In questa guida spieghiamo come aprire un Srl semplificata e quali sono le caratteristiche principali. Nel 2012, il decreto liberalizzazioni del governo Monti diede vita alla cosiddetta Società a responsabilità limitata semplificata o srls, vale a dire a una forma di impresa giuridica più semplice rispetto all’ordinaria, con l’intento di spingere la popolazione più giovane all’attività imprenditoriale, eliminando l’eccesso di burocrazia e di formalità, che in molti casi impedisce alla radice che sorga una nuova impresa.
Nel disegno originale della norma, che modificava il codice civile al libro quinto, capo settimo, laddove regola le società, si prevedeva la possibilità di creare una srls con capitale sociale minimo di un euro e massimo di 10.000 euro.La costituzione poteva avvenire a opera di soci dall’età inferiore ai 35 anni.
Il conferimento, stando anche alle modifiche legislative successive, deve avvenire esclusivamente in denaro, a differenza di quanto avviene con una srl ordinaria, che consente un conferimento di altra natura (immobili, in natura, beni, etc.), purché il 25% del denaro sia conferito agli amministratori. In questo caso, invece, il denaro può evitare il passaggio dalla banca e può essere interamente versato agli amministratori della società, anche perché il capitale minimo previsto è così basso che si potrebbero verificare, in teoria, casi di depositi bancari di un euro, il ché sarebbe ridicolo.
La costituzione avviene attraverso l’adozione di un atto costitutivo standard e semplificato, come da decreto 138 del 2012, in modo da evitare il più possibile un dispendio di energie e di risorse da dedicare alla redazione dell’atto. Altro aspetto particolarmente interessante riguarda i costi, perché sia l’atto istitutivo, sia l’iscrizione al registro delle imprese sono gratuiti, quindi, non sono dovute le spese notarili, i diritti di bollo e di segreteria. L’iscrizione avviene mediante la procedura telematica SCIA o le altre rese disponibili dall’Agenzia delle Entrate o dalle leggi fiscali. Infine, ai soci è assegnato il diritto di recesso entro i 15 giorni dalla costituzione della società.
Abbiamo detto che la normativa originale prevedeva la fissazione di un limite di età di 35 anni per i soci. La conseguenza di tale limitazione faceva sì che al raggiungimento dei 35 anni, i soci avrebbero dovuto o cedere le quote ad altri soci di età inferiore ai 35 anni o trasformare la srls in una srl ordinaria, adeguandola sul piano del capitale sociale minimo e dello statuto o ancora liquidarla.
Per questo, l’art.9, commi 13-15 ter del D.L. n.76/2013, ha pensato bene di eliminare il limite dei 35 anni per i soci fondatori e il divieto di cessione ai soci ultra trentacinquenni, nonché la precedente sanzione della nullità per i casi di cessione in trasgressione del divieto.
Anche prima del Decreto Legge 76/2013, va detto, il divieto poteva essere aggirato con la trasformazione della srls in srl a capitale ridotto, che in sostanza altro non era che una società a responsabilità limitata con procedure snellite e requisiti inferiori di quelli previsti per una srl ordinaria, ma accessibile ai soci di età superiore a 35 anni.
Per questo, data la confusione che si era generata con la proliferazione di forme societarie dalle differenze poco chiare, il D.L. 83/2015 ha eliminato le srl a capitale ridotto, che vengono convertite automaticamente in srl semplificate.
Nella denominazione sociale deve comparire la dicitura srls, in quanto è necessario pubblicizzare a terzi le minori garanzie verso le quali potrebbero incorrere.
A questo punto, essendo trascorsi 3 anni dall’introduzione di una novità così dirompente, che avrebbe dovuto agevolare la nascita di piccole imprese tra i giovani, possiamo fare un primissimo bilancio, che appare tutt’altro che positivo. Le srls in Italia sono pochissime, per quanto il legislatore abbia effettivamente cercato di agevolare l’avvicinamento dei più giovani al mondo dell’imprenditoria.
Due i limiti maggiori. Da un lato, vero è che la lagge prevede un credito bancario agevolato per queste società, ma il carico fiscale rimane uguale a quello delle srl ordinarie, con la conseguenza che non viene meno uno dei maggiori disincentivi a fare impresa in Italia: le tasse.
Un altro aspetto non secondario è quello dei requisiti minimi previsti per il capitale sociale. La legge garantisce la possibilità di fare impresa anche con un euro, ma la domanda è: chi vorrà mai avere a che fare con una srl senza capitali? I fornitori non potrebbero rivalersi sul patrimonio aziendale, perché nella fase inziale è semplicemente inesistente o bassissimo (massimo di 10.000 euro); le banche non presterebbero mai denaro senza solide garanzie. E’ già difficilissimo, specie in questi tempi di crisi, per le imprese robuste e ben capitalizzate accedere al credito, figuriamoci per un imprenditore che si presentasse allo sportello a chiedere un prestito con un euro di capitale.
Per questo, possiamo affermare che l’intento della normativa e delle successive modifiche sia stato più che meritevole, ma l’obiettivo non pare sia stato centrato. Più che a istituire nuove forme societarie sarebbe servito forse snellire le procedure e le incombenze fiscali e burocratiche di tutte le imprese, srl ordinarie incluse.