Il codice civile, all’art.1129, consente ai proprietari di piccoli stabili e quelli di recente fabbricazione, dotati di servizi autonomi, di autogestire il proprio condominio, non dovendo necessariamente ricorrere a un amministratore. Le norme, infatti, prevedono l’obbligo che ciò avvenga, quando i condomini di uno stabile siano più di otto. In quel caso, la nomina dell’amministratore è dovuta e se non si trova un accordo per la sua elezione, può essere imposta dall’autorità giudiziaria. Si tenga presente che la riforma del condominio, avvenuta con legge 11 dicembre 2012, n.220, ha innalzato il numero minimo, oltre il quale scatta l’obbligo di nomina dell’amministratore, che in precedenza era di 4.
Ciò, però, non deve fare pensare che la maggiore facilità nell’evitare la nomina di un amministratore sia sinonimo di minori responsabilità. Anzi, con la riforma potrebbero crescere i rischi a carico di quegli stabili, che in virtù delle nuove norme decidano di autogestirsi.
In assenza della nomina di un amministratore, oved obbligatoria, spetterebbe al giudice, su richiesta di uno o più condomini, provvedere alla sua istituzione. Diciamo subito che molti stabili risultano anche per anni scoperti e nonostante ciò restano privi di sanzioni. Il nostro consiglio è, in ogni caso, di farsi affiancare sempre di una figura esperta in tema di contabilità, meglio se anche in diritto, qualora tra i condomini non vi fossero professionisti attivi in tali ambiti. In alternativa, se si optasse per non avvalersi di un amministratore, bisognerebbe trovare il modo di far sì che ciascun condomino o parte dei condomini approfondiscano le norme del codice civile, che regolano la gestione delle parti in comune.
A partire dal 2013, poi, ciascun condominio deve essere in possesso di un conto autonomo, sul quale accreditare le entrate e addebitare le spese, relative alla sua gestione.
A facilitare le cose c’è la previsione di una nomina interna, ovvero non è necessario che l’amministratore sia una figura esterna, un professionista. A farne le veci potrebbe essere, quindi, anche uno dei condomini, che si carica così dell’onere di amministrare il condominio, dietro apposita elezione.
Il ricorso a una figura interna ha i suoi vantaggi. Per prima cosa, si ha un risparmio, perché è chiaro che un professionista applicherà ogni anno ai costi sostenuti per l’amministrazione del condominio anche una parcella, che è il suo compenso per l’attività prestata. Un altro vantaggio potrebbe consistere nella maggiore rapidità di intervento per risolvere un problema. Esempio: se si fulmina una lampadina del vano ascensore o di un’altra parte in comune dello stabile, l’amministratore interno lo verifica subito, vivendo nel condominio, potendo così acquistare subito l’occorrente e magari provvedere in autonomia alla sostituzione della lampadina vecchia con la nuova.
Certo, esistono anche alcuni svantaggi insiti in una tale soluzione. La prima è il sostenimento e la successiva ripartizione dei costi. Un amministratore interno potrebbe essere costretto ad anticipare le spese sostenute per provvedere nell’immediato a un intervento necessario, accollandosi anche l’onere di bussare alla porta di ogni condomino per riscuotere la spesa. Potete immaginare quanti si mostreranno generalmente pronti a fare la loro parte e quali fatiche dovrà sopportare l’amministratore per vedersi rimborsato di volta in volta di quanto speso, magari sentendosi accusato di avere fatto un cattivo affare e di avere acquistato questo o quel bene o servizio a un costo più elevato del dovuto.
Se si decide di fare da soli, la prima cosa da fare è di riunirsi per stilare un regolamento condominiale, che sarà approvato all’unanimità. Tra le previsioni minime contenute in esso vi sono le modalità con cui si provvederà alla pulizia delle parti in comuni e i rapporti con i fornitori esterni. Va detto, che una volta che il regolamento viene approvato, esso rimane valido anche per coloro che successivamente avranno comprato uno degli immobili dello stabile o che l’avranno preso in locazione.
I problemi potrebbero avvenire, invece, nei casi di manutenzione straordinaria, come il rifacimento della facciata. In questo caso bisogna capire chi raccoglierebbe il denaro, considerando che la spesa sarebbe ingente e cosa accade, se uno dei condomini non paga interamente la sua quota. Gli altri condomini dovrebbero fargli causa, non esistendo una figura preposta a intimare il pagamento.
Inoltre, il condominio sprovvisto di amministratore resta sostituto d’imposta per il caso di versamento di ritenute d’acconto durante l’anno, così come per i casi di presentazione della dichiarazione dei redditi con il Modello 770. E il codice fiscale deve essere comunicato ai fornitori dei servizi elettrici e dell’acqua.
La legge impone nelle parti del condominio di maggiore uso comune, accessibile anche a terzi o al suo accesso di affissare le generalità dell’amministratore o della figura facente funzioni, insieme ai suoi recapiti. Ciò significa che, nonostante sia prevista la possibilità per uno stabile fino a 8 condomini di restare sprovvisto di un amministratore, esso debba ugualmente prevedere una figura di riferimento, anche se nei fatti non sarebbe un vero amministratore.