A causa della crisi economica, molte famiglie italiane non riescono da tempo a fare quadrare i conti, con la conseguenza di non essere in grado di pagare spesso le bollette, così come le spese condominiali, rendendo certamente più scomoda e sgradevole la vita all’amministratore di condominio. Secondo alcune stime, più di una famiglia su cinque non sarebbe in grado di pagare le rate condominiali, tanto che sono raddoppiate le vertenze legali.
Partiamo con il dire che tutti i condomini sono tenuti a partecipare alle spese condominiali necessarie alla conservazione e alla manutenzione delle parti e dei servizi in comune. Tali spese sono sopportate da ogni condomino in proporzione ai millesimi in suo possesso, tranne che non sia disposto diversamente dal regolamento.
I condomini non possono evitare tali oneri, nemmeno se una parte o un servizio in comune risultasse difettoso o non funzionante. In questi casi, infatti, il condomino ha il diritto di chiederne all’amministratore la sostituzione o la riparazione. Il regolamento condominiale non può derogare all’obbligo del singolo condomino di partecipare alla copertura di tali spese.
Le spese condominiali devono essere debitamente documentate dall’amministratore, il quale deve sottoporle all’approvazione dell’assemblea, che deve obbligatoriamente essere convocata entro il termine di 180 giorni dalla fine dell’esercizio. Pur comprendendo le difficoltà a cui va incontro l’amministratore, è opportuno che l’assemblea venga convocata nel minore tempo possibile, dopo il termine dell’esercizio, per fare in modo che i condomini abbiano la possibilità di spalmare le rate in un periodo più lungo e abbiano anche modo di rendersi conto della gravità di eventuali situazioni debitorie.
I condomini hanno il diritto di chiedere chiarimenti sulla singola voce di spesa, così come di fotocopiarne i documenti comprovanti il sostenimento e finanche di nominare un revisore dei conti. Se ritengono le spese ingiustificate, possono inviare una lettera di contestazione delle spese all’amministratore, spiegando in modo dettagliato le proprie ragioni.
Lo stesso regolamento condominiale fissa i termini entro cui pagare le quote, oltre che gli eventuali interessi di mora e le sanzioni per i ritardi. Se il regolamento non dispone nulla a tale proposito, sarà l’assemblea a decidere. Il condomino in uno stato di particolare difficoltà può richiedere una dilazione temporanea dei pagamenti o una rateizzazione delle spese condominiali per la quota ad esso spettante, facendone apposita richiesta all’amministratore.
Nel caso di morosità di uno o più condomini è compito dell’amministratore provvedere alla riscossione delle quote, mediante l’invio di una lettera di sollecito, tramite raccomandata. Se il sollecito non ottiene il risultato sperato, ovvero se il condomino continua a rimanere moroso, l’amministratore ha titolo per chiedere al Tribunale territorialmente competente l’emissione di un decreto ingiuntivo, immediatamente esecutivo per legge, che gli consente di procedere con il pignoramento dei beni di proprietà del condomino per il pagamento delle spese. Si tenga presente che la richiesta di emissione del decreto ingiuntivo non necessita della previa approvazione da parte dell’assemblea. Il provvedimento gode di una tutela specifica, per cui è da valutarsi distintamente dal resto della disciplina del codice di procedura civile. La ragione di tale peculiarità risiede nel fatto che senza un veloce pagamento delle spese condominiali risulterebbe paralizzata la quotidianità del condominio, in quanto si arriverebbe a un blocco dei servizi.
Abbiamo anche visto come l’amministratore dovrebbe fare precedere l’ingiunzione da un sollecito stragiudiziale di pagamento. Si tratta di una scelta opportuna, ma non obbligatoria, perché non lo prevedono le norme. Semmai, tale previa sollecitazione è ritenuta importante ai fini della condanna alle spese giudiziarie per il caso di opposizione.
L’amministratore è anche tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dai condomini morosi entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio in cui è sorto il credito esigibile. Se per essere moroso è un condomino inquilino, ovvero non proprietario dell’immobile in cui abita, l’amministratore non può agire contro di esso per la riscossione forzata, ma dovrà farlo contro il proprietario dell’immobile, il quale evidentemente avrà diritto di rivalsa verso l’inquilino.
Vediamo cosa accade se un immobile è stato venduto e il vecchio proprietario risulta in mora per il pagamento delle spese condominiali. A rispondere delle obbligazioni inadempiute sono sia l’acquirente che il venditore, per cui è importante che in fase di compravendita l’acquirente stia attento a verificare che sull’immobile non gravino debiti verso il condominio, altrimenti potrebbe essere chiamato a risponderne. Inoltre, quando pur espletando la riscossione forzata non è stato possibile ottenere il pagamento delle spese da parte del condominio moroso, a pagare per tali oneri sarà chiamato il resto del condominio, che anche in questo caso, quindi, avrà diritto di rivalsa verso colui che non ha pagato.
L’amministratore può anche arrivare a sospendere il condomino moroso dall’utilizzo dei servizi comuni divisibili, quando la morosità si sia protratta per un periodo superiore ai sei mesi. Se, infine, l’assemblea decidesse di sospendere le azioni esecutive, è opportuno che tale decisione venga verbalizzata.