La dichiarazione sullo stato legittimo è l’asseverazione tecnica con cui si dimostra qual è, alla data della verifica, la “fotografia giuridico-edilizia” di un immobile o di una singola unità: non è un certificato rilasciato dall’amministrazione, ma una ricostruzione fondata sui titoli edilizi e sulla normativa vigente, utilizzata nei procedimenti edilizi e sempre più spesso nelle compravendite. Il riferimento normativo è l’articolo 9-bis del Testo Unico Edilizia, che dal 2024 è stato profondamente rivisto.
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Dichiarazione Stato Legittimo Immobile
Oggi lo stato legittimo si prova con il titolo che ha previsto o legittimato la costruzione oppure, in via alternativa, con l’ultimo titolo rilasciato o formato che ha interessato l’intero immobile o l’intera unità, a condizione che quel procedimento abbia comportato una verifica espressa della legittimità dei titoli pregressi; restano integrativi gli eventuali titoli successivi su parti parziali. Questa riforma ha sostituito il precedente criterio cumulativo con uno alternativo e ha chiarito che l’“ultimo titolo” vale solo se l’amministrazione ha compiuto un controllo esplicito sui precedenti.
La legge ha inoltre previsto che, ai fini della dimostrazione, concorrono il pagamento di specifiche sanzioni legate a procedimenti repressivi o di sanatoria e la dichiarazione sulle tolleranze costruttive, così da evitare che micro-scostamenti o definizioni già “fiscalizzate” impediscano la formazione di un quadro legittimo; per questo l’articolo 9-bis richiama espressamente gli articoli 33, 34, 37 e 38 del Testo Unico e rimanda all’articolo 34-bis sulle tolleranze, che il tecnico abilitato è tenuto a dichiarare sia nella modulistica edilizia sia, con apposita asseverazione, negli atti di trasferimento o costituzione di diritti reali. In parallelo il “Salva Casa” ha ampliato e graduato le tolleranze geometriche, rendendo chiaro che, entro limiti tipizzati, lo scostamento non integra abuso e può essere dichiarato a supporto dell’attestazione di stato legittimo.
Per gli immobili realizzati in epoche in cui non era richiesto alcun titolo edilizio, la legge consente di desumere lo stato legittimo da fonti alternative come le planimetrie catastali di primo impianto, documentazione d’archivio, aerofotogrammetrie e altri atti di provenienza certa; è stata introdotta anche una regola di buon senso sulla “mancanza della copia”, che ammette la prova quando esiste un principio di prova dell’antico titolo ma non se ne reperiscono gli estremi o il documento materiale. Questa apertura riduce i vuoti documentali negli immobili datati e rende possibile un’attestazione coerente senza forzare una sanatoria inutile.
Un’ulteriore precisazione riguarda i rapporti tra parti comuni e singole unità: ai fini della dimostrazione dello stato legittimo di una unità non rilevano le difformità presenti sulle parti comuni e, specularmente, per lo stato legittimo dell’intero edificio non contano le difformità interne alle singole unità. È una regola che evita paralisi istruttorie per piccole irregolarità non imputabili all’interessato e consente di concludere pratiche su un perimetro oggettivamente circoscritto, senza pregiudizio per i diritti dei terzi.
La dichiarazione stato legittimo immobile in senso stretto è normalmente redatta e firmata da un tecnico abilitato, che ricostruisce i titoli, verifica l’eventuale applicabilità delle tolleranze e assevera il risultato; nelle prassi notarili e di mercato ciò confluisce spesso in una relazione tecnica integrata, utile a dimostrare la conformità urbanistica e a distinguere correttamente lo stato legittimo dalla semplice “conformità catastale”, che resta un adempimento diverso e non sostitutivo. Gli studi del Notariato hanno rimarcato questa funzione probatoria della ricostruzione per titoli, proprio alla luce delle modifiche introdotte nel 2024.
Sul versante applicativo, le linee guida del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti hanno chiarito come la semplificazione introdotta dal “Salva Casa” riduca gli oneri documentali e consenta, nei casi previsti, di dimostrare lo stato legittimo con l’ultimo titolo che abbia comportato una verifica formale della pregressa legittimità, ferma restando la necessità di integrare con i titoli parziali intervenuti nel tempo. Questa cornice si riflette sia nella gestione dei titoli edilizi, sia nella due diligence propedeutica ad atti di trasferimento.
Resta opportuno ricordare un’eccezione molto discussa degli ultimi anni: per gli interventi “Superbonus” eseguiti con CILA-S la normativa speciale ha escluso l’obbligo di allegare l’attestazione di stato legittimo; ciò non significa però che l’immobile diventi “legittimo per finzione”, né che eventuali abusi siano sanati o irrilevanti ai fini edilizi o fiscali, perché l’assenza dell’attestazione non deroga alla disciplina sostanziale sulla regolarità urbanistica.
In termini pratici, una buona dichiarazione di stato legittimo mette in fila la storia edilizia dell’immobile e la rende leggibile: recupera i titoli originari o, quando consentito, utilizza l’ultimo titolo sull’intero immobile che abbia comportato la verifica dei precedenti; integra i titoli parziali intervenuti nel tempo; indica, quando necessario, il pagamento di sanzioni o oblazioni e le tolleranze esecutive dichiarate; documenta, per gli immobili d’epoca, le fonti alternative e l’eventuale principio di prova; precisa il perimetro dell’unità distinguendolo dalle parti comuni. È questo l’approccio oggi richiesto dal Testo Unico Edilizia, così come riscritto dal decreto-legge 69/2024 convertito in legge 105/2024 e coordinato con l’articolo 34-bis sulle tolleranze.
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