Il magistrato è il funzionario, appartenente all’ordine della magistratura, la cui attività è correlata con l’amministrazione della giustizia.
Il magistrato è titolare della funzione pubblica dell’amministrazione della giustizia. Come funzionario pubblico investito di poteri giudiziari deve far rispettare e applicare il diritto vigente dello Stato, attraverso la conduzione di un processo in tutte le sue fasi.
Spesso si sente parlare di “onorari” e “togati”. Precisiamo quindi che la magistratura onoraria comprende il giudice di pace, che si occupa di cause civili o penali in cui si applicano solo pene pecuniarie, il GOT, Giudice Onorario di Tribunale, e il VPO, Vice Procuratore Onorario.
Il magistrato onorario svolge le proprie funzioni in maniera non professionale, esercita la giurisdizione per un periodo di tempo limitato senza ricevere una retribuzione, ma solo un’indennità per l’attività svolta.
Nella magistratura togata distinguiamo tra
-giudice: svolge la funzione giudicante, ossia, all’interno di un processo, applica le norme del diritto a un caso concreto e le rende operanti. Secondo quanto stabilito dalla Costituzione[1], agisce in condizioni di indipendenza, imparzialità e terzietà[2] sia rispetto alle parti in causa, sia all’esito del processo. Il giudice può essere civile, penale, amministrativo, costituzionale, tributario, a seconda della materia su cui è chiamato a deliberare. Il GIP, o Giudice per le Indagini Preliminari, esercita delle funzioni che devono appunto garantire l’indagato nelle indagini preliminari.
-pubblico ministero (o PM): è il responsabile dell’esercizio dell’azione penale. All’interno dell’amministrazione della giustizia, svolge la funzione requirente, ossia, in un procedimento penale, rappresenta la collettività ed esprime pareri o richieste in vista delle decisioni che devono essere adottate da altri organi. Più nel dettaglio, il pubblico ministero avvia il procedimento e ricopre il ruolo della pubblica accusa. In Italia, può svolgere indagini sul reato, avvalendosi della collaborazione della polizia giudiziaria. In alcuni casi partecipa anche ai processi civili, quando questi riguardino l’interesse collettivo o coinvolgano minorenni o persone incapaci di agire in prima persona. Come i giudici, anche i pubblici ministeri godono, in Italia, di garanzie di indipendenza.
La magistratura costituisce un ordine autonomo da ogni altro potere. I magistrati, quindi, sono dipendenti pubblici, al servizio del popolo italiano e soggetti soltanto alla legge. L’organo di autogoverno della categoria è il Consiglio Superiore della Magistratura, che è presieduto dal Presidente della Repubblica e decide le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le promozioni e le sanzioni dei magistrati.
Formazione
Secondo la normativa attualmente in vigore, per esercitare la professione di magistrato è necessario conseguire la laurea di primo livello in Scienze giuridiche e proseguire poi gli studi per ottenere la laurea magistrale in Giurisprudenza, biennale (classe LMG-01).
L’offerta formativa è piuttosto varia e le denominazioni dei corsi di laurea sono attribuite direttamente dalle università, per cui risulta difficile elencare tutti i corsi attivati dalle varie facoltà. È consigliabile, quindi, rivolgersi direttamente alle segreterie delle università per ottenere informazioni specifiche o visitare il sito del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
Se la laurea in Giurisprudenza è successiva all’anno accademico 1998/1999, l’aspirante magistrato deve possedere un titolo ulteriore alla laurea, quale, tra gli altri, possedere un diploma rilasciato da una Scuola di specializzazione universitaria per le professioni legali, dopo aver frequentato un corso biennale.
Molte università hanno attivato le Scuole di Specializzione, alle quali si può accedere soltanto dopo aver superato un esame di ammissione, trattandosi di corsi di studio a numero chiuso. Il numero di posti disponibili viene stabilito dal Ministero della Giustizia e la selezione avviene per titoli ed esami. Il primo anno di corso è comune per tutti, mentre il secondo prevede la scelta fra l’indirizzo giudiziario-forense e quello notarile. Al termine del percorso di studi, la scuola rilascia l’attestato di specializzazione,che è uno dei titoli necessari per partecipare al concorso per magistrato ordinario. Alcune Facoltà di Giurisprudenza promuovono dei seminari annuali per la preparazione di queste prove. Il numero dei posti è limitato, quindi gli allievi vengono accettati in base a criteri di merito. Di solito i corsi sono a pagamento, prevedono esercitazioni pratiche e richiedono l’obbligo di frequenza.
Analoghi seminari di preparazione al concorso vengono organizzati da scuole private ed enti di formazione. Anche questi sono a pagamento e hanno un’impostazione più pratica che teorica. Bisogna precisare che però non rilasciano titoli necessari all’ammissione al concorso.
Accesso alla professione
Il superamento del concorso per magistrato ordinario in tirocinio è il primo passo per intraprendere la carriera in magistratura. La legge sancisce che al concorso possono partecipare i cittadini italiani, o equiparati, di età compresa tra i 21 e i 40 anni.
Secondo la normativa per superare il concorso è necessario sostenere tre prove scritte (diritto civile, penale e amministrativo) e una prova orale su diciassette materie. Quest’ultima riguarda la maggior parte delle materie dell’ordinamento giuridico: diritto e procedura civile, diritto romano, diritto e procedura penale, diritto amministrativo, costituzionale, tributario, comunitario, internazionale, diritto internazionale privato, diritto commerciale, diritto fallimentare, diritto del lavoro e della previdenza sociale, informatica giuridica e ordinamento giudiziario. Inoltre prevede la conoscenza di almeno una lingua della Comunità Europea e di elementi di informatica giuridica.
Il concorso si tiene ogni anno e non è possibile parteciparvi più di tre volte.
I vincitori intraprendono un tirocinio retribuito di diciotto mesi presso un ufficio di Corte d’Appello. Le caratteristiche e i modi di svolgimento di tale tirocinio sono stabiliti per decreto del Presidente della Repubblica.
Dal 2006 una legge prevede che il tirocinio debba essere svolto per almeno 6 mesi presso la Scuola Superiore della Magistratura, sotto la supervisione di un magistrato affidatario, ma per il momento non sono ancora state individuate le sedi operative.
Al termine del tirocinio, i magistrati vengono valutati da un’apposita Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura, che stabilisce se il candidato abbia una particolare propensione verso uno specifico settore e se sia idoneo alla carriera inquirente.
In caso di giudizio negativo, il tirocinio può essere prolungato per un ulteriore periodo di tempo, non superiore ai diciotto mesi, al termine del quale la valutazione viene ripetuta.
Se invece il candidato viene considerato idoneo, la commissione lo assegna a una sede dove svolgere le funzioni giudiziarie, durante un tirocinio mirato, fino alla nomina a magistrato di tribunale.