Investire in borsa non è un’operazione complicata, né richiede particolari titoli di studi, anche se sarebbe più opportuno possedere, quanto meno, conoscenze basilari o anche avanzate di finanza e di economia. Questo, per capire in che modo un evento o un ciclo economico possano influire sull’andamento di un titolo o se il prezzo di quest’ultimo sia sostenuto dai fondamentali o meno.
La prima cosa da fare, quando si vuole investire in borsa è scegliere la società di brokeraggio, ossia l’agente, che consente la compravendita dei titoli. Le società attive in questo campo sono numerose. Sarebbe importante scegliere quella che offre il servizio al costo più contenuto, in relazione alla nostra specificità. Ad esempio, alcune società applicano commissioni fisse per ciascuna operazione (da qualche euro a qualche decina di euro), altre garantiscono l’esenzione di un certo numero di operazioni, purché si abbiano determinate caratteristiche; altre ancora corrispondono solo in parte i dividendi staccati sui titoli acquistati. Insomma, non è possibile elencare in modo generico quale broker sia più conveniente degli altri, molto dipende dalle caratteristiche dell’investitore e dall’insieme dei servizi offerti, come quello per i clienti, l’analisi tecnica.
Una volta scelto il broker, che farà da tramite, è opportuno avere già idee chiare sui titoli da acquistare, indipendentemente dai consigli dell’agente stesso o dai suggerimenti della stampa di settore. Una caratteristica essenziale per l’investimento, anche contenuto, è la diversificazione del portafoglio, in modo da abbassare il rischio. Ciò significa che bisogna puntare il nostro denaro non solo su un titolo, perché questo comporterebbe il rischio di perdere potenzialmente anche tutto, qualora quel titolo crollasse. Per evitarlo, bisogna comprare le azioni di società diverse e appartenenti a settori produttivi diversi, nonché di diversi paesi. Ad esempio, se compro azioni di società di largo consumo (alimentari, casalinghi, etc.), il cui andamento è legato all’economia del mercato o dei mercati di sbocco, bisogna che bilanci con l’acquisto di azioni di titoli meno legati al ciclo economico, così come di altri mercati. Ad esempio, acquisterò le azioni di colossi del web e/o di società della difesa, di armi, etc.
Ora, il secondo passaggio mentale è un altro. Preso atto che devo comprare più titoli, magari una decina o una ventina, individuati i settori e i mercati, quali devo acquistare nello specifico? Il consiglio è duplice: puntare sulle “blue chips”, ossia sulle azioni delle società con una certa capitalizzazione, che hanno un peso nelle borse in cui sono quotate e che hanno alle spalle anche una certa storia solida. Per quanto spesso i loro rendimenti siano più contenuti, rispetto a titoli che rendono di più e in meno tempo, ci si imbatterà con più probabilità in titoli più sicuri, sebbene soggetti ugualmente anche ad ampie oscillazioni.
Inoltre, non dimentichiamo che le società più rinomate hanno i loro bilanci sotto i riflettori della stampa più delle altre quotate, con ciò garantendo una maggiore trasparenza e un maggiore flusso di informazioni disponibili all’investitore.
Un altro criterio per scegliere con oculatezza un titolo è valutare il p/e o “price/earning”, vale a dire il rapporto tra il prezzo del titolo e l’utile per azione della società negli ultimi 12 mesi. Esso rappresenta un metodo semplice, per quanto sempre utile, per valutare se un titolo sia o meno sopravvalutato. Ad esempio, se trovo che la società X ha maturato nell’ultimo anno un utile di 10 centesimi per azione e lo stesso prezza 3 euro, ciò implica che le azioni hanno un prezzo 30 volte superiore all’utile. A questo punto, bisogna confrontare il titolo X con quello di società direttamente concorrenti sia in Italia che all’estero, al fine di verificare se il rapporto p/e sia nello specifico più alto o più basso della media del settore. Se si trova che esso sia più alto, con molta probabilità siamo davanti a un titolo sopravvalutato, che conviene non comprare, perché soggetto a un calo in borsa. Se al contrario, siamo dinnanzi a un rapporto al di sotto della media del settore, potrebbe convenire acquistarlo, perché sarebbe un indizio che ci sarebbero margini per continuare a crescere in borsa.
Una volta acquistato un portafoglio di titoli, bisogna decidersi su quale orizzonte temporale investire. In genere, si ha la tentazione di “giocare” in borsa, ossia di rivendere il titolo alla prima occasione utile. Tuttavia, questi atteggiamenti sono più tipici degli esperti di finanza e spesso, se tenuti dal piccolo investitore, portano a perdite o anche solo alla rinuncia di maggiori guadagni futuri, a causa della vendita frettolosa, magari più frutto del panico per una giornata o un periodo di ribassi. Sarebbe più razionale guardare al medio-lungo termine e non a un’ottica di breve termine.
Il realizzo dell’investimento dipende sia dai dividendi staccati in favore dell’azionista (in realtà, poca roba per il piccolo investitore), sia dalla differenza tra il prezzo di vendita del titolo e quello di acquisto. Se ho acquistato un titolo X a 3 euro e oggi lo rivendo a 5 euro, il mio guadagno sarà dato da (5-3) = 2 euro per azione, moltiplicati il numero delle azioni comprate e rivendute.
In genere, oltre all’analisi del singolo titolo, è opportuno verificare se complessivamente la borsa stia entrando in una fase ribassista, per decidere se vendere o meno. Ricordati, infatti, che il principio fondamentale di chi investe in borsa è di comprare a basso prezzo e di vendere a prezzi alti.