Le carte di credito prepagate sono carte di pagamento, utilizzabili fino al massimo della somma caricata precedentemente. L’espressione è, a dire il vero, non corretta, in quanto la carta prepagata si differenzia sostanzialmente dalla carta di credito proprio per le modalità di addebito dei pagamenti.
Una normale carta di credito, infatti, prevede che un pagamento effettuato tramite di essa sia addebitato sul conto collegato del titolare a distanza di un certo periodo di tempo e non immediatamente, ovvero entro il quindicesimo giorno del mese successivo all’operazione. In concreto, se pago una cena al ristorante con la carta di credito per un valore di 100 euro il 20 luglio, l’addebito sul mio conto (collegato alla carta stessa) non avverrà subito, bensì entro il 15 di agosto. E’ come, appunto, se l’emittente della carta mi concedesse un credito, il quale ovviamente sarà a titolo oneroso, nel senso che prevederà l’applicazione degli interessi. Inoltre, le carte di credito consentono al titolare di usufruire anche di un massimo scoperto, ossia della possibilità di andare in rosso fino a una certa somma, sulla quale sarà applicato un interesse generalmente molto più alto di quello normalmente praticato sugli importi coperti.
La carta di credito prepagata, invece, funziona esattamente in modo opposto: accredito sulla carta una certa somma, la quale potrà essere usufruita nei limiti della stessa, senza la possibilità di andare in rosso e con addebito immediato dei pagamenti.
L’accredito può avvenire senza nemmeno avere bisogno di collegare la carta a un conto. Ciò è possibile, ad esempio, recandosi in banca e consegnando all’operatore la somma in contante da caricare, oppure sono possibili altre operazioni, come lo spostamento di denaro da un conto bancario alla carta o tramite ricarica da punti vendita affiliati.
Il funzionamento è qui più semplice, come per un bancomat o carta di debito: prima consegno il contante e successivamente, una volta attivata la carta, potrò utilizzarlo nei limiti e con addebito immediato. A differenza di una normale carta di credito, quindi, non mi saranno applicati gli interessi, perché qui non esiste alcun credito concessomi. L’unico costo a cui potrei andare incontro è quello di emissione, che generalmente varia da zero a una decina di euro, non di più.
Da un punto di vista pratico, la carta prepagata è una tessera, le cui dimensioni sono state definite secondo lo standard ISO/IEC 7810 IDO1, ovvero sono pari a 85,60 mm x 53,98 mm e con spessore pari a 0,76 mm.
Risulta essere dotata di una banda magnetica con microchip, che consente al titolare di potere effettuare le operazioni di prelievo e di pagamento, una volta inserita la carta presso una postazione ATM di una banca o di un ufficio postale o al POS di un punto vendita. Per rendere possibile l’operazione, però, è necessario digitare il codice PIN, che assicura così che il possessore della carta sia anche il titolare effettivo.
Di recente, la tecnologia touch per certe carte consente al titolare di effettuare prelievi e pagamenti senza il bisogno di inserire effettivamente la carta in alcuna macchinetta, ma semplicemente avvicinandola a questa. Per importi fino a 25 euro non è nemmeno necessario digitare il PIN.
E’ importante distinguere tra carta prepagata nominativa e al portatore. La prima prevede che il titolare sia identificato e l’uso della carta, quindi, è sempre collegato al nome di questo. Ciò avviene con la sottoscrizione di un contratto e/o con la firma sul retro della carta, che viene apposta dal richiedente al momento del ritiro e consente anche al venditore di beni e servizi di verificare se il cliente sia il titolare o meno, attraverso la firma che questi dovrà apporre sulla ricevuta emessa all’atto del pagamento con la carta.
Diversa è la situazione della carta al portatore, in quanto non è collegata ad alcun nome. Chiunque potrà utilizzarla, essendo sufficiente il possesso. Tuttavia, questo tipo di carte ha forti limiti operativi, sia per le leggi anti-riciclaggio, sia per le più recenti limitazioni all’uso del contante in Italia. Il primo limite consiste nell’importo massimo caricabile, che non potrà eccedere i 999 euro in un’unica soluzione. Superata tale somma, infatti, o si trasforma la carta in nominativa o si andrà incontro a un rifiuto. In più, il limite massimo utilizzabile nell’anno solare non potrà essere superiore ai 2.500 euro.
A differenza delle carte nominative, quelle prepagate al portatore non possono essere ricaricate. Il motivo è logico: se fosse possibile farlo, si aggirerebbe agevolmente la norma che fissa a mille euro il limite massimo di utilizzo del contante o si potrebbero anche sforare i limiti massimi previsti dalle leggi di contrasto del riciclaggio di denaro.
Per questo motivo, le carte al portatore sono anche chiamate “usa e getta”, perché una volta esaurito il credito non potranno più essere utilizzate.
Qualsiasi carta ha una certa durata, che scatta dal momento dell’attivazione (1, 2, 5 anni, etc.). Una volta raggiunta la data di scadenza, la carta viene disattivata. Nel caso in cui fosse rimasta una somma ancora disponibile su di essa, entro un certo periodo di tempo dalla data di disattivazione potrà essere generalmente ritirata, magari presentandosi presso la banca che l’ha emessa, la quale provvederà a rimborsare il cliente in contanti.