La figura dell’amministratore di condominio è stata regolata normativamente solo negli ultimi tempi. L’Italia è un paese di condomini e nasce così l’esigenza di regolare i rapporti tra i proprietari e gli inquilini di immobili appartenenti allo stesso complesso condominiale, perché è evidente che la natura stessa di tali rapporti necessita di affidare la loro gestione a una figura apposita. Il codice civile, dall’art 1.117 al 1.139, applica a tale figura professionale il contratto di mandato, per cui una parte, il mandatario, si obbliga a compi ere uno o più atti giuridici per conto dell’altra parte, mandante.
Questo principio viene salvaguardato anche dalla recente riforma del condominio. Nel dettaglio, la professione di amministratore di condominio viene delineata quale una struttura stabile e organizzata di mezzi adeguati allo svolgimento dell’incarico con il fine di gestire in modo quanto più scrupoloso possibile i fabbricati affidati.
A partire dal giugno del 2013, l’amministratore di condominio deve avere frequentato un corso di formazione iniziale e uno periodica in materia di amministrazione condominiale, senza i quali l’esercizio della professione non è possibile.
Sono 7 i requisiti necessari per potere essere nominati amministratori condominiali. I primi 5 riguardano quelli di onorabilità, gli ultimi 2 quelli concernenti le competenze professionali.
L’amministratore non deve dimostrare il possesso dei requisiti all’atto della nomina, salvo che non insorgano contestazioni al riguardo. Risulta essere, invece, obbligatorio il possesso di tali requisiti al momento della nomina e devono essere mantenuti lungo tutto l’arco dell’incarico.
C’è chi ritiene che i requisiti siano in difetto nei casi di eventi infamanti intercorsi prima dell’atto della nomina, salvo gli effetti derivanti da un’eventuale riabilitazione. Tornando ai requisiti, il nominato deve essere in possesso dei diritti civili, ossia titolari di diritti e doveri e della capacità di agire. Tali diritti potrebbero essere revocati con sentenza nei casi di parziale capacità di intendere o volere. Per dimostrarne il possesso, l’amministratore deve ritirare dal Tribunale territorialmente competente l’apposito certificato, dal quale risulti di non essere stati oggetto di interdizione o di fallimento nei 5 anni precedenti.
L’amministratore di condominio non deve avere riportare condanne penali per reati commessi contro la Pubblica Amministrazione, la Giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o altro delitto colposo per il quale la legge commina una pena non inferiore ai 2 anni di reclusione e massimo 5.
Egli non deve essere stato sottoposto a misure di prevenzione, poi divenute definitive, salvo che non sia successivamente intervenuta la riabilitazione. Si tratta di quelle misure comminate, a differenza di quelle di sicurezza, indipendentemente dalla commissione di un delitto. Per esempio, parliamo di sequestro di beni patrimoniali, di persone sospettate di avere commesso atti illeciti, etc. Sono irrorate dal questore e alcune anche dall’autorità giudiziaria.
L’amministratore di condominio non deve essere stato interdetto o inabilitato. Ciò accade, quando viene affidato a un tutore o curatore per la gestione parziale o totale dei propri interessi. Egli, poi, non deve risultare protestato, ossia inserito nel Registro informatico dei protesti della Camera di Commercio, cosa che accade quando si emette un assegno in bianco, non si paga alla scadenza una cambiale o non si adempie al pagamento integrale di un debito contratto con un istituto di credito.
La registrazione del protesto rimane per 5 anni, ma si può richiedere la cancellazione prima del termine, a patto di avere adempiuto all’o0bbligazione entro un anno dalla scadenza, provando con una liberatoria del creditore e con la presentazione dell’effetto protestato di avere pagato il dovuto. Se il pagamento è avvenuto dopo un anno dalla scadenza, sarà prima necessario ottenere la riabilitazione del giudice, condizione preliminare per richiedere la cancellazione del protesto dai registri pubblici.
Quelli suddetti sono tutti requisiti di onorabilità. I restanti due impongono, invece, che l’amministratore di condominio abbia come titolo di studio almeno il diploma della scuola secondaria di secondo grado e che abbia frequentato un corso di formazione iniziale, oltre che continui a sostenere corsi di formazione annuali successivi.
Insomma, la riforma del condominio ha assegnato maggiore importanza alla figura dell’amministratore, tanto da averne determinato con precisioni i requisiti necessari per l’esercizio della professione. Non solo. Sempre a decorrere dal giugno del 2013, il legislatore ha previsto che l’amministratore accenda un conto diverso per ciascuno condominio amministrato, in modo da non creare confusione e convogliare su di esso solo le somme in entrata e uscita attinenti allo specifico condominio, a beneficio di una gestione più trasparente.
Quanto al corso di formazione, esso dovrà avere durata minima di 72 ore, di cui un terzo in attività pratiche. Il corso annuale deve avere una durata di almeno 15 ore e riguardare elementi in materia di amministrazione condominiale, in relazione all’evoluzione normativa, giurisprudenziale e alla risoluzione di casi pratico teorici. A verifica della competenze fornite durante il corso è previsto un esame finale. Il corso potrà anche essere tenuto online, mentre l’esame solo presso una sede fisica.
I guadagni che è possibile ottenere da questa professione dipendono ovviamente dal numero di condomini gestiti. In base a quanto riportato in questa guida sull’amministratore di condominio su Professioniecarriere.com, un condominio di circa 20 unità porta una retribuzione media di circa 5000 euro annui, con una media mensile di 220 euro.