Il meccanismo del bail in è rimasto oscuro alla maggior parte dei risparmiatori sia per la scarsa chiarezza con cui è stato introdotto nel nostro sistema (a seguito di una direttiva Ue), che per l’oggettiva difficoltà che gli investitori titolari di prodotti appartenenti alle banche ‘a rischio’ incontrano nella procedura di monetizzazione (soprattutto senza andare incontro a gravi perdite). Ci si può quindi proteggere dal Bail in? Prima di rispondere cerchiamo di capire che cos’è e quindi come funziona.
Definizione
La semplice traduzione di ‘bail in’ sta ad indicare “cauzione interna”, per cui come definizione si intende quella procedura tramite la quale una banca a rischio di default risolve la crisi attingendo all’interno. Nel particolare ciò avviene andando a prelevare la liquidità di cui ha bisogno rivalendosi su azioni ed obbligazioni ed in via successiva anche sui conti. . Quindi in sostanza viene richiesto un sacrificio ai propri clienti, che abbiano liquidità in misura eccedente la quota che viene garantita dal FITD, rispettando le stesse regole previste per il conto cointestato, e la tipologia di rapporti bancari tutelati o meno. Ad esempio un conto corrente cointestato fino a 200 mila euro viene “risparmiato” dalla procedura di attuazione del bail in, mentre tutti gli eventuali esuberi vengono colpiti.
Quali conseguenze?
Al di là del significato in senso stretto, diventa ancora più importante per un risparmiatore, da una parte diversificare gli investimenti, sfruttando al massimo la soglia di copertura del FITD (che è rimasta di 100 mila euro), e dall’altra essere molto cauto rivolgendosi, a monte, alle banche che non presentano margini di rischio nell’immediato futuro almeno.
Per fare questo non è sufficiente dare per scontato che una banca di grandi dimensioni (come Bnl ad esempio, o anche le Poste Italiane soprattutto in virtù della sua partecipazione statale), non comporti il rischio di andare incontro a delle problematiche. Così come avviene per le banche di piccole e medie dimensioni infatti, ci si deve tenere comunque informati, sfruttando gli indicatori che devono essere periodicamente resi noti (come ad esempio il Cet1).
Conclusioni
Il rischio di un prelievo forzoso ‘generalizzato’, dopo quanto successo a Cipro (e le relative decisioni della Ue) è diventata una possibilità concreta. Sta quindi ad ogni risparmiatore, visti i vincoli imposti dalla comunità europea, muoversi per tempo così da tutelarsi il più possibile, prediligendo, nel dubbio, fondi comuni, conti deposito e prodotti anche azionari diversificati.