Le carte di credito revolving si sono diffuse sempre di più negli ultimi anni, sia sulla scia del boom del credito al consumo dall’inizio degli anni Duemila, sia più di recente per via della crisi economica, che ha spinto molte famiglie a dovere finanziare a debito anche i consumi ordinari.
Diciamo subito che una carta revolving altro non è che una carta di credito, che ha la peculiarità di garantire al titolare il rimborso delle spese effettuate in rate mensili, senza generalmente un periodo perentorio per il rientro, ma prevedendo semplicemente un importo minimo da restituire ogni mese per saldare il debito. Man mano che il debito viene rimborsato, il capitale iniziale si ricostituisce e ridiventa disponibile per successive operazione di credito. Ad esempio, una carta revolving mi garantisce un plafond massimo di 2.500 euro e ho speso 1.000 euro. Se dei 1.000 euro spesi, ne ho già rimborsati 300 euro (al netto degli interessi), il mio credito disponibile diventa di 1.500 euro + i 300 euro già rimborsati, cioè 1.800 euro.
In sostanza, fino alla scadenza della linea di credito, la carta revolving da vita a un prestito ricostituibile con i rimborsi. Ovviamente, il rovescio della medaglia consiste nel fatto che i tassi d’interesse applicati e le commissioni sono elevatissimi, tanto che si arriva anche a un TAEG del 25%. Il punto è che spesso sfugge al titolare della carta il reale costo del suo utilizzo, che spesso è più alto delle alternative disponibili sul mercato. Molti altri accettano tali oneri, impossibilitati nell’accedere a linee di credito bancarie o delle società finanziarie.
Negli ultimi tempi, date le difficoltà di molte famiglie nell’ottenere liquidità dal settore creditizio, molti istituti e diverse finanziarie stanno rendendo disponibili sul mercato le carte revolving senza reddito dimostrabile. Sappiamo che per qualsivoglia forma di prestito, la garanzia reddituale è ritenuta fondamentale a tutela del finanziamento. In alternativa, servirebbero garanzie personali e/o reali, ossia rispettivamente la firma di un terzo garante con i requisiti di reddito e l’ipoteca iscritta su un immobile di proprietà. Pertanto, si può capire come la possibilità di ottenere il rilascio di una carta di credito revolving, senza che sia necessario esibire il reddito, sia un fatto estremamente rilevante.
Le forme sono diverse, ma la sostanza è la stessa: a fronte delle difficoltà delle famiglie di esibire una busta paga o altra fonte di reddito a garanzia del finanziamento richiesto, diversi emittenti offrono, in ogni caso, soluzioni possibili, ad esempio, per le casalinghe.
Dunque, partiamo sempre dal presupposto che nessuna banca o società finanziaria “regala” soldi. E allora, come fa, senza una busta paga, a fornire al cliente una carta revolving? Nel caso delle casalinghe, la conditio sine qua non per ottenerla consiste nell’avere nel proprio nucleo familiare un co-obbligato, che disponga di uno stipendio o altro tipo di reddito dimostrabile (da lavoro autonomo, pensione, etc.). In sostanza, può avere una carta revolving, pur non lavorando, purché il marito, il figlio, un genitore o altro familiare abbia un reddito. Affinché la carta sia erogabile, tuttavia, è altresì necessario che il finanziamento sia al di sotto di un certo importo e che gli obbligati al rimborso non abbiano una storia creditizia negativa, ossia non siano iscritti al Crif come cattivi pagatori o protestati.
Un’altra possibilità si ha, quando la banca fornisce al cliente la carta revolving, purché questi disponga presso una sua filiale di un conto corrente, che funge così da garanzia.
In generale, quindi, sono tre le vie possibili per ottenere una carta revolving senza possedere un reddito. La più comune riguarda, come sopra detto, il rilascio di una garanzia personale o la cosiddetta “fideiussione”. In pratica, un terzo soggetto garantisce per il titolare della carta e risulta co-obbligato, nel caso in cui questi non sia in grado di rispettare le scadenze di pagamento. Nel caso di una revolving, si tratta, quindi, di garantire il rientro del debito entro il tempo massimo concesso dall’emittente e il pagamento delle rate minime mensili.
Se non si può ricorrere alla fideiussione, resta sempre la strada della garanzia reale, ossia dell’iscrizione di un’ipoteca su un immobile di proprietà. Dati bassi importi generalmente praticati con le carte revolving, questa alternativa sembra poco praticabile, ma è comunque possibile, trattandosi sempre di un prestito personale. In questo caso, quindi, se non si assolve al dovere di rimborsare il debito per intero, la banca o la finanziaria che ha emesso la carta può chiedere al giudice di cedere all’asta l’immobile ipotecato, soddisfacendosi con il ricavato.
Infine, come riportato sopra, resta sempre la possibilità di garantire con l’apertura di un conto corrente presso una delle filiali della banca emittente, se non si è già clienti.
Il consiglio è di verificare sempre se il gioco vale la candela. Gli interessi passivi sul credito usufruito sono già elevati di loro, figuriamoci nei casi in cui le garanzie prestate alla banca o finanziaria siano basse.