Con la Riforma Fornero del 2012 sono state apportate alcune modifiche legislative in tema di impugnazione del licenziamento. Se si ritiene di essere stati licenziati ingiustamente, si può richiedere il reintegro nel posto di lavoro e il risarcimento del danno. Per prima cosa, infatti, il datore di lavoro, quando comunica il licenziamento al dipendente, è tenuto per legge a motivare tale atto, in modo da mettere la controparte nelle condizioni di fare valere le sue ragioni. Il lavoratore ha tempo, infatti, 60 giorni dalla data di ricevimento della comunicazione del licenziamento per inviare a sua volta una lettera al datore di lavoro con la quale si contesta l’atto e la sua legittimità.
Mettiamo a disposizione questo modello di lettera di impugnazione licenziamento che può essere utilizzato come esempio.
Attenzione a rispettare tale scadenza, perché altrimenti non potrà essere esperita la fase giudiziale, fermo restando che nel caso di licenziamento illegittimo si ha tempo fino a 5 anni per impugnare e per ottenere il risarcimento del danno. Inoltre, si badi che la lettera potrà anche essere scritta da un legale, ma l’importante è che risulti firmata dal lavoratore.
Una volta inviata la lettera di impugnazione al datore di lavoro bisogna presentare ricorso al Tribunale del luogo in cui si è svolta l’attività lavorativa entro 180 giorni dalla data di impugnazione stragiudiziale. In sostanza, tenendo presente che questa può avvenire entro 60 giorni dalla comunicazione del licenziamento, il lavoratore ha tempo 240 giorni dalla data in cui gli viene comunicato il licenziamento per fare ricorso al giudice. Sembra un lasso di tempo abbastanza congruo per organizzare la propria difesa, anche avvalendosi di un legale, fatto consigliato, vista la complessità di un iter processuale. Prima della riforma, il lavoratore aveva tempo fino a 270 giorni dalla data di impugnazione del licenziamento con l’invio della lettera al datore di lavoro per fare ricorso al giudice.
Le nuove previsioni decorrono a partire dal 18 luglio del 2012, data in cui è entrata in vigore la legge Fornero. L’azione si effettua depositando al giudice un atto o ricorso. Il giudice fissa un’udienza entro i successivi 40 giorni con un decreto che va notificato al datore di lavoro entro 25 giorni dalla data dell’udienza. Quest’ultimo dovrà costituirsi entro 5 giorni prima della stessa.
Alla prima udienza, il giudice sente le parti e omette tutte le formalità non rilevanti ai fini processuali; acquisisce le prove, sulla base di quanto gli viene fornito dalle parti, o se disposte d’ufficio. Infine, respinge o accoglie il ricorso del lavoratore. La sua decisione diventa immediatamente esecutiva e non può essere sospesa o revocata.
A questo punto, la parte soccombente può fare opposizione all’ordinanza emessa entro 30 giorni dalla data di notifica o della comunicazione, se avvenuta prima della notifica, dando inizio alla seconda fase del giudizio.
L’opposizione si effettua depositando un ricorso davanti al giudice che ha emesso l’ordinanza, ma l’atto non può contenere domande diverse da quelle già formulate durante il primo giudizio. Il giudice fisserà l’udienza di comparizione delle parti entro i successivi 60 giorni. Il ricorso deve essere notificato alla controparte almeno 30 giorni prima dell’udienza e quest’ultima dovrà costituirsi almeno 10 giorni prima.
Infine, il giudice pronuncia la seconda sentenza, che sarà depositata in cancelleria entro i 10 giorni dall’udienza di discussione.
In realtà, esiste anche una terza fase, quella del reclamo davanti alla Corte d’Appello. Esso va presentato entro 30 giorni dalla comunicazione o dalla notifica della decisione del giudice. Non possono essere esibiti nuovi mezzi di prova, come nuovi testimoni o documenti, ad eccezione di quelli che il giudice ritiene essenziali ai fini della sentenza o che la parte dimostri di non avere potuto esibire nelle due fasi di giudizio precedenti. L’udienza è fissata entro 60 giorni dalla presentazione del ricorso. Alla prima udienza, la Corte d’Appello può anche sospendere l’efficacia della sentenza precedente, se sussistono a suo avviso gravi motivi. A conclusione della fase istruttoria, respinge o accoglie il ricorso, depositando in cancelleria la sentenza entro i 10 giorni successivi.
Vediamo adesso qualche formalità di cui tenere conto in un caso di licenziamento. Anzitutto, questo deve essere comunicato in forma scritta, attraverso una lettera inviata al domicilio del lavoratore, pena la nullità.
Un altro caso di nullità si ha quando al lavoratore viene consegnata la lettera di licenziamento in azienda stessa, a mano, oppure quando viene convocato dall’ufficio del personale, in cui gli viene comunicato il licenziamento e gli viene sottoposta la lettera da firmare. Quand’anche il lavoratore abbia firmato la lettera, con cui nei fatti garantisce l’avvenuta accettazione della comunicazione, tale forma non rileva ai fini legali, per cui il licenziamento è da considerarsi ancora nullo.
Una volta comunicato il licenziamento, le parti hanno sette giorni di tempo per dare inizio a un tentativo di conciliazione, che potrebbe durare sino a 20 giorni. La conciliazione potrebbe avvenire anche tramite più incontri e mira a raggiungere un compromesso: da un lato il licenziamento, dall’altro un indennizzo economico al lavoratore, in modo da evitare un’eventuale impugnazione.
Il termine dei 20 giorni può essere prorogato di altri 15 giorni, nei casi in cui vi fossero motivi oggettivi che impediscano la presenza del datore di lavoro o del lavoratore per effettuare la conciliazione.