I fondi comuni di investimento sono strumenti, istituiti da società di gestione del risparmio, che permettono anche al piccolo risparmiatore di usufruire delle più disparate opportunità di investimento, al pari di un grande investitore.
Essi raccolgono il denaro affidato loro dai vari risparmiatori e lo gestiscono come fosse un unico patrimonio. Il risparmiatore potrà seguire l’andamento del suo investimento, controllando quotidianamente il valore della quota. Se esso è superiore a quello di sottoscrizione, si sta realizzando un guadagno, altrimenti si sta incorrendo in una perdita. Il perché bisognerebbe affidarsi a un fondo, anziché investire i propri risparmi direttamente è frutto di numerose considerazioni, grazie alla raccolta di ingenti investimenti, questi strumenti sono in grado di far convogliare grosse masse di denaro laddove ritengono più opportuno, spesso imprimendo essi stessi una direzione al mercato. Sono gestiti da professionisti, che seguono tutto il giorno le contrattazioni e analizzano con dovizia tutti i dati economici e finanziari di rilevo per l’investimento. Essendo grossi gestori, scontano prezzi più bassi per gli investimenti. Infine, possono diversificare gli investimenti tra numerosi titoli, minimizzando il rischio, cosa che non potrebbe fare il piccolo risparmiatore.
La domanda che ci si pone maggiormente al momento della scelta del fondo è il criterio con cui puntare su uno, invece che su un altro. Presupposto che non è forse mai possibile scegliere il migliore fondo in assoluto, ci sono, però, alcuni accorgimenti che andrebbero presi. Il primo è chiedersi quale sia il proprio profilo di rischio. In sostanza, quanto voglio rischiare.
Più si è inclini al rischio, maggiore dovrebbe essere la predisposizione a puntare sui fondi azionari, ossia su quelli che investono per lo più nelle azioni. Questi sono titoli potenzialmente rischiosi e volatili, ma anche più redditizi, rispetto al mercato a reddito fisso. I più avversi al rischio, invece, punteranno sui fondi obbligazionari, il cui rendimento nel tempo potrebbe risultare meno entusiasmante, ma che presentano rischi contenuti. Una via di mezzo è rappresentata dai fondi bilanciati, che investono in maniera piuttosto equa tra azioni e obbligazioni. Ne risulta un rischio non bassissimo, ma nemmeno alto e un rendimento mediamente accettabile. Infine, i fondi liquidità puntano essenzialmente su titoli a breve termine, prontamente liquidi. In questo caso, l’investimento è prettamente speculativo e potrebbe implicare qualche rischio in più della media.
Discorso a parte per i fondi flessibili, il cui profilo di rischio non è prontamente valutabile, in quanto questi strumenti mutano politica di investimento a seconda delle esigenze e delle condizioni del mercato. Potrebbero lanciarsi sul mercato azionario, se esso risulta in ascesa, salvo repentinamente convogliare l’investimento altrove, se la situazione lo richiede.
Fatta questa premessa, la condizione preliminare per scegliere un fondo piuttosto di un altro è quella di leggere il prospetto informativo, dal quale risulteranno i risultati storici del fondo medesimo. Risulta essere importante non sopravvalutarli, perché le condizioni del mercato possono essere molto mutevoli, per cui un fondo molto redditizio negli anni precedenti potrebbe mostrare in futuro una performance meno brillante della media.
Tuttavia, è importante scegliere solo i fondi più solidi e noti sul mercato per la loro affidabilità e trasparenza.
Un altro criterio non meno importante è quello dei costi. Bisogna verificare se sono previste spese di sottoscrizione, costi di uscita, commissioni varie. Diversi fondi prevedono una commissione sulla prestazioni, vale a dire che se viene superato un rendimento obiettivo o quello medio del mercato, il gestore applicherà ai maggiori guadagni una commissione a titolo di premio. Se da un lato ciò potrebbe essere avvertito quale costo, dall’altro esso rappresenta un incentivo perché il fondo faccia bene. Non dovremmo, pertanto, escludere a priori un fondo perché riteniamo tale commissione un costo addizionale, rispetto a quelli presentati dai concorrenti.
Altra domanda da porsi prima di entrare sul mercato è quella relativa all’orizzonte temporale. Ciò, non solo ai fini della scelta del tipo di fondo più adatto alle proprie esigenze, se il mio orizzonte temporale di investimento è lungo non scelgo un fondo liquidità, più adatto a chi intende uscire anche dopo pochi mesi, ma anche per assegnare la giusta importanza alla volatilità dell’uno e dell’altro fondo.
Esempio, se un fondo ha reso mediamente il 5% all’anno negli ultimi 10 anni, ma durante l’anno vede picchi negativi del 10% e picchi positivi del +15%, è evidente che stiamo parlando di un fondo abbastanza volatile. Se il nostro orizzonte temporale è corto, ad esempio, di pochi mesi, la volatilità non è un fattore positivo, perché potremmo assistere a cali sostenuti in poche settimane o pochi mesi, proprio mentre vorremmo liquidare la quota, operazione che potremmo essere costretti a rinviare, se non vogliamo subire una perdita.
Al contrario, se abbiamo un orizzonte temporale lungo, la volatilità infrannuale del rendimento di un fondo non è così determinante ai fini della nostra scelta. Chi ha un profilo di rischio basso, inoltre, dovrebbe preferire fondi con volatilità storica relativamente bassa.