La circolare 12/E /2014 ha ampliato i benefici previsti dal decreto legge 6 dicembre 2011 all’articolo 1 per le imprese italiane anche alle imprese straniere che trasferiscono la residenza in Italia, a partire dal periodo d’imposta in cui è avvenuto il cambio di sede.
Tali benefici sono anche noti come ACE, acronimo di “Aiuti alla Crescita Economica”. Essi consistono nell’ammettere a deduzione dal reddito netto complessivo dichiarato un importo corrispondente al rendimento nozionale del capitale apportato. Per i primi tre periodi d’imposta, ossia per gli esercizi 2011, 2012 e 2013, tale rendimento è stato fissato al 3%, mentre per l’esercizio 2014 è stato fissato al 4%, per l’esercizio 2015 al 4,5% e per quello 2016 al 4,75%.
Si considerano, quindi, ai fini dell’ACE gli incrementi di capitali propri, avvenuti con il periodo d’imposta 2011 in poi. Tali benefici non sono ammessi per le società sottoposte alla procedura di fallimento, di liquidazione coatta o di amministrazione straordinaria per le grandi imprese in crisi. Relativamente a quest’ultimo caso, l’ACE è ammesso solo nel caso in cui i maggiori capitali siano finalizzati al mantenimento in vita dell’impresa, ossia al suo risanamento.
Per evitare pratiche elusive del Fisco, la disciplina vieta che l’ACE sia ammesso per tutte le società che fanno capo a una holding. Una società che volesse avvalersi comunque del beneficio dovrebbe dimostrare, quindi, che l’apporto dei capitali per cui si chiede la deduzione non è lo stesso usufruito da un’altra società del gruppo, bensì che sia stato realizzato con l’accantonamento di utili.
Sempre la disciplina precisa che il trasferimento di denaro da società con sede in paesi che non consentono lo scambio di informazioni non fa aumentare la base di calcolo ai fini ACE, in quanto l’assenza di comunicazione non permette al Fisco italiano di comprendere se tale trasferimento di denaro sia realmente una nuova ricchezza effettiva.
L’obiettivo dell’ACE, oggi esteso anche alle imprese straniere che hanno trasferito la loro sede in Italia, è di incentivare la patrimonializzazione delle imprese, abbattendo la pressione fiscale sui loro redditi. Al contempo, l’estensione di cui sopra dovrebbe attirare le imprese dall’estero, contribuendo così a sostenere la crescita della nostra economia.
Per soggetto residente in Italia, precisa l’Agenzia delle Entrate, s’intende quella società con sede legale o amministrativa nel nostro paese per almeno la maggiore parte dell’esercizio fiscale.
Per i soggetti IRES, gli incrementi di capitali propri sono costituiti da conferimenti in denaro e da utili destinati a riserva, con esclusione di quelli accantonati a riserve non disponibili, nonché i decrementi, ossia le riduzioni dei patrimoni netti con attribuzione ai soci, effettuate a qualsiasi titolo.