Con la legge 220/2012, entrata in vigore a partire dal 18 giugno del 2013, è fatto obbligo all’amministratore di condomonio di fare transitare tutte le somme a qualsiasi titolo relative alla gestione condominiale in un conto apposito, sia esso bancario o postale. In questo modo, si da seguito alla giurisprudenza, che da tempo aveva chiarito come per ragioni di trasparenza, l’amministratore di condominio non dovesse far confluire in un unico conto somme personali o di più condomini. Ciascun condominio, quindi, dovrà avere un conto, separato da quello personale del suo amministratore, così come dagli altri condomini da questi amministrati. La firma e la gestione del conto rimangono sempre di pertinenza dell’amministratore, avendo ricevuto mandato con regolare assemblea.
La Cassazione ha sancito con una sentenza che è diritto di ciascun condomino avere accesso al conto e di richiedere a proprie spese l’estratto conto. Inoltre, se egli ravvisa qualche movimento non chiaro o sospetto, potrà chiedere che sia convocata l’assemblea del condominio, la quale potrà ripristinare la regolarità delle movimentazioni, facendo cessare la violazione, o provvedere alla revoca del mandato dell’amministratore. Qualora l’assemblea non emetta alcuna delibera di revoca dell’amministratore, in caso di irregolarità nella tenuta del conto, ciascun condomino ha titolo per chiedere al giudice di farlo in sua vece e potrà addossare al condominio le spese legali, nel caso in cui la sua richiesta fosse accolta.
Quindi, qualsiasi transazione riguardante il condominio dovrà passare per un conto dedicato appositamente ed esclusivamente ad esso. Questo aspetto ha generato nei primi mesi di applicazione parecchio timore tra gli amministratori, i quali temono da un lato di vedersi paralizzata la gestione dei condomini, dall’altro di potere essere nel mirino di un qualche condomino per operazioni ordinarie, magari svolte senza quell’accuratezza richiesta dalla legge.
L’esempio classico che si potrebbe fare è il seguente: se l’amministratore volesse tenersi un pò di liquidità per piccole spese ordinarie relative al condominio, come la sostituzione di una qualche lampadina o una piccola riparazione, nel momento stesso in cui ritirerà il denaro dal conto dovrà giustificare l’operazione. Potrebbe, a questo punto, farlo con una motivazione generica, salvo dare conto nel dettaglio ai condomini di come sia stato speso il denaro prelevato con il rendiconto di gestione.
Va da sé che trasparenza vuole che le rate condominiali siano pagate tramite bollettini intestati sul conto. Tuttavia, non è esclusa la possibilità che i condomini paghino in contante, purché l’amministratore provveda a depositare il denaro ricevuto presso il conto e a giustificare l’operazione in modo corretto e puntuale.
Ovviamente, nel caso in cui l’amministratore del condominio venga sostituito, il conto resta uguale, non vi è la necessità di cambiarlo, in quanto questi non è legato alla persona dell’amministratore, quanto al condominio.
Da queste previsioni legislative vi sono diversi punti a favore di una gestione più efficiente del condominio. Aldilà degli aspetti legati alla trasparenza, dopo numerosi casi di comportamenti spesso censurabili da parte dell’amministratore, possiamo rimarcare come le banche abbiano fatto a gara per offrire le migliori condizioni contrattuali. La ragione è semplice: se prima, un amministratore che gestiva 20 condomini poteva avere un unico conto, ora ne dovrà tenere 20 distinti. E’ evidente come ciò faccia gola alle banche, che non vogliono rischiare di perdere conti da gestire. Per questo, alcune di loro offrono tassi relativamente allettanti per i conti relativi a condomini con numerose famiglie. E altre garantiscono tassi di favore per l’accensione di mutui e prestiti per lavori condominiali.
In ogni caso, il condomino potrebbe anche giovarsi degli interessi maturati sul conto condominiale, potenzialmente potendo così abbattere la rata periodica da versare per contribuire alle spese. Se ciò era possibile, in verità, anche prima, adesso sarà più chiaro, però, comprendere per ogni condominio quale sarà l’interesse maturato, visto che le movimentazioni sono isolate dagli altri condomini e dalle transazioni effettuate dall’amministratore a titolo personale.
Se certamente il conto dedicato per ciascun condominio rappresenta un passo in avanti nella direzione della trasparenza gestionale, la legge dovrebbe mostrare maggiore flessibilità con riferimento alle esigenze quotidiane della vita di un condominio. Ad esempio, come sopra riportato, è ancora possibile per un condomino pagare una rata in contante, recandosi presso lo studio dell’amministratore e consegnando il denaro. Tuttavia, questa liquidità, quand’anche fosse immediatamente necessaria per provvedere a una qualche spesa urgente, non potrebbe essere subito impiegata, in quanto bisognerebbe prima depositarla sul conto, motivare la provenienza del denaro e solo dopo avere fatto chiarezza, la somma potrebbe essere ritirata nuovamente. In sostanza, anche per piccoli interventi si dovrebbe seguire la legge alla lettera, più che altro per evitare che il ricorso di qualche condomino porti a conseguenze spiacevoli, fino alla revoca del mandato dell’amministratore.
Quanto alle spese a cui si va incontro, va detto che a differenza delle persone fisiche, che per un conto corrente pagano 34 euro all’anno sopra la giacenza media di 5.000 euro, un conto condominiale dovrà sborsare ogni anno 100 euro. A cià si aggiunge il canone mensile, che varia di banca in banca, pari ad alcuni euro in media.