In questa guida spieghiamo come scorporare l’IVA.
L’IVA è l’Imposta sul Valore Aggiunto, ossia un’imposizione fiscale, che l’Erario applica sulla compravendita di beni e servizi all’interno del territorio nazionale, anche quando tali operazioni non si realizzano tra produttore e consumatore finale. Infatti, l’IVA si applica anche all’acquisto di beni e servizi da parte di un’impresa da un fornitore. L’unica vera differenza con il consumatore o utente finale è che l’imposta graverà sulle tasche di quest’ultimo, l’unico a non poterla scaricare sugli altri.
Quando un’impresa acquista un, fattore produttivo, un semi lavorato o un bene o servizio da rivendere al cliente, egli lo farà pagando al fornitore un prezzo, maggiorato dell’IVA, che per essa rappresenta un credito verso l’Erario, mentre per il fornitore cedente è un debito. A fine mese, in alcuni casi, i versamenti possono essere trimestrali, ciascuna attività, liberi professionisti compresi, verserà al Fisco una somma, pari alla differenza, se positiva, tra il totale dell’IVA a debito e il totale dell’IVA a credito vantata. Esempio, se accumulo nel mese di gennaio 15.000 euro di IVA a debito verso il Fisco e vanto un credito IVA di 13.500 euro, dovrò versare solo la differenza, ovvero 1.500 euro. Viceversa, se l’IVA a credito risultasse superiore all’IVA a debito maturata nel periodo d’imposta, l’impresa o il libero professionista avrà diritto o farsi rimborsare la differenza o a riportare il credito eventualmente nella dichiarazione dei redditi o, come più spesso avviene, a compensare tale importi con successivi debiti IVA o di altre imposte dovute allo stato.
La conseguenza è che un’attività con un’IVA a debito superiore di quella a credito starebbe vendendo a bassa intensità, tale per cui il suo fatturato, comprensivo dell’imposta, risulta relativamente basso, rispetto ai costi, comprensivi di IVA, ma a credito.
La domanda che ci poniamo qui è la seguente, dato il prezzo di un bene o servizio, quale sarà quello imponibile, ovvero al netto dell’IVA. Il problema non si pone per un’attività, vuoi perché esistono programmi informatici automatici, che compiono i calcoli al posto nostro, vuoi pure, perché si è quasi sempre coadiuvati da un commercialista o altro professionista.
In ogni caso, se si sondasse il tema, scopriremmo che la gran parte degli italiani non sarebbe in grado di scorporare con esattezza l’IVA. Molti, infatti, fanno confusione tra il procedimento di calcolo dello sconto e quello dell’ottenimento dell’imposta, dato il prezzo. Va detto che fortunatamente le distanze tra i due risultati non sono elevati, per cui se dovessimo procedere a un calcolo orientativo, otterremmo in ogni caso un esito abbastanza prossimo alla realtà, ma se ci venisse richiesto di effettuare un calcolo puntuale, dobbiamo tenere in mente una semplice formula.
Quando acquistiamo un bene o un servizio, come dicevamo il suo prezzo è comprensivo di IVA, cioè
Prezzo finale = prezzo imponibile + (prezzo imponibile x aliquota IVA). Ne consegue che prezzo finale = prezzo imponibile (1 + aliquota IVA). Abbiamo sostanzialmente messo solo in evidenza il prezzo imponibile nel lato destro dell’equazione. Andando avanti con la formula, si ha prezzo imponibile = prezzo finale / (1 + aliquota IVA).
Questa è l’unico calcolo, quindi, che dobbiamo effettuare. Facciamo un esempio pratico per derivare il prezzo scorporato di IVA e l’IVA stessa, dato il prezzo finale. Poniamo di avere acquistato un bancone frigo, pagandolo 15.000 euro, IVA inclusa. Si tratta di un bene, il cui acquisto è soggetto all’aliquota del 22%, che possiamo anche scrivere come 0,22. Dunque, il prezzo imponibile è: 15.000 / 1,22 = 12.295 euro. Ne consegue che l’IVA sarà data dalla differenza tra prezzo finale e quello imponibile, cioè a 2.705 euro.
Avete capito che si tratta di un calcolo ben diverso da quello che mentalmente siamo portati a fare. Molti, alla domanda di quale sia l’IVA al 22% di una fattura da 10.000 euro, risponderebbero 2.200 euro, ovvero moltiplicherebbero l’aliquota per il prezzo finale, che è già inclusivo dell’imposta. Come sopra spiegato, invece, essa sarebbe pari a 10.000 – (10.000 / 1,22) = 1.803,28 euro.
Gli esempi sopra riportati sono stati effettuati con l’aliquota IVA del 22%, che è quella maggiormente diffusa in Italia, ma nulla cambia con le altre aliquote, oggi del 10% e del 4%. Invece che suddividere per 1,22 il prezzo finale, bisognerà farlo per 1,10 o per 1,04.
L’unica attenzione che si richiede a chi deve scorporare l’IVA, in relazione a quanto pagato per beni e servizi acquistati per la propria attività è di tenere in debita considerazione le varie categorie di appartenenza, ovvero quali beni o servizi rientrino in quella soggetta ad aliquota del 22%, quali a quella del 10% e, infine, quali del 4%.
Lo scorporo, infatti, dovrà essere eseguito per categorie e alla fine si potranno sommare i risultati ottenuti, avendo come esito il costo complessivo dei beni, al netto dell’IVA, oltre che l’IVA maturata, a credito o a debito verso il Fisco, a seconda del caso.