Ci capita spesso, specie in relazione all’acquisto di un immobile, di pagare in anticipo al venditore una certa somma di denaro, ma di non sapere se effettivamente lo abbiamo fatto a titolo di acconto o di caparra. Risulta essere importante, invece, farsi un’idea chiara della differenza tra i due concetti, che nel linguaggio comune sono spesso indicati alternativamente come sinonimi, mentre non è così da un punto di vista formale, perché a seconda che si tratti dell’uno o dell’altro caso, gli effetti sul piano legale possono essere ben diversi. Vediamone la differenza.
L’acconto è una somma anticipata sul prezzo totale dovuto, che segnala l’intenzione del compratore di provvedere all’acquisto del bene o del servizio. Nel caso in cui una delle due parti ritenga di avere subito un danno, quale che ne sia l’origine, essa non avrà il diritto di trattenere tale anticipo, se il contratto non sarà successivamente concluso. La somma dovrà essere restituita, quindi, all’acquirente. Se il venditore riterrà di avere subito un danno, dovrà esperire un’azione risarcitoria contro l’altra parte, ma non potrà trattenere l’acconto.
Facciamo un esempio, mi reco presso un negozio per acquistare un abito elegante, che non trovo disponibile. Il rivenditore mi segnala la disponibilità a ritirarlo per me, ma chiede di consegnargli un acconto, in modo da avere conferma della mia volontà di acquistare realmente l’abito, il cui prezzo finale sarà pari a 700 euro. Ipotizziamo che accetto e che verso al negoziante 100 euro come acconto.
A questo punto, si hanno tre possibilità. La prima è che l’abito arrivi e che io accetti, versando al venditore il saldo, ossia i 600 euro rimanenti, tenuto conto dei 100 euro già anticipati a titolo di acconto. Il contratto si perfeziona e nessuno ha qualcosa da ridere.
Secondo caso, l’abito mi arriva, ma cambio idea, perché è stata annullata la cerimonia, alla quale avrei voluto indossarlo. Il negoziante sarà costretto a restituirmi i 100 euro e ovviamente l’abito resterà in negozio. Se ritiene, però, di avere subito un danno, a causa del mio atteggiamento, l’abito in questione, stesse misure e modello, era l’unico pezzo disponibile in sartoria e un altro cliente non ha potuto acquistarlo, in quanto già da me prenotato, egli potrà tentare un’azione di risarcimento nei miei confronti. Risulta essere evidente che sarebbero in pochi, dato il valore relativamente basso del contratto, a aprire una causa in situazioni del genere, ma se si pensa a casi più importanti, economicamente parlando, come l’acquisto di un immobile, le probabilità di trovarsi chiamati a risarcire un danno sono elevate.
Terza ipotesi, l’abito arriva, ma è di modello diverso da quello da me richiesto, oppure presenta misure errate. Il contratto non si conclude, ma la responsabilità non è mia, bensì del negoziante che ha fornito alla sartoria le indicazioni sbagliate, oppure della sartoria stessa, che ha sbagliato la consegna. L’acconto dei 100 euro dovrà essermi restituito senza dubbio.
Anche la caparra confirmatoria funge da anticipo del prezzo di un bene o servizio che sarà successivamente acquistato e segnala l’intenzione del potenziale acquirente di concludere il contratto. Tuttavia, il codice civile stabilisce che nel caso in cui la vendita non si realizzi, a causa dell’acquirente, il venditore avrà il diritto di trattenere la somma incassata a titolo di risarcimento, senza il bisogno di dimostrare di avere subito un danno. Se, invece, la vendita non avviene a causa del venditore stesso, l’acquirente mancato avrà il diritto di chiedergli in doppio della somma che gli aveva anticipato. In altri termini, a differenza dell’acconto, che è un semplice anticipo di una somma, la caparra confirmatoria ha la finalità di disincentivare comportamenti scorretti delle parti negoziali.
Esempio, Tizio vuole acquistare da Caio un appartamento al prezzo di vendita di 150.000 euro. A titolo di caparra, gli versa un anticipo di 30.000 euro. Ipotizziamo che il contratto non si concluda, perché dopo qualche settimana, Tizio cambia idea e preferisce acquistare una casa singola in periferia, in una zona più tranquilla. A quel punto, Caio ha il diritto di tenersi i 30.000 euro, perché il contratto non è stato concluso a causa della controparte.
Ipotizziamo, invece, che sia Caio a non dare seguito alla conclusione del contratto, perché, ad esempio, ha trovato un altro acquirente, che si mostra disponibile a pagargli quell’appartamento non 150.000 come Caio, ma 230.000 euro. A quel punto, Tizio potrà chiedere a Caio non solo i 30.000 euro versati come acconto, ma il doppio della cifra, ovvero 60.000 euro. Nonostante ciò, Caio trova ancora conveniente non concludere il contratto con Tizio, perché i 60.000 euro che dovrà restituire a quest’ultimo sono meno del maggiore prezzo che gli sarà versato dall’altro acquirente. Al netto, ci guadagnerà 20.000 euro.
In ogni caso, il venditore dovrà restituire, se richiesto, il doppio della caparra, anche se ciò dovesse tradursi per lui in una perdita secca.
Attenzione, in assenza di specificazione, la somma anticipata al venditore è considerata a titolo di acconto.