Gli interessi debitori sono materia scottante da molti anni in Italia. Sono anni che si susseguono sentenze fino in Cassazione, che sostanzialmente vietano alle banche di continuare a praticare l’anatocismo, quell’operazione che consiste nel calcolare gli interessi sugli interessi attivi, per gli istituti di credito, ovvero di capitalizzare gli interessi.
Secondo la giurisprudenza, gli interessi vanno computati con la stessa periodicità sia quando sono all’attivo che al passivo delle banche. In passato, era abitudine capitalizzare gli interessi bancari al termine di ogni trimestre, mentre con riferimento agli interessi erogati alla clientela si procedeva a una capitalizzazione annuale. Le banche si erano difese a lungo, sostenendo che si trattasse di un uso consolidato a partire dall’Ottocento sul mercato del credito italiano.
In ogni caso, l’art.120 del Testo Unico Bancario è stato modificato dal decreto legge 18/2016, art.17-bis. Il nuovo testo prevede tra l’altro che nei rapporti di conto corrente o di conto di pagamento sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori, comunque non inferiore ad un anno. Gli interessi sono conteggiati il 31 dicembre di ogni anno e, in ogni caso, al termine del rapporto per cui sono dovuti. Inoltre, gli interessi debitori maturati, compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora, e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale.
Con il riordino della disciplina, apparentemente l’anatocismo bancario è vietato, per cui il legislatore si sarebbe adeguato alla giurisprudenza. Come stiamo per vedere, però, esso sembra uscire dalla porta per rientrare dalla finestra con l’espediente dell’autorizzazione alla banca da parte del titolare di un conto all’addebito degli interessi debitori. Chiariamo il concetto.
Con l’invio dell’estratto conto al terzo trimestre del 2016, le banche hanno sollecitato i clienti titolare di un conto acceso presso le loro filiali di comunicare se accettare o meno l’addebito in conto degli interessi passivi. Il decreto, infatti, separa gli interessi dal capitale e stabilisce, in generale, il divieto di applicare gli interessi sugli interessi. Dunque, non sarebbe più possibile per una banca operare con periodicità diversa nel calcolo degli interessi, a seconda che siano loro favorevoli o sfavorevoli. Essi sono dovuti al 31 dicembre di ogni anno o al termine del rapporto con il cliente.
Gli interessi attivi per le banche devono essere conteggiati in maniera separata rispetto al capitale, ma il titolare di un conto corrente può autorizzarne l’addebito sul conto quando diventano esigibili. In questo caso, essi diventano capitale a tutti gli effetti e su di loro vengono maturati, quindi, gli interessi. Stiamo affermando, quindi, che il cliente autorizza di fatto proprio l’anatocismo.
Relativamente alle aperture di credito in conto corrente e in conto di pagamento, il cliente può pattuire con la banca, anche preventivamente, l’addebito degli interessi sul conto nel momento in cui questi diventano esigibili, ovvero decorsi 60 giorni dalla chiusura dell’anno, per cui a partire da marzo o alla data di chiusura del rapporto.
Questo significa che il cliente autorizza di fatto la banca a calcolare gli interessi sugli interessi addebitati, in quanto i primi, una volta che vengono trasformati in un importo negativo come voce del conto, ne incrementano, per esempio, il saldo in rosso e producono a loro volta gli interessi. Pertanto, se un correntista titolare di un fido ha un conto corrente con saldo negativo, sarebbe opportuno che non autorizzasse la banca all’addebito degli interessi. Se lo ha fatto, potrà in qualsiasi momento revocare tale autorizzazione, magari concessa quando la propria condizione finanziaria era diversa e più solida.
Vediamo come fa la banca ad applicare gli interessi passivi, se il cliente non le autorizza l’addebito automatico. Essa potrebbe compensarli legalmente con i saldi attivi che lo stesso cliente possiede in altri conti. Non può farlo, però, se il cliente possiede solo conti in rosso, altrimenti gli interessi applicati si tramuterebbero in capitale e amplierebbero il saldo negativo su cui si producono nuovi interessi.
Riassumendo, si possono avere le seguenti situazioni. La prima è quella in cui il cliente paga gli interessi debitori alla banca, la quale continuerà a computarli solamente sul capitale del conto. La seconda è quella in cui il cliente autorizza l’addebito automatico degli interessi debitori, con la conseguenza che questi si traducono in capitale e, quindi, producono a loro volta interessi. La terza è quella in cui il cliente non paga gli interessi e non autorizza la banca ad addebitarli sul conto. In questa situazione la banca avrà titolo per comminare al cliente interessi di mora.
La conseguenza è che il cliente dovrà necessariamente provvedere a pagare gli interessi maturati entro marzo, altrimenti sarà oggetto di interessi di mora o di anatocismo. Resta sempre possibile per la banca adire azioni legali nei suoi confronti per riscuotere gli interessi dovuti. Infine, visto che il T.U.B. stabilisce che l’estratto conto si intende approvato decorsi 60 giorni dalla fine dell’anno senza che vi siano state contestazioni da parte del cliente, per fare in modo che gli interessi debitori siano nelle condizioni di produrre interessi a loro volta, ovvero di essere computati come capitale, risulta necessario che trascorra almeno il periodo minimo indicato dalla normativa.