Il bonus Irpef è stato reso definitivo con la Legge di Stabilità 2015 e si traduce in un abbattimento del cuneo fiscale, a vantaggio dei lavoratori dipendenti, assimilati, oltre che di pensionati e disoccupati.
Esso consiste in 80 euro in più di busta paga, che il sostituto d’imposta dovrà versare al lavoratore dipendente, salvo detrarre la somma interamente dall’F24. In sostanza, il datore di lavoro o l’ente previdenziale (per disoccupati e pensionati) si limitano ad anticipare gli 80 euro al mese, che sono per intero a carico dello stato.
Vediamo chi ha diritto al bonus Irpef. Trattasi dei lavoratori subordinati e coloro che percepiscono redditi assimilati, nonché di pensionati e disoccupati, questi ultimi, se percipienti una qualche forma di sostegno al reddito, come l’Aspi, la Mini Aspi, la mobilità, etc.
L’ente previdenziale non conteggia a tale fine i redditi percepiti a titolo di incentivo alla produttività, soggetti all’imposta sostitutiva e forfetaria del 10%. In ogni caso, però, l’imposta viene conteggiata per definire se il lavoratore abbia o meno diritto al bonus.
Gli 80 euro sono stati introdotti con la busta paga di maggio del 2014, per cui il bonus nell’intero anno ha ammontato a 640 euro, vale a dire a 80 euro per 8 mesi. Con la Legge di Stabilità, esso viene reso permanente e al tempo stesso viene esteso a tutto l’anno, per cui nel 2015 saranno 80 euro per 12 mesi, 960 euro.
Attenzione, però: non tutti hanno diritto a percepire il bonus. Esso spetta a coloro, la cui imposta lorda supera le detrazioni per lavoro dipendente. I cosiddetti “incapienti”, quindi, non hanno diritto al bonus, poiché le detrazioni per il lavoro dipendente loro spettanti azzerano l’imposta. Le detrazioni per carichi di famiglia o per altre categorie non sono conteggiate per il calcolo dei redditi incapienti, per cui il bonus spetta ugualmente, anche se queste ultime azzerano l’imposta pagata nell’anno dal lavoratore.
Considerando che un lavoratore subordinato ha diritto a una detrazione per il lavoro dipendente di 1.880 euro all’anno, corrispondenti a una totale detassazione del reddito percepito fino a 8.145,32 euro all’anno, ciò significa che non si ha diritto al bonus al di sotto di questa cifra, così come esso viene percepito interamente fino a un reddito massimo di 24.000 euro all’anno, mentre si annulla progressivamente a 26.000 euro e non viene più corrisposto al di sopra di tale somma. Tra i 24.000 e i 26.000 euro lordi all’anno (corrispondenti a uno stipendio netto mensile compreso tra i 1.430 e i 1.540 euro), infatti, il bonus viene erogato sulla base di una formula matematica, che in soldoni implica che esso si riduce in proporzione alla somma eccedente i 24.000 euro, dimezzandosi a 25.000 euro annui (la cifra media tra i 24.000 e i 26.000 euro), ad esempio.
Ovviamente, il bonus è rapportato ai giorni effettivi di lavoro, per cui si è stati occupati solo 6 mesi nell’anno solare, si avrà diritto a una somma complessiva massima di 480 euro nei 12 mesi, vale a dire a 80 euro per 6 i mesi di lavoro.
Può accadere, tuttavia, che per diverse ragioni tecniche, un lavoratore non abbia la possibilità di percepire nel corso dell’anno gli 80 euro al mese. Ciò si ha, ad esempio, se il rapporto di lavoro risulta cessato prima del maggio 2014, il primo mese di introduzione del bonus, oppure se non si ha un sostituto d’imposta, fatto frequente tra i rapporti di collaborazione.
In questi casi, il bonus non è perso, ma il lavoratore avrà diritto a chiedere che gli sia corrisposto in sede di dichiarazione dei redditi, sotto forma o di compensazione fiscale o di credito d’imposta.
Al contrario, può accadere, invece, che il lavoratore abbia percepito erroneamente il bonus nell’anno, senza averne diritto. Ciò accade, se il rapporto di lavoro s’interrompe inaspettatamente, per cui il dipendente risulta in possesso di un reddito complessivo inferiore alla soglia minima richiesta (incapiente), o quando per una qualche ragione eccede i 26.000 euro annui, tetto massimo previsto per godere degli 80 euro al mese. Si pensi, per fare un esempio, a un lavoro extra, magari sotto forma di consulenza, che arrotondi il reddito annuo del lavoratore.
In queste situazioni, il dipendente dovrà comunicare al sostituto d’imposta tempestivamente la perdita del diritto, in modo che questi non gli versi il bonus. Se, però, egli ne ha già usufruito anche solo parzialmente, la somma non dovuta dovrà essere comunicata e restituita al fisco in sede di dichiarazione dei redditi, rimborsando il sostituto d’imposta con il conguaglio di fine anno o con trattenute sullo stipendio o sulla pensione o ancora sul sussidio di disoccupazione.
Le badanti e i collaboratori domestici non potranno percepire il bonus con la busta paga, perché il loro datore di lavoro non è un sostituto d’imposta. Anche in questo caso, si ha diritto a richiederlo in sede di dichiarazione dei redditi.