Di solito i condomini sono litigiosi e non riescono spesso a concordare molto, anche su questioni elementari. Per questo, si rende necessario il più delle volte la nomina di un amministratore di condominio, meglio se esterno, così da dirimere i contrasti che tendono a sorgere nella quotidianità e affidare la gestione a una persona apposita.
Tuttavia, non sempre è il caso. Esistono anche condomini pacifici, dove la necessità di nominare un amministratore non viene nemmeno percepita. Capita, in particolare, nelle periferie, dove i condomini magari si conoscono da anni e tra di loro sussiste, quindi, un rapporto di amicizia e fiducia reciproca. In questa guida, vi spieghiamo in sintesi come gestire un condominio senza amministratore, partendo dall’art.1129 del Codice Civile, che al primo comma sancisce l’obbligo di nomina quando i condomini sono più di otto, caso in cui, se l’assemblea non vi provvede, la nomina dell’amministratore è disposta dall’autorità giudiziaria su ricorso presentato da uno o più condomini o dall’amministratore dimissionario.
Dunque, fino a otto condomini non esiste obbligo di nominare un amministratore. Questo non significa che non possa essere nominato, ma semplicemente che ci si può autogestire, considerate le piccole dimensioni. Un risparmio di denaro, visto che l’amministratore è una figura professionale, che in quanto tale presuppone una retribuzione a carico dei condomini. Attenzione, però, perché il fatto che non esista un amministratore non significa anche che non vi sia alcuna figura in sua rappresentanza. In effetti, serve sempre la nomina di un referente, che sarà uno degli stessi condomini, il quale dovrebbe essere scelto da un’assemblea appositamente convocata, anche se sul punto non esiste alcuna ufficialità.
Durante la riunione dell’assemblea dei condomini, bisogna mettere per scritto le regole condominiali, come potrebbero essere gli orari di silenzio da osservare, se affidare a terzi la pulizia delle parti comuni o se svolgere a turni ed eventualmente quali, come devono essere ripartite le spese ordinarie e straordinarie sulla base delle tabelle millesimali.
Per quanto appena accennato, si capisce come, anche in presenza di dimensioni contenute, i piccoli condomini siano tenuti a obblighi formali, per cui bisogna seguire le norme in materia e il referente non può esimersi dal rispettarle. Per esempio, dovendo pagare l’eventuale ditta delle pulizie o dovendo pagare una ditta per la ristrutturazione delle parti comuni, della facciata o anche solo semplicemente per imbiancare le pareti interne, risulta necessario dotarsi di un codice fiscale per emettere fatture o per anche ricevere pagamenti da terzi. Il codice fiscale condominiale va richiesto all’Agenzia delle Entrate e deve essere diverso da quello dei singoli condomini o del referente. Infatti, il condominio diventa formalmente un sostituto d’imposta e, in quanto tale, deve trattenere la ritenuta d’acconto sulle somme erogate in favore di lavoratori e professionisti che eseguono lavori o praticano consulenze, versandola all’Erario. Inoltre, dovrà presentare il Modello 770 in sede di dichiarazione dei redditi. Anche per piccole operazioni, come l’allaccio dell’energia elettrica o l’acqua bisogna possedere il codice fiscale del condominio. La conseguenza è che non esiste obbligo di nomina di un amministratore fino a otto condomini, ma è obbligatoria la richiesta all’Agenzia delle Entrate del codice fiscale con la consegna del modello AA5/6.
Quanto, invece, al regolamento condominiale, esso è obbligatorio per i condomini con almeno undici proprietari, ma nella stragrande maggioranza degli edifici con un numero inferiore di condomini viene ugualmente adottato per stabilire un minimo di regole comuni da osservare e senza le quali la gestione risulterebbe poco facile, specie in presenza di controversie. Il regolamento condominiale va adottato dall’assemblea, magari prendendo spunto dai vari modelli che si trovano in rete e che possono essere modificati per adattarli alle situazioni specifiche.
Il possesso del codice fiscale è necessario anche per usufruire di eventuali detrazioni fiscali in caso di ristrutturazione, previsti dalle norme. Vediamo cosa succede se il condomino chiede di ottenere tali benefici, ma scopre che il condominio non è in possesso del codice fiscale obbligatorio. L’Agenzia delle Entrate ha risposto a tale quesito chiarendo che il condominio deve chiedere, in questi casi, il codice fiscale condominiale, versando contestualmente la sanzione pari a 103,29 euro con il modello F24 e il codice tributo 8912. Inoltre, bisogna inviare all’Agenzia delle Entrate una comunicazione in carta libera per ogni condominio, dati e codice fiscale, dati catastali degli appartamenti, dati dei bonifici effettuati, la richiesta del condominio di essere considerato come il soggetto che ha svolto i lavori e la conferma che le fatture emesse siano da riferirsi al condominio e non ai singoli condomini.
Infine, sarebbe opportuno che il condominio si dotasse di un conto corrente apposito per la gestione delle spese e degli incassi relativi alla gestione delle parti comuni.