L’investimento in terreni agricoli potrebbe rivelarsi in ogni tempo e in ogni luogo azzeccato, se non altro perché è dalla terra che proviene la fonte di ogni ricchezza e risulta essere spesso proprio la terra a essere sottovalutata anche dal mercato, che preferisce puntare sugli immobili o su alternative di tipo finanziario.
Tuttavia, i terreni agricoli si dimostrano spesso un investimento lungimirante, se effettuato con consapevolezza. A differenza di un immobile, il cui valore è generalmente più facilmente determinabile, quello di un terreno agricolo è maggiormente soggetto a variabili più complesse.
Per prima cosa, bisogna valutare quanto è esteso un terreno. Questo, per analizzare se esso sia in grado di generare un reddito e, nel caso, in quale misura. Ovviamente, perché un terreno agricolo produca reddito, deve generare frutti, che possano essere rivenduti sul mercato.
Anche in questo caso, però, bisogna fare attenzione a quali siano questi prodotti agricoli e quali costi prevedano a carico del proprietario ogni anno, così come bisognerebbe porre attenzione al loro ciclo vitale, ovvero ogni quanti anni essi necessitano di lavori di reimpianto. Per esempio, un vitigno o un frutteto ha un ciclo vitale medio di venti anni, mentre un uliveto arriva benissimo anche a cento anni. Inoltre, un uliveto potrebbe necessitare, per esempio, di minori attenzioni , rispetto a quelle di cui hanno bisogno altri beni agricoli per la loro maturazione durante l’anno. Un altro fattore determinante per il valore di mercato di un terreno agricolo è la sua vicinanza o meno a una via di transito. Più un terreno si trova in una zona remota, meno tende ad essere il suo valore di mercato, in quanto dovrebbe effettuarsi più fatica e si dovrebbero sostenere maggiori oneri per il trasporto dei beni in esso prodotti.
Dunque, analizzati i costi e le fatiche che si renderebbero necessarie per portare a maturazione tali prodotti, bisogna passare a una più generale analisi di mercato, ovvero capire se quello che il terreno produce ha uno sbocco remunerativo sul mercato agricolo locale, se è possibile sostituire le colture con altre più remunerative nel medio lungo termine, se il terreno è redditizio, nel senso, data la sua estensione, la sua produzione è sufficiente o no.
Come possiamo notare, le domande a cui rispondere sarebbero parecchie e tali da rendere a volte necessario il ricorso a un esperto, sia esso un perito o un dottore agrario. La perizia potrebbe, oltre tutto, essere opportuna, specie nel caso in cui il piano regolatore generale del Comune in cui il terreno ha sede preveda che esso possa essere fabbricabile, ossia su di esso possano essere costruiti immobili a fini residenziali o commerciali, industriali.
Tutti sanno che un terreno agricolo vale molto di meno di uno fabbricabile. Il valore di mercato di questo generalmente superiore, tanto che il comparto è soggetto spesso a spinte speculative, ossia di investitori che comprano terreni, nella speranza che essi diventino legalmente da agricoli a fabbricabili.
Ovviamente, per fare in modo che la speranza sia fondata, dovrebbe poggiare su dati solidi. Purtroppo, spesso è la connivenza con i responsabili del piano regolatore a assegnare a alcuni un vantaggio informativo, che porta ad acquistare terreni ancora solamente agricoli, stando al prg attuale, ma che presto sarebbero trasformati in aree fabbricabili, attraverso l’approvazione di un nuovo piano regolatore. Parliamo di ipotesi estreme, al di fuori della legalità. Più semplicemente, se scommettiamo nella trasparenza che un terreno possa diventare fabbricabile, magari prevedendo che la sua ubicazione appaia quale rilevante nell’ottica di uno sviluppo del territorio, possiamo investire i nostri capitali e stare certi che se la scommessa sarà da noi vinta, potremmo rivendere il terreno in futuro a prezzi molto più elevati.
Ma la speculazione non dovrebbe essere la spinta più importante per investire in un terreno agricolo. A doverci guidare dovrebbe essere maggiormente il possibile svolgimento di un’attività imprenditoriale. Negli ultimi anni vi è stato, non a caso, in Italia il boom delle aziende agrituristiche, che producono beni agricoli e che li utilizzano per la somministrazione presso attività ristorative in loco. Grazie a cospicui fondi europei erogati, molti proprietari, sprovvisti di capitali, hanno potuto mettere su un’azienda di tale tipo, generando nel tempo guadagni più che sufficienti per il sostentamento proprio e della propria famiglia, oltre che creando posti di lavoro. E’ chiaro che un’azienda agrituristica necessita di un’ubicazione in prossimità delle maggiori vie di comunicazione e uno stato del terreno compatibile con la presenza di clienti, che quotidianamente, si spera, ne affolleranno i locali.
Infine, non possiamo non citare una formula vincente, diffusasi prima all’estero, ma oggi anche in Italia, dal produttore al consumatore, nota anche come chilometro zero. In sostanza, il consumatore si reca presso il terreno agricolo e ne acquista in loco i frutti. Ciò rappresenta un vantaggio reciproco per entrambe le parti, chi vende, potrà spuntare un prezzo superiore di quello che gli sarebbe corrisposto da un intermediario della lunga filiera agroalimentare, chi compra, però, non solo paga di meno, ma può verificare che il bene che acquista sia frutto di una coltura biologica. Non si trascuri nemmeno il minore impatto ambientale, dato che l’acquisto diretto eviterebbe un trasporto di merce su gomma e a lunga distanza.
L’investimento in terreni agricoli può quindi essere molto interessante.