L’accertamento con adesione è un istituto giuridico, che consente al contribuente di evitare un contenzioso con l’Agenzia delle Entrate, sostanzialmente accettandone le conclusioni degli uffici territorialmente competenti. Il fine di questo strumento è di deflazionare il livello di litigiosità tra i contribuenti e l’amministrazione finanziaria con vantaggi evidenti reciproci. I primi eviteranno le spese processuali, se soccombenti, e potranno pagare le minori sanzioni previste. Il Fisco, dal canto suo, potrà ottenere quanto gli spetta sin da subito, anche se dovrà accontentarsi di sanzioni possibilmente più basse di quelle edittali o irrogate.
Ma non è l’unico vantaggio per il contribuente. Pensiamo a una società, colpita da un avviso di accertamento. Essa rimarrebbe esposta per tutta la durata del contenzioso tributario all’aleatorietà dell’esito del processo, per cui dovrebbe magari iscrivere a bilancio una posta passiva, che andrebbe a ridurre il patrimonio netto. Non dissimili sarebbero le conseguenze per le persone fisiche, che per mesi o anni non saprebbero se usciranno vincitori o soccombenti dal contenzioso e per quale somma. In sostanza, sarebbero in balia di un esito indecifrabile, dell’incertezza.
Per questo, successivamente a un avviso di accertamento, a una verifica ispettiva o dopo un processo verbale di constatazione, il contribuente potrà richiedere di avvalersi dell’accertamento con adesione, accessibile a tutte le persone fisiche, società di persone e soggetti assimilati o società di capitali, nonché sostituti d’imposta.
Le imposte per le quali si può richiedere l’accertamento con adesione sono un po’ tutte, vale a dire l’Irpef, l’Ires, l’Irap, l’IVA, l’imposta di registro, di successione e di donazione, quella ipotecaria, catastali, quelle sostitutive, l’IMU, la Tasi e le altre. Lo stesso dicasi per i contributi previdenziali.
In genere, quando si è invitati a comparire presso l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate, il contribuente ha davanti a sé 3 alternative: aderire alle indicazioni dell’ufficio, accettando del tutto le sue conclusioni, incluse le conseguenze del caso; chiedere un incontro, durante il quale fornirete una vostra memoria difensiva e informazioni aggiuntive, al fine di alleggerire la vostra posizione, magari avvalendosi in precedenza del consulto di un commercialista o altro professionista e avendo cura di non irritare il funzionario dell’Agenzia, il quale non è formalmente tenuto a modificare le sue osservazioni e conclusioni; ignorare l’invito e non presentarsi all’appuntamento. Quest’ultima scelta è nelle facoltà del contribuente, ma non è mai consigliata, perché oltre a indisporre il Fisco, non fornisce una buona immagine nemmeno al giudice tributario, nel caso di un contenzioso, suggerendo un disinteressamento dell’interessato.
Il contribuente potrebbe di sua spontanea volontà presentare la domanda di accertamento con adesione, mediante la spedizione di una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente, entro 60 giorni dalla notifica. L’invio della richiesta sospende i termini dei 90 giorni, entro cui fare ricorso, indipendentemente dall’esito del contraddittorio con il funzionario del Fisco.
Attenzione, però, a fornire controdeduzioni rilevanti, convincenti, altrimenti, nel caso di un contenzioso, il giudice potrebbe interpretare l’atteggiamento del contribuente semplicemente quale tecnica dilatoria per ritardare i termini per il ricorso, un modo per guadagnare tempo.
Una volta che l’ufficio ha accettato la richiesta di accertamento con adesione, il contribuente è tenuto al pagamento entro i successivi 20 giorni, anche se è possibile chiedere e ottenere la rateizzazione del dbeito dovuto in 8 pagamenti trimestrali di importo uguale. Se la somma eccede i 51.645,69 euro, si può rateizzare in 12 rate trimestrali, anche se dalla seconda rata in poi (inclusa), il Fisco applicherà un tasso di interesse legale, che a partire dall’1 gennaio 2015 è stato fissato allo 0,5%, mentre nei due anni precedenti era stato pari all’1%.
Cosa succede, se il contribuente avrà ottenuto l’accertamento con adesione, ma non avrà pagato entro i termini previsti? Se non è stato effettuato nemmeno il primo versamento, l’accertamento decade e si tornerà in contenzioso. Se, invece, il mancato pagamento riguarda le rate successive alla prima, il contribuente sarà sanzionato per una percentuale del 60% dell’importo dovuto, anche se in questi casi si può ugualmente cercare di alleggerire il peso del debito fiscale, avvalendosi del ravvedimento operoso, un istituto giuridico, che gli consente di abbattere notevolmente la sanzione, se il pagamento avviene quanto più presto possibile.
Con l’accertamento con adesione, le sanzioni saranno ridotte fino a un terzo di quelle altrimenti applicate. Già questo dovrebbe spingere il contribuente a richiedere questo istituto. Inoltre, se egli ha subito un accertamento per diverse imposte, l’adesione può essere richiesta anche solo su una di queste.
Tuttavia, bisogna anche fare attenzione a pensare che l’accertamento con adesione comporti sempre e solo benefici per il contribuente. In primis, se si ritiene di avere certamente ragione, che le deduzioni dell’Agenzia delle Entrate siano del tutto infondate o basate su errori, allora potrebbe convenire andare in contenzioso. Si perderà parecchio tempo, data la mole dei processi da smaltire in Italia, ma se ne uscirete vincitori, non dovrete pagare alcunché al Fisco, com’è ovvio.
Altro aspetto: l’accertamento con adesione relativamente a un’imposta potrebbe fare scattare ulteriori controlli da parte del Fisco, perché esso equivale ad ammettere di avere avuto torto. Pensiamo a un’imposta di registro per la vendita di un immobile. Una volta chiesto e ottenuto l’accertamento con adesione, l’Agenzia delle Entrate potrebbe scavare anche sull’Irpef o l’Ires.