Il contratto di locazione ad uso abitativo può essere del tipo libero o concordato. Nel primo caso, la durata è di 4 anni e si rinnova automaticamente per altri 4 anni, ne secondo è di 3 anni, rinnovabili per altri 2 anni. Il contratto viene rinnovato automaticamente, qualora non sia stato fatto nulla prima della scadenza. Per un esempio è possibile vedere questo fac simile di contratto di locazione su Documentiutili.com.
Esistono alcune ragioni, tuttavia, per le quali il proprietario o l’inquilino desidera disdire il contratto. Ciò avviene, ad esempio, se il proprietario ha bisogno dell’immobile per sé o un suo familiare, se egli intende cambiare la destinazione d’uso da abitativa a commerciale, se l’immobile deve essere abbattuto (ad esempio, perché pericolante), se l’inquilino senza motivazioni valide non occupa continuativamente l’immobile e, infine, qualora l’inquilino ha la disponibilità di traslocare in un immobile simile nello stesso Comune.
Nel caso in cui il proprietario abbia disdetto il contratto di locazione per il cambio di destinazione d’uso, quest’ultimo deve essere realizzato entro 12 mesi dall’uscita dell’inquilino, altrimenti non solo questi potrà tornare in possesso dell’immobile, ma avrà diritto a un rimborso pari a 36 mensilità di canone.
Nel caso di ristrutturazione, poi, l’ex inquilino ha il diritto di prelazione, nel caso in cui il proprietario lo riaffittasse.
Allo stesso tempo, invece, può essere l’inquilino a potere disdire il contratto per gravi motivi. Nonostante la legge non indichi espressamente quali possano essere questi motivi, la giurisprudenza sembra avere individuato alcune ragioni valide, come la perdita o il cambio del posto di lavoro e la conseguente necessità di dovere cambiare domicilio.
Riassumendo, la regola generale impone al proprietario di rompere il contratto di locazione solo nei casi sopra indicati, mentre è diritto dell’inquilino in qualsiasi situazione, al verificarsi dei gravi motivi di cui sopra.
Nel caso in cui si tratti di contratto libero, è necessario mandare la disdetta sei mesi prima del giorno in cui si intende lasciare l’alloggio con raccomandata con ricevuta di ritorno. In tutti gli altri casi, la disdetta deve essere inviata tre mesi prima. La disdetta del proprietaro o dell’inquilino prevede anche il pagamento di un costo di 67 euro (pari all’imposta di registro per la chiusura anticipata del contratto), da versare con l’F23 al codice 113T entro 20 giorni all’Agenzia delle Entrate. A pena di nullità la disdetta deve contenere i motivi per cui si esercita il diritto.
Se la disdetta ha rispettato le tempistiche previste dalla legge, il proprietario dovrà restituire all’inquilino la caparra inizialmente trattenuta, in assenza di danni causati da quest’ultimo. Al contrario, se i tempi non sono stati rispettati, il proprietario avrà diritto a trattenere la caparra e a costringere l’inquilino a pagare le mensilità fino al raggiungimento delle sei previste.
Nel caso in cui il proprietario, anche a seguito di procedura giudiziaria, abbia riacquistato il possesso dell’immobile e nei dodici mesi successivi non lo adibisca nuovamente all’uso per il quale si era avvalso della facoltà di disdetta, l’ex inquilino ha diritto di tornare in possesso del vecchio contratto e alle medesime condizioni o, in alternativa, di essere risarcito con il pagamento di 36 mensilità di canone, rapportate all’ultimo pagamento avvenuto.
Se a esercitare la disdetta è l’inquilino, la raccomandata con ricevuta di ritorno al proprietario deve essere inviata sempre con sei mesi di preavviso, ma in questo caso, la legge consente alle parti di potere fissare nel contratto un periodo maggiore o minore, fermo restando il diritto del proprietario di riscuotere i canoni mensili fino alla scadenza del periodo di preavviso, salvo diverso accordo per cui l’inquilino lascia l’immobile in anticipo.
Gli inquilini impiegati pubblici possono avvalersi a tale fine della norma prevista dall’art. 1613 del Codice Civile, che consente loro di usufruire di un periodo minore di preavviso, con il recesso del contratto a valere da due mesi dalla data della disdetta. In questo caso, l’inquilino non dovrà specificare nulla nel contratto, ma si dovrà limitare a richiamare l’articolo del Codice Civile.
Nessun motivo deve essere indicato nella disdetta, da parte del locatore, qualora essa intervenga successivamente al primo periodo (ad esempio, dopo i 4 anni di contratto).
Per i contratti ad uso foresteria, come nel caso di una società che loca l’immobile a un dipendente o un collaboratore, la disdetta deve essere esercitata entro i termini stabiliti nel contratto, solitamente fissati in tre mesi, sempre con raccomandata con ricevuta di ritorno.
Lo stesso vale anche per i contratti a uso transitorio, ossia per gli immobili concessi in locazione a inquilini che hanno l’esigenza dell’alloggio solo per un breve periodo, come gli studenti universitari. La disdetta deve essere inviata sempre almeno tre mesi prima.
Ancora diverso è il contratto di locazione per gli immobili ad uso commerciale, la cui durata è fissata in 6+6 anni. In questo caso, la disdetta va inviata con un anticipo di 12 mesi. Per gli immobili commerciali locati per il pernottamento di persone, come gli alberghi, il contratto ha, invece, durata di 9+9 anni e in questo caso la disdetta prevede un anticipo di 18 mesi.