Quando un venditore cede merce o un libero professionista o un lavoratore autonomo effettua una prestazione, deve emettere la fattura, che è un documento fiscalmente rilevante. Si hanno alcuni casi, invece, in cui ad emetterla sarà non la persona che vende un bene o un servizio, ma chi effettua l’acquisto.
Da un punto di vista pratico, non vi è alcuna differenza tra una fattura ordinaria e una emessa dall’acquirente, se non per il fatto che il mittente e il destinatario coincidono. Risulta essere evidente che i casi di emissione della cosiddetta autofattura sono esplicitamente previsti dalle leggi.
I beni ceduti in omaggio o a titolo gratuito, il cui valore non supera i 25,82 euro, possono non prevedere l’emissione della fattura. Nel caso, invece, che il bene oggetto della cessione gratuita o dell’omaggio superi tale valore, l’imprenditore ha a disposizione diverse opzioni, emettere la fattura, se intende effettuare la rivalsa nei confronti del cessionario, emettere l’autofattura, se non ha intenzione di rivalersi sul cliente per l’IVA, come nella generalità dei casi, registrare l’omaggio nel Registro degli Omaggi.
Un altro caso di emissione dell’autofattura si ha quando l’imprenditore intende consumare parte della produzione a scopi personali. Esempio, parte del raccolto viene utilizzato per l’autoconsumo. Lo stesso dicasi per i casi di cessata attività e di successivo svuotamento del magazzino della merce rimanente.
Visto che le operazioni sono soggette all’imposizione IVA, queste devono prevedere l’autofattura. Le rimanenze di magazzino, non più finalizzate alla vendita, ma al consumo dell’imprenditore e della sua famiglia, devono essere fatturate al prezzo di acquisto o di mercato o tenendo conto dell’ammortamento.
L’autofattura è dovuta anche nei casi di acquisti di beni e servizi da fornitori senza una stabile organizzazione sul nostro territorio nazionale o privi di un rappresentante. Fanno eccezione i casi di IVA indicata sulla bolletta doganale. Ai fini della sua validità, il documento deve riportare la dicitura autofattura, i dati del fornitore residente in uno stato al di fuori della UE, natura, qualità e quantità degli articoli acquistati, l’ammontare degli articoli esenti, non imponibili e quelli imponibili con l’indicazione della relativa imposta.
Una situazione del genere si ha con il reverse charge, finalizzata ad impedire le frodi dell’IVA. In pratica, il legislatore europeo, e di riflesso anche quello italiano, specie in riferimento agli acquisti in settori specifici, come quello edile, ha fatto il seguente ragionamento, visto che i venditori non sempre sono onesti e omettono l’emissione della fattura per sfuggire all’IVA, allora sposto gli obblighi fiscali in capo al cessionario, che ha tutta la convenienza ad emettere l’autofattura. Questo riceverà la fattura esente dall’IVA, mentre sarà compito suo doverne emettere un’altra comprensiva dell’imposta, registrandola sia nel Registro degli Acquisti che in quello delle Vendite, in modo da neutralizzare l’operazione da un punto di vista fiscale.
Dunque, non è da ritenersi valida l’emissione della fattura rilasciata dal rappresentante italiano con la sola indicazione del numero di partita IVA italiana del rappresentante fiscale del fornitore estero, senza l’indicazione del numero di partita IVA di questo.
Da un punto di vista pratico, bisogna numerare la fattura del fornitore estero, integrandola con il valore in euro e gli altri elementi che formano la base imponibile; annotare la fattura integrata nel Registro IVA per le Vendite entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricezione della merce o della prestazione del servizio, indicando anche il corrispettivo in valuta straniera, annotare la fattura integrata anche nel Registro IVA degli acquisti, al fine di rendere neutra l’operazione ai fini fiscali, emettere l’autofattura entro il quindicesimo giorno del terzo mese successivo all’operazione, se non si riceva la fattura del fornitore estero entro il secondo mese successivo all’operazione.
C’è, poi, anche l’autofattura denuncia, che si ha quando siano trascorsi quattro mesi dalla realizzazione di un’operazione rilevante ai fini IVA, senza che si sia ricevuta la fattura per l’acquisto di un bene o servizio da parte di un fornitore. Il cessionario deve provvedere, quindi, ad emettere la fattura riportando quei dati, che avrebbe dovuto inserire il cedente. Per farlo, ha tempo 30 giorni, per cui l’autofattura denuncia è dovuta entro 5 mesi dal compimento della transazione fiscalmente rilevante.
Caso simile si ha, quando si riceve una fattura errata. Il cessionario ha tempo 15 giorni per presentare all’Ufficio IVA l’autofattura, riportando i dati correttamente.
Ci sono altri casi più sporadici di emissione dell’autofattura, ovvero quando si acquistano prodotti agricoli in regime di esonero, oppure carta da macero o quando si compra oro o argento industriale.
Si consideri che l’imprenditore con un volume di affari non superiore ai 7000 euro non è tenuto a adempimenti di tipo fiscale. Pertanto, i suoi cessionari devono emettere l’autofattura, in luogo del cedente esonerato dal compito, indicando la relativa imposta ai fini IVA, sulla base del tipo di bene o servizio acquistato, tenendo conto delle aliquote vigenti.