civilistico che fiscale. Il reddito d’esercizio sarà abbattuto del 20%, ma ai fini fiscali esso dovrà essere aumentato successivamente del 14,43%, ossia della differenza tra il suddetto 20% e la quota di deduzione concessa fiscalmente (5,57%).
A partire dal sesto anno, invece, il reddito va abbattuto solo della quota relativa ai fini fiscali, essendosi esaurito l’ammortamento civilistico.
Calcoliamo adesso il valore dell’avviamento, partendo dai criteri imposti dalle norme fiscali, riportando un esempio pratico. Ipotizziamo che una società ceduta nel 2014 abbia riportato negli anni 2011, 2012, 2013 e 2014 i seguenti risultati
Reddito imponibile Ricavi imponibili Redditività in percentuale
2011 200.000 20.000 10%
2012 250.000 37.500 15%
2013 400.000 60.000 15%
2014 300.000 50.000 16,6%
La percentuale di redditività da prendere in considerazione è il 16,6%, ovvero quella registrata dalla società nell’anno in cui è avvenuta la cessione. I ricavi medi dei 3 periodi d’imposta precedenti a quello in cui si è realizzata la cessione sono dati dalla somma tra i valori registrati negli anni 2011, 2012, e 2013, ovvero tra 20.000, 37.500, 60.000, suddividendo il risultato per 3. Il risultato è 39.166 euro. A questo punto, alla cifra ottenuta si applica la percentuale di redditività 16,6% e si ottiene 6.541 euro. Si moltiplica tale risultato per 3 e si ottiene 19.622,50 euro. Questo è il valore dell’avviamento sulla base dei criteri fissati dalle norme e al di sotto del quale, il contribuente rischia di venire sanzionato.
Qualora esistano i presupposti per moltiplicare il risultato per 2, invece che per 3, si deve optare chiaramente per questo secondo calcolo. Nel nostro esempio, l’avviamento varrebbe 13.082 euro e questa sarebbe la somma minima da dichiarare ai fini fiscali.